Wonka di Paul King, con Timothée Chalamet protagonista, è una storia ispirata al cioccolataio nato dalle pagine di Roald Dahl. Un prequel originale, cioè non tratto da alcun romanzo precedente, che immagina la storia e le origini del weird Willy Wonka, assorbendo e rielaborando le due rappresentazioni precedenti del personaggio sul grande schermo, quella di Gene Wilder nel 1971 e di Johnny Depp nel 2005.
Se l’avete perso al cinema, ecco i 5 motivi per cui recuperare Wonka.
1. Timothée Chalamet
Senza girarci troppo intorno, è proprio Timothée Chalamet la prima e principale attrazione del film. Paul King gli offre un’opportunità a cui nessun altro aveva ancora pensato, quella di lasciarlo libero nella sua eccentricità. Chiunque sia anche solo un po’ fan di Chalamet, infatti, sa che l’attore spesso canta o improvvisa rap durante le interviste, comunica molto con il corpo e con la gestualità ed è una fonte di energia inarrestabile, un movimento continuo.
Sui set, al contrario, è spesso incastrato e ingessato in ruoli eterei e solenni (Dune), in personaggi fragili e gentili (Chiamami col tuo nome, Piccole donne) o in ruoli drammatici in cui “less is more” e in cui quindi recita per sottrazione (Beautiful Boy). Nessuno dei ruoli che l’hanno reso celebre gli somiglia più di questo Wonka.
E infatti Chalamet dà il meglio di sé: è divertente, è dolcissimo ed è commovente. È familiare e al tempo stesso inquietante: riesce a mungere una giraffa facendola sembrare la cosa più normale del mondo e contemporaneamente riesce a far piangere parlando di sogni, famiglia e senso di appartenza. È perturbante perché nasconde la follia di Willy Wonka in fondo al suo sguardo, ancora lontana dalla superficie, ma limpida per chi sa cercarla. Ed è affascinante, con quella sua sicurezza sbruffona di chi sa di riuscire a portare al cinema migliaia di adulti a guardare un film per bambini, solo per ritrovare lui, che balla, che canta e che sembra finalmente nella sua perfetta dimensione.
2. Il cast di comprimari
È statisticamente improbabile che riuscirete a non ricantare almeno una volta la canzone dell’Umpa Lumpa-Hugh Grant. L’omino arancione dai capelli verdi che ruba la cioccolata di Wonka è delizioso e irriverente, con grandi tempi comici, soprattutto se amate l’umorismo british. Forse sarebbe servita un po’ più di autoironia da parte di Grant stesso, o forse è proprio lo snobismo con cui ha trattato questo ruolo che rende il suo Umpa Lumpa ancora più divertente, distaccato e surreale. Ogni suo ingresso in scena è memorabile.
Grant non è tuttavia l’unico grande nome accanto a Chalamet. Come in ogni suo ruolo splende, infatti, anche Olivia Colman nei panni di Mrs Scrubitt, una donna perfida, avida e spaventosa, che racchiude in sé forse decine di antagonisti oscuri e repellenti della letteratura inglese e del cinema così come delle fiabe. È grottesca, sopra le righe, un elemento sia comico che malvagio.
Un piccolissimo ma azzeccato ruolo è poi quello riservato a Rowan Atkinson che fa affidamento su una comicità fisica, quella slapstick del suo Mr. Bean, che ha bisogno di pochissime parole per funzionare bene. È meno riuscito, invece, il ruolo di Keegan-Michael Key. Con lui la sceneggiatura è scivolata su un umorismo vecchio, a tratti offensivo perché basato sul presupposto del body-shaming, anziché sfruttare il pieno potenziale di uno dei comici più divertenti del panorama statunitense contemporaneo (si pensi al duo Key & Peele con Jordan Peele). Gli basta un solo sguardo per far esplodere una risata e questo rende le fat-jokes (le battute sul peso) eccessive e superflue.
Infine, a parte una piccolissima parte di Sally Hawkins, la vera co-protagonista di Chalamet in Wonka è Calah Lane, in uno dei suoi primi veri set cinematografici. La si vede crescere nel corso del film, anche come attrice, prima chiusa e diffidente, poi sempre più aperta e solare, la sua Noodle è la perfetta “socia” in affari di Willy Wonka. I due, senza nemmeno accorgersene all’inizio, si prendono istintivamente cura uno dell’altra, creando così anche la linea emotiva del film.
