Debutta su Prime Video il 21 luglio 2023, Shin Masked Rider, ultimo film dello Shin Japan Heroes Universe, una tetralogia che unisce i franchise su cui il regista ha lavorato.
Denso e fondativo, il film è pieno di un’iperviolenza che rasenta il dripping di Pollock, ma che proprio per questo si lascia guardare con un gusto fanciullesco.
L’eroe insetto dei tempi che furono
I tokusatsu sono quei film o serie fantascientifici di kaiju, eroi e mostri che lottano tra di loro. Shin Masked Rider rivisita Kamen Rider, la serie televisiva originale del 1971.
Takeshi Hongo (Sosuke Ikematsu) viene rapito dalla SHOCKER, un’organizzazione segreta che trasforma gli esseri umani in ibridi uomo-insetto dagli enormi poteri. Prima che però possa subire il lavaggio del cervello viene liberato da Ruriko Midorikawa (Minami Hamabe). Difendendola da alcuni sgherri usa il potere scaturito dalla sua tuta e scopre di essere diventato la Cavalletta-Aug (Augmentus), un essere dalla forza sovrumana che il padre di Ruriko, il dottor Hiroshi Midorikