Piccole Donne

Era il 1868 quando la scrittrice statunitense Louisa May Alcott pubblicò per la prima volta un libro destinato a fare la storia della letteratura americana, Little Women, in Italia adattato con il titolo di Piccole Donne. La storia verte sulla vita di quattro umili sorelle, Meg, Jo, Beth e Amy, focalizzandosi sulla loro adolescenza e sulla giovinezza, narrandone vicissitudini, sogni, paure e ambizioni. Dopo l’esorbitante successo riscosso dal romanzo, molti furono gli adattamenti televisivi e cinematografici susseguitasi negli anni; l’ultimo, risalente al 2019, è il lungometraggio dall’omonimo titolo, scritto e diretto dalla cineasta Greta Gerwig, e nel ruolo delle quattro ragazze: Emma Watson, Saoirse Ronan, Florence Pugh ed Eliza Scanlen.

La visione di Greta Gerwig

Greta Gerwig, una delle registe più influenti sulla scena cinematografica moderna, ha saputo trasporre sul grande schermo una dalla grande peso sulle spalle, senza aver paura di rischiare o cadere nel banale. Il risultato ottenuto è quello di un film e di un adattamento molto differente dal consueto, un lungometraggio nostalgico ma contemporaneo, perché la condizione femminile e le difficoltà nell’essere donna sono, sì cambiate, ma pur sempre presenti.

La sua è una regia che si mostra abile ed esperta, viaggiando tra passato e presente in una storia intramontabile. La scelta narrativa utilizzata è quella dell’uso molto ricorrente di flashback in cui viene raccontata l’adolescenza delle ragazze, quando cominciano ad affacciarsi nel mondo tra le sue bellezze e i suoi problemi, trasposta con colori caldi a simboleggiare la forza e il calore proveniente dalla famiglia. Le sequenze ambientate nella contemporaneità del racconto seguono la giovinezza delle ragazze e le difficoltà che porta, con una prevalenza di colori freddi e situazioni drammatiche dalla quale però le giovani donne traggono forza l’una dall’altra per uscirne più forti.

La condizione femminile

Essere donna non è mai stato facile, e anche opere letterarie e cinematografiche hanno molto spesso provato a farne parola e a dare la loro visione di quanto difficile sia per il sesso femminile imporsi e farsi valere in un mondo predominato da uomini. In questo film però, il modo di rappresentazione della condizione femminile è differente: sono mostrate tutte le sfaccettature dell’essere donna e nessuna di esse viene sminuita.

Gerwig non propone un unico modello ideale, ma diversi, ciascuno di essi importanti. Le ragazze, nonostante siano state private della figura paterna nella loro giovinezza, hanno mantenuto il loro temperamento e lavorato ciascuna sui propri sogni: Meg, ambisce alla recitazione ma sogna il matrimonio, andando ad incarnare l’archetipo femminile tipico dell’epoca; Amy, artista mancata trova la sua consolazione nel matrimonio con l’amico Laurie (Timothée Chalamet); Beth, sogna la musica ma la vita sarà crudele nei suoi confronti; e infine Jo, ribelle e testarda, è la più anticonformista e decisa a farsi strada nel mondo.

La forza di Jo March

In un libro che trae la sua forza dalla predominanza della presenza femminile, imposta la sua attenzione sulla figura di Jo e sulla sua rappresentazione. Jo risulta a tutti gli effetti la protagonista della storia e, così come nella versione del romanzo, anche in questo adattamento, si mostra quasi come la narratrice delle vicende. La storia viene prevalentemente raccontata dal suo punto di vista, marcato in tutte le situazioni e viene descritto e analizzato il suo complesso carattere.

Quasi moderna per l’epoca in cui si trova, la perseveranza di Jo è l’elemento che più salta all’occhio per tutta la visione del film. Il suo essere proiettata verso il futuro, farsi strada secondo le proprie regole per ricevere lo stesso trattamento degli uomini e l’alzare la sua voce, sono le caratteristiche principali di questo complesso personaggio, qui impreziosite dalla strabiliante interpretazione di Saoirse Ronan (che nel 2020 si è aggiudicata una candidatura agli Oscar per questo ruolo), che dimostra ancora una volta le sue abili doti artistiche. 

Toccante e pungente è anche il suo monologo verso la fine del film, in cui spiega cosa a parer suo significhi essere una donna, riuscendo a capire anche lei che ciascun sogno e ambizione è importante a modo suo, e trovando un equilibrio per la sua vita.

Se volete recuperare questo film, elogiato da critica e pubblico, e protagonista della stagione dei premi 2020, lo trovate disponibile nel catalogo di Netflix.

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Rebecca Fulgosi
Mi chiamo Rebecca, classe 2000 e ho una passione smisurata per il mondo della settima arte. Studio alla facoltà di Beni Culturali con il sogno di diventare critica cinematografica, perché guardare film è una delle cose che mi riesce meglio. Il mio genere preferito è L’horror insieme ai cinecomic di cui sono appassionata sin da piccola. Tra i miei film preferiti: "La La Land", C’era una volta a ...Hollywood", "A Star is Born", "Jojo Rabbit" e "Titanic". Le mie serie preferite, "American Horror Story" e "La casa di carta".

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