Martin Scorsese a Roma

Un Maestro del cinema che racconta il cinema, questa l’idea alla base della rassegna “Carta Bianca” affidata a Martin Scorsese. Cinque film del grande regista italoamericano affiancati da altrettanti capolavori, scelti perché legati a un ricordo, a un momento della sua carriera o a un’esperienza particolare.

Arriva alle 21 del 30 maggio, atteso per ore da migliaia di ragazzi e ragazze alla Casa del Cinema di Roma. Ragazzi e ragazze, esatto. L’età media è così bassa che si fa fatica a credere che stia per arrivare uno splendido ottantenne, ma questo è l’effetto Scorsese.

Saluta con sorpresa ed entusiasmo la folla, scrutando con quella sua finta espressione accigliata un piazzale stracolmo, e subito inizia a rispondere alle domande di Gian Luca Farinelli, Presidente della Fondazione Cinema per Roma e Direttore della Cineteca di Bologna.

L’incontro, come previsto, si focalizza sulla rassegna, perciò Scorsese spiega per esempio perché Il sorpasso di Dino Risi (1962) nella sua visione somigli al suo Il colore dei soldi (1986), per quella lenta corruzione della gioventù che il regista vede chiaramente in entrambi i film.

Come spesso ricorda, uno dei suoi film preferiti in assoluto è poi Ombre di John Cassavetes. Lo associa naturalmente alla sua opera prima, Chi sta bussando alla mia porta (1967), perché fu il film che fece scoccare in lui la scintilla, la decisione definitiva di provare a diventare un regista.

«Una volta visto un film così sai che non ci sono più scuse e che non puoi stare ad aspettare la giusta produzione o la giusta macchina da presa. Devi farti bruciare da quella passione», aggiunge, spiegando la sua scelta.

Non è l’unico grande titolo, quello di Cassavetes. Nomina per esempio anche La morte corre sul fiume (Charles Laughton, 1955), associandolo a Cape Fear. Il suo non è un tentativo di paragonarsi ai classici della storia del cinema, anche se ne avrebbe ogni diritto. È il sincero lavoro di uno studioso del cinema stesso, che vuole portare alla platea – soprattutto quella presente e giovanissima – film che altrimenti non avrebbe mai guardato senza un motivo, o un consiglio.

Scorsese guida perciò è la guida d’eccezione del pubblico in questo percorso segreto tra i film.

Nel suo racconto, che prosegue per circa quarantacinque minuti, arriva il momento di un altro grande regista molto (anche da noi della redazione, leggete qui), Bernardo Bertolucci. Aveva circa 20 anni Scorsese quando lo vide per la prima volta al New York Film Festival: «sembrava un dio e io volevo essere lui, un po’ per ambizione, un po’ per ammirazione assoluta della sua arte». Il film che vide in quell’occasione di Prima della rivoluzione, lo stesso che ha voluto associare al suo Mean Streets (1973), il “primo film d’autore” e il primo film con De Niro, maturato otto anni dopo la visione rivelatrice dell’opera di Bertolucci.

Non era ancora pronto, afferma Scorsese, per arrivare subito lì dove avrebbe voluto, al livello e all’arte che aveva visto in Bertolucci. Dopo numerosi no e progetti interrotti, è in Mean Streets che trova una prima e forte direzione alla sua carriera.

A distanza di cinquant’anni, lui che ha fatto parte dei movie brats della nuova Hollywood, continua a parlare ai giovani e ai giovanissimi, attingendo dal cinema classico per creare un linguaggio nuovo.

Lo rivedremo al cinema a ottobre con Killers of the Flower Moon (presentato in anteprima a Cannes e di cui scriviamo qui), un lavoro così eccelso da meritare già adesso un posto nei prossimi manuali di cinema.

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