Intervista a Daniele Basilio, co-fondatore di Fidelio
Intervista a Daniele Basilio, co-fondatore di Fidelio

Come lavora una società di produzione che si occupa di film e serialità, ma anche di comunicazione? In vista dell’uscita di Antonia, la nuova serie original di Prime Video disponibile da oggi, ideata da Chiara Martegiani (che è anche la protagonista) e prodotta da Fidelio e Groenlandia, abbiamo avuto modo di fare qualche domanda a Daniele Basilio, co-fondatore di Fidelio.

L’identità di Fidelio

Fidelio Srl è una società di produzione cinematografica e audiovisiva che nasce dall’incontro tra investitori e manager del settore audiovisivo. Guidata da Silvio Maselli e diretta artisticamente da Daniele Basilio, Fidelio punta sulla qualità dello sviluppo delle storie, lavorando sia su progetti originali che su adattamenti letterari.

Nei primi 4 anni di attività, Fidelio ha realizzato il cortometraggio L’uomo materasso di Fulvio Risuleo in coproduzione con 10D Film, il film di lungometraggio Vetro di Domenico Croce in co-produzione con Vision Distribution, il film My soul summer di Fabio Mollo in co-produzione con Bartleby Film e Rai Cinema, il documentario Essere Hikikomori – La mia vita in una stanza per Sky Italia; la docufiction Aemilia 220. La Mafia sulle rive del Po di Claudio Canepari e Giuseppe Ghinami per Rai, il documentario di coproduzione internazionale Charbon di Manu Riche e appunto la nuova serie in sei episodi Antonia. Attualmente ha in sviluppo numerosi progetti tra cui lungometraggi di finzione, serie e documentari.

L’intervista

Innanzitutto, se dovessi presentare Fidelio e la sua idea di cinema e comunicazione ai lettori, come lo faresti?

I soci di maggioranza di Fidelio siamo io e Silvio Maselli, che già lavoravamo da molto tempo insieme e abbiamo fatto questa scelta quando eravamo over 40: l’obiettivo che ci siamo dati, avendo lavorato in questa industria per diversi anni prima, è riuscire a raccontare delle storie che si rivolgessero a un pubblico ampio. Fidelio non intende andarsi ad inserire in delle nicchie di mercato prevalentemente autoreferenziali per appassionati di cinema e audiovisivo, quali noi a prescindere ovviamente siamo, ma il desiderio principale sarebbe riuscire a portare temi di spessore e importanti ad un pubblico più vasto e differenziato possibile. Tenendo a mente questo pensiero, lavoriamo attualmente sia sul documentario, che sulla serialità che sul cinema.

Questa è la vocazione anche di una realtà che conceda maggiore libertà creativa agli autori, ai sceneggiatori, ai registi, ma non solo, anche per montatori, al direttore della fotografia. Vorremmo che Fidelio fosse un posto di sperimentazione, dove si può osare un po’ di più. Mi piacerebbe che quello che produce Fidelio fosse visto da tutti: dalla signora che incontro la mattina al bar all’appassionato del settore.

La scelta del nome non è un caso, me ne vuoi parlare?

Fidelio è l’unica opera lirica di Beethoven e vede una protagonista donna; sono stato a rivederla proprio qualche settimana fa a Bari, ed è veramente rivoluzionaria per l’epoca.

C’è questa tematica che si è evoluta quasi come fil rouge all’interno dei nostri lavori, sebbene prima in maniera inconsapevole, adesso sta prendendo consapevolezza: ci siamo innamorati di questa idea di poter raccontare storie totalmente al femminile, e la portiamo avanti. Rilevante leitmotiv di Fidelio è anche la musica: la musica di un grande compositore dà il nome alla nostra società ed è significativa per i film che abbiamo prodotto, come My Soul Summer di Fabio Mollo. Ma è anche presente in alcuni progetti futuri.

Un altro aspetto significativo per noi è anche cercare di avere uno sguardo sui giovani talenti; devo dirti da produttore che adesso si fa più fatica rispetto a quando abbiamo iniziato, quattro anni fa. Oggi far lavorare gli esordienti giovani è più complicato, facciamo uno sforzo maggiore; non noi ad innamorarci di loro ma a far innamorare l’industria di loro, perché c’è maggiore timore, c’è una contrazione dell’investimento, e quindi chi finanzia le opere tende di cercare di andare sul sicuro, sul già conosciuto. Prima c’era maggiore attenzione rispetto ai giovanissimi.

A proposito di racconti al femminile, Vetro e My Soul Summer, sembrano storie distanti eppure sono molto simili, cosa vi ha attirato di questi due progetti?

Vetro e My Soul Summer sono due film che all’apparenza sembrano molto diversi, però in effetti sono fili dello stesso esperimento. Ci sono al centro delle storie raccontate due donne, entrambe giovanissime, che decidono di salvarsi da sole: la protagonista di Vetro capisce che ce la deve fare con le sue forze, e anche la protagonista di My Soul Summer cambia strada e va in un’altra direzione, ed è qualcosa che lei decide di fare, attraverso il suo coraggio. Peccato che siano usciti entrambi durante il periodo del Covid, sono stati sfortunati dal punto di vista della sala ed è un peccato.

Anche la serie che adesso è disponibile su Prime Video, Antonia, è nuovamente la storia di una donna, nonostante sia più grande delle altre due, che viene messa di fronte a una questione che viene vista tipicamente come la domanda al femminile.

Mi puoi parlare meglio della genesi e del personaggio di Antonia?

Innanzitutto Antonia è la nostra prima serie, la protagonista e ideatrice, Chiara Martegiani, scopre di avere l’endometriosi e le viene detto che o fa un figlio o non lo potrà più avere, come se fosse normale decidere di fare un figlio a tavolino quando hai trent’anni, così lei decide che non vuole decidere, che di per sé è una grandissima decisione.

Antonia è stato uno dei primi progetti che abbiamo messo in sviluppo, benché non sia uscito per primo, ha avuto infatti una genesi lunghissima. Ce lo portò in lettura Valerio Mastandrea, ce ne innamorammo perché aveva un personaggio veramente atipico, un gusto internazionale, e un modo di far ridere molto british, inoltre si presentava con un gruppo creativo di scrittura atipico: le due autrici, Elisa Casseri e Carlotta Corradi, venivano dal teatro e dalla letteratura e scrivevano insieme ad un’attrice, Chiara.

Quando parlavo dello spazio di libertà intendevo questo: noi cerchiamo di far osare, spingiamo chi lavora con noi a prendersi dei rischi, che è una strategia sia creativa che industriale, per stabilire un’identità riconoscibile o facciamo qualcosa che si stacca un po’, di inedito, di non visto, altrimenti è difficile in questo mondo pieno di contenuti costruirsi la propria strada. Su Antonia è stato molto bello in questo senso portare alla regia Chiara Malta, autrice italiana ma residente a Parigi, che ha lavorato sempre e solo in Francia: nel gruppo di lavoro ha portato il suo modo di lavorare, il suo metodo per fare le cose, il suo gusto nel risultato finale.

Quali sono i progetti futuri di Fidelio?

Adesso stiamo per entrare nella preparazione di una nuova serie che faremo con la Rai sul mondo della musica trap milanese, ci saranno tre protagonisti, tre ragazzini, e avrà otto episodi da venticinque minuti. È una storia abbastanza forte, che mischia dramma e crime. Ambientata ai giorni nostri a Milano, avrà come voce narrante, interprete e ispiratore un famosissimo rapper italiano, di cui ancora non posso rendere pubblico il nome. Nuovamente un coming of age che racconta tre personaggi che nascono in un quartiere di periferia, dove come loro sono nate tante canzoni e tanti talenti di quella scena, e che cercano di salvarsi attraverso la musica.

Anche qui siamo partiti con lo sviluppo più di tre anni fa, perché ci domandavamo come mai i nostri figli ascoltassero solamente musica rap e trap, la risposta è che questo è il cantautorato italiano attuale, e va analizzato e capito; da dove nasce, come si evolve.

Siamo attualmente in post produzione anche di un omaggio a Pino Daniele: un film documentario molto bello che uscirà in sala con Eagle Pictures. Sono presenti nel film tutti gli artisti che hanno collaborato con lui, per parlare delle origini di un artista di calibro internazionale; raccontiamo del Pino di vent’anni, quello degli inizi, come è nata la sua musica, l’influenza degli americani, l’incontro con gli altri musicisti.

Abbiamo in fase di sviluppo anche due adattamenti letterari, entrambi da testi di Gianrico Carofiglio: un film da Le tre del mattino, una storia padre-figlio ambientata a Marsiglia negli anni ’80, con un viaggio che fanno un papà e un ragazzo di diciotto anni che non si vedono da tanto tempo, per andare a fare una cosa che si chiama test di scatenamento dell’epilessia in un centro molto importante. Passano tre notti e tre giorni senza dormire, vivendo una grande avventura che li porterà a conoscersi. Da Il silenzio dell’onda stiamo sviluppando, con gli amici di Clemart, una serie che nasce da un personaggio di un agente sotto copertura, preso però nella fase in cui riflette sul suicidio e non sa se riuscirà a vivere una vita normale.

Stiamo lavorando anche ad una serie true crime, ma narrata da un punto di vista diverso, ovvero quello di chi porta avanti le indagini, approfondendo quel procedimento ed evitando di accanirsi sulla centralità della vittima, che è una modalità spesso diffusa.

Vi siete occupati anche di progetti volti alla valorizzazione del territorio: quanto è importante secondo te il territorio appunto quando si parla di produzione cinematografica?

Io e Silvio ci siamo conosciuti professionalmente nel 2008, lavorando poi per tanti anni insieme all’Apulia Film Commission, che è l’agenzia regionale che si occupa di sviluppo del territorio attraverso l’audiovisivo, quindi sicuramente per noi è centrale la tutela del territorio e paradossalmente questo ci porta ad essere molto aderenti rispetto alla realtà delle storie che raccontiamo girandole nel luogo a cui appartengono: My Soul Summer in Calabria, la nuova serie ambientata a Milano, il film dal libro di Carofiglio lo gireremo a Marsiglia. Poi siccome siamo due fanatici cineasti ci affascina anche dalla possibilità di ricostruire mondi immaginari nei teatri di posa, come Vetro che è ambientato interamente in un appartamento, e che ha un’estetica particolare, grazie soprattutto alla direzione della fotografia, che rende lo spazio unico.

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Silvia Pezzopane
Ho una passione smodata per i film in grado di cambiare la mia prospettiva, oltre ad una laurea al DAMS e un’intermittente frequentazione dei set in veste di costumista. Mi piace stare nel mezzo perché la teoria non esclude la pratica, e il cinema nella sua interezza merita un’occasione per emozionarci. Per questo credo fermamente che non abbia senso dividersi tra Il Settimo Sigillo e Dirty Dancing: tutto è danza, tutto è movimento. Amo le commedie romantiche anni ’90, il filone Queer, la poetica della cinematografia tedesca negli anni del muro. Sono attratta dalle dinamiche di genere nella narrazione, dal conflitto interiore che diventa scontro per immagini, dalle nuove frontiere scientifiche applicate all'intrattenimento. È fondamentale mostrare, e scriverne, ogni giorno come fosse una battaglia.

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