3. Scenografie e costumi
Ogni set ha un’anima a sé e ogni costume è un’opera d’arte in Wonka. Sia lo scenografo Nathan Crowley sia la costumista Linda Hemming hanno lavorato, tra vari progetti, alla trilogia del Cavaliere oscuro di Christopher Nolan. Per Wonka Crowley ha realizzato ben 50 set riproducendo l’idea del “meglio d’Europa” che Paul King aveva in mente come ambientazione. Il risultato è un luogo non collocabile nella geografia: c’è un po’ di Bruges e un po’ di Milano, un affascinante mix di architettura belga, ceca, olandese, francese, tedesca e svizzera. Insieme all’atmosfera romantica, fiabesca e tutta inglese dei mattoni di pietra. Solo per completare i set della piazza della città ci sono voluti otto mesi di lavoro, per non parlare delle ricerche fatte per realizzare il negozio di cioccolato di Wonka, in cui tutto doveva apparire commestibile, eccentrico e sorprendente con un uso minimo di CGI.
Colorati, arguti, impeccabili, i costumi di Hemming sono il primo elemento di contatto con i personaggi, il loro biglietto da visita. Come la stessa costumista afferma, è importante che sembrino provenire da un vero guardaroba, che raccontino una storia e non soltanto vestano un personaggio. Deve essere chiara a prima vista la ragione per cui vengono indossati e per questo devono aderire anche in modo figurato al personaggio. È il motivo per cui, per esempio, non sempre Willy indossa il suo iconico cappotto di velluto con il cappello, come fosse un uniforme. Spesso si sveste e poi lo indossa di nuovo, con naturalezza. Ogni personaggio ha un colore prevalente che lo caratterizza, ogni pezzo indossato da Olivia Colman è cucito su misura, ogni singolo pezzo di stoffa ha qualcosa da raccontare.
4. La regia di Paul King
Chiariamolo, se non fosse già evidente, Paul King (che è il regista dell’adorabile Paddington) fa l’esatto opposto di ciò che nel 1971 e nel 2005 hanno fatto Mel Stuart e Tim Burton. Il suo Wonka non è un film dal sottotesto horror-psichedelico che parla più agli adulti che ai ragazzi. È appunto il contrario. È scritto per bambini e bambine e sfrutta un grande cast e un umorismo intelligente per portare anche i più “grandi” in sala. La trama è semplicissima, tanto da lasciar subito immaginare il piccolo colpo di scena finale, e l’atmosfera è fiabesca, tanto da perdonare facilmente alcune scorciatoie fantasiose della storia. Il messaggio poi è lineare, un po’ infantile e super ottimista: credi nei tuoi sogni, si realizzeranno.
Quello che colpisce davvero di Wonka è il modo in cui tutto questo prende forma nella visione di Paul King. Il modo in cui dei “semplici” cioccolatini permettono di spiccare il volo e un negozio di cioccolato diventa un’oasi di fiori commestibili e nuvole rosa di zucchero filato: quel mondo di pura immaginazione di cui canta Willy Wonka.
La formula vincente di Paul King è quella che accomuna tutti e tre i film su cioccolataio di Roald Dahl, il film musicale. Il modo in cui dirige le performance musicali, insieme alla fotografia di Chung-hoon Chung (Old Boy, Lady Vendetta, Ultima notte a Soho) è pura meraviglia, che si rifà anche al musical classico di Hollywood (e a qualche iconico passo di danza di Gene Kelly). E se questo non è ancora abbastanza, vi diamo un ultimo buon motivo.
5. Un nuovo Willy Wonka per un nuovo pubblico
Paul King ha scritto la sceneggiatura di Wonka insieme a Simon Farnaby, partendo da un suo soggetto originale in cui voleva ricreare le stesse sensazioni provate dopo aver letto per la prima volta il romanzo di Dahl. Ha creato un personaggio gioioso, generoso, accogliente, ottimista e inizialmente ingenuo. Nulla di più distante dall’ironia di Gene Wilder e dall’alienazione cinica di Johnny Depp nelle precedenti versioni cinematografiche.
Questo Willy Wonka non ha una lezione da impartire, ha un sogno da condividere. Forse ha ancora addosso troppo entusiasmo giovanile, quello che lo rende sicuro di poter “cambiare il mondo”, ma è anche questa speranza che lo rende così piacevole. A renderlo indimenticabile, sul serio, è però soltanto Chalamet che, sornione, si impossessa del personaggio e con la sua “energia strana e mai del tutto conoscibile”, come afferma il regista, “con sincerità, umorismo ed eccentricità diventa parte attiva della creazione di un nuovo Wonka” è già consapevole di averlo cambiato per sempre.
V.V.