LaurenceAnyways
LaurenceAnyways

Laurence Anyways è una storia d’amore. Laurence Anyways è la narrazione disarmante di un sentimento che trascende dal corpo e dal genere, arrivando dritto all’anima.

Nessun rimpianto, ma la voglia di essere, a tutti i costi. Esistere nel mondo e prendere atto del più profondo io – abiti, musica assordante, sesso e amore sincopato – nulla di più realistico e doloroso. Laurence e Fred nel 1989, Laurence e Fred nel 1999: 10 anni raccontati attraverso la metamorfosi del corpo che tende finalmente alla perfezione ideale, e dell’anima limpida e sincera, devota a quel sentimento unico, a prescindere dal tangibile.

Regolarmente Laurence Anyways si ripresenta nella mia vita quando ne ho più bisogno, la prima visione fu sconvolgente, la pioggia di vestiti e Moderat in sottofondo, poi appesi la locandina a portata di sguardo, per non dimenticare quell’emozione fatta di montaggio da videoclip e rivoluzione del desiderio di sé.

È il terzo lungometraggio di Xavier Dolan, e in Italia viene distribuito solo nel 2016, con ben quattro anni di ritardo. Come una crudele favola contemporanea racconta di due amanti legati da un filo invisibile che li tiene ancorati per tutto il film, in dieci anni di proiezione temporale. Lui, Laurence, vuole liberare la sua natura femminile, lei, Fred, decide di stargli vicino durante la transizione. Ma non tutto è così semplice: gli occhi degli altri sono spie accese che non lasciano respirare.

Cos’è la normalità? Probabilmente l’amore disperato che non cessa di esistere tra i due protagonisti in balia di un mondo incompleto che non fornisce i giusti punti di riferimento. E nulla va come veramente si desidera, perché le dimensioni dell’umano si scontrano tra pulsioni e ragionamenti, portando alla luce solo l’unione di Laurence e Fred, che trascende il resto.

Silvia Pezzopane
Ho una passione smodata per i film in grado di cambiare la mia prospettiva, oltre ad una laurea al DAMS e un’intermittente frequentazione dei set in veste di costumista. Mi piace stare nel mezzo perché la teoria non esclude la pratica, e il cinema nella sua interezza merita un’occasione per emozionarci. Per questo credo fermamente che non abbia senso dividersi tra Il Settimo Sigillo e Dirty Dancing: tutto è danza, tutto è movimento. Amo le commedie romantiche anni ’90, il filone Queer, la poetica della cinematografia tedesca negli anni del muro. Sono attratta dalle dinamiche di genere nella narrazione, dal conflitto interiore che diventa scontro per immagini, dalle nuove frontiere scientifiche applicate all'intrattenimento. È fondamentale mostrare, e scriverne, ogni giorno come fosse una battaglia.

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