Tra le sorprese che il cinema ci ha riservato nel 2023, c’è il ritorno sul grande schermo di Michael Fassbender, un volto noto a entrambe le categorie di fedeli frequentatori della sala cinematografica, gli appassionati di pellicole d’autore e i nerd del fumetto (l’uno non esclude l’altro, chiaramente).
Quella di Fassbender è una carriera sorprendente: c’è chi lo riconosce come l’astuto villain degli X-Men – Magneto – e chi lo associa al guerresco 300 di Zack Snyder, dove interpretava lo spartano Stelios. Chi insegue invece i nuovi volti dei festival lo ricorderà principalmente come il pupillo del regista Steve McQueen. Per il suo Hunger (2008, Camera d’or per la miglior opera prima a Venezia) Fassbender dimagrì 16 kg, rendendosi protagonista di una delle scene più celebri e intense del cinema di quegli anni: una ripresa fissa di oltre 17 minuti in cui, con il corpo magro davanti al tavolino del carcere e tra i fumi della sua sigaretta, Fassbender/Bobby Sands discute con fermezza con il prete venuto a visitarlo sull’importanza dello sciopero della fame intrapreso per denunciare le violenze della polizia carceraria.
La trilogia di Steve McQueen
Con il cinema di McQueen, che trova la sua cifra nella crudezza e nell’indagine sui corpi, Fassbender trova la sua consacrazione da attore di alto livello. Costretto a ruoli fisicamente estremi, dal drastico dimagrimento in Hunger a nudi integrali (con tanto di dettagli) ed esplicite scene di sesso che rappresentano la quasi totalità di Shame (2011) – interpretazione che gli è valsa la Coppa Volpi a Venezia – l’attore arriva fino alla rabbia sanguigna dello schiavista Edwin Epps, in quella che è la conclusione di questa ‘trilogia’ in collaborazione con il regista britannico, il film 12 anni schiavo (2013).
Come in Hunger, anche in Shame McQueen lo lega ad un’altra scena virtuosa e cinematograficamente indimenticabile: una lunga carrellata notturna tra le strade di New York in cui Fassbender/Brandon fa jogging accompagnato dall’esecuzione integrale del Preludio in mi minore di Bach BWV 855 nell’eterodossa interpretazione di Glenn Gould.
Gli anni Dieci di Fassbender
A pochi mesi di distanza, Fassbender si dimostra capace di passare dall’aplomb alla Marlon Brando – un paragone che gli ha affidato lo stesso Steve McQueen – di Shame al rigore robotico dell’androide David in Prometheus. Sfigura, nel frattempo, il suo viso per interpretare il nobile Rochester, l’innamorato di Jane Eyre, nell’omonimo film di Cary Fukunaga (sempre del 2011) tratto dal celebre romanzo di Charlotte Brontë.
Incursione, quest’ultima, in un ruolo romantico che fino a quel momento aveva avuto poco spazio nella sua carriera (ma che gli ha portato fortuna l’ultima volta, con La luce sugli oceani, quando ha recitato con l’attrice che è diventata sua moglie, Alicia Vikander).
Alternando ruoli da protagonista a parti minori, intorno a dieci anni fa, Fassbender si lega ad importanti nomi del cinema: Quentin Tarantino (Bastardi senza gloria), David Cronenberg (A dangerous method), Steven Soderbergh (Knockout) e il già citato Ridley Scott. E sceglie spesso personaggi fortemente caratterizzanti. Uno degli esempi più interessanti si ritrova in Fish Tank, secondo lungometraggio della regista Andrea Arnold (2009, Premio della giuria a Cannes), dove interpreta Connor, fidanzato della madre della giovane protagonista, Mia, una quindicenne con la quale inizia un flirt che sfocia in un episodio di violenza sessuale. Per questo non semplice ruolo vince al London Critics Circle Film Award come miglior attore non protagonista.
Un attore senza traiettorie
Al di là dell’indubbio fascino, su cui molta parte della sua filmografia gioca, Fassbender è dunque sempre stato capace di regalare interpretazioni di grandissima intensità drammatica, costruendosi una carriera versatile e imprevedibile, quasi come il suo percorso di studio- È nato ad Heidelberg (Germania) ma si è trasferito sin da piccolo in Irlanda del Nord, da dove proviene la madre. Dopo aver frequentato corsi di teatro al doposcuola, e in seguito a un’esperienza a Londra, abbandona la scuola di recitazione per farsi strada tra spot pubblicitari e prime comparse in serie tv, fino all’arrivo in 300 di Snyder e in Angel di François Ozon (non proprio due sconosciuti).
Nel percorso intrapreso dall’attore si assiste a una continua rottura della traiettoria: con il biografico Steve Jobs di Danny Boyle nel 2015 approda al dramma hollywoodiano sfiorando l’Oscar (ottiene una candidatura come miglior attore protagonista), ma con il film successivo si butta su un terreno rischiosissimo, quello del videogioco: è Ezio Auditore per la versione filmica di Assassin’s Creed. Per lo stesso regista di quest’ultimo, Justin Kurzel, pochi mesi prima aveva recitato sempre come protagonista in un’inedita versione del Macbeth di Shakespeare a fianco di Marion Cotillard (Macbeth, 2015).
La sua temporanea assenza dal cinema, dopo l’ultimo X-Men (Dark Phoenix, 2019), non nasconde crisi personali, ma si mostra perfettamente in linea con la sua versatilità: appassionato di corsa su quattro ruote, nel 2016 intraprende il corso per diventare pilota, e negli anni successivi comincia gareggiare a livello professionale nel campionato Ferrari Challenge alla guida di una Ferrari 488 Challenge. Arriva fino al prestigioso circuito di Le Mans nel 2022: una dura preparazione che è diventata anche un documentario, disponibile da pochi mesi su Youtube.
Il ritorno in scena
Per un uomo che sembra amare le sfide cinematografiche e sportive, non c’è da stupirsi se il rientro in scena nel 2023 sia avvenuto sotto la mano di due grandi registi e in due ruoli altrettanto significativi e differenti: The Killer di David Fincher (Netflix) e Chi segna vince (Next Goal Wins) di Taika Waititi, su un freddo killer professionista da un lato e sulle vicende di un allenatore di calcio americano chiamato a risollevare le sorti della “peggiore squadra del mondo”, dall’altro.
Sarà interessante capire, in questa nuova e matura veste, quali ruoli metterà in campo nei prossimi anni. C’è già un indizio: è stato ingaggiato come protagonista di un film intitolato Kneecap, ispirato alle origini dell’omonimo gruppo rap di West Belfast, atteso al Sundance Film Festival 2024.