Lady Bird è il nome inventato da Christine per sentirsi diversa, speciale, lontana da tutto ciò che è e che possiede.
Lady Bird (Christine McPherson, interpretata da Saoirse Ronan) ha 17 anni e, insistentemente, desidera distaccarsi da ogni cosa della sua vita: una vita che non è mai abbastanza, e che la fa sentire povera, e provinciale. Sacramento, in California, è il luogo sempre uguale a se stesso da cui vuole fuggire, le basterebbe una borsa di studio per il college e allora ci sarebbe una nuova vita a New York ad attenderla.
In un’atmosfera teen di primi amori e lezioni in una scuola cattolica, il rapporto più complesso è quello che vive con sua madre (Laurie Metcalf), con la quale non riesce a comunicare. Senza dare risposte scontate però, la regista Greta Gerwig si sofferma su ciò che lega le due donne, spiriti forti inevitabilmente coinvolti in uno scontro continuo mediato solo dalla figura maschile tra loro, un padre docile che soffre di depressione. Il distacco tanto voluto porta alla libertà senza regole stabilite dal genitore, e poi alla nostalgia sofferta. È allora che Christine va alla ricerca della sua casa, e di sua madre, cercando di stabilire un dialogo.
La colonna sonora, in cui compaiono brani, tra gli altri, di Dave Matthews Band, Alanis Morissette, Ani Difranco, risuonano puntualmente riempiendo gli scenari che Sacramento ha da offrire.
E se Lady Bird fosse una canzone invece di un film, probabilmente sarebbe triste e al tempo stesso piena di follia, e ricorderebbe quel primo viaggio, quel primo trasloco, lontani da una casa che imprigiona, ma solo fino all’arrivo in un altro posto, dove tutto manca e nulla si conosce. E il nome ricevuto dai propri genitori è il legame alle radici, e l’unica certezza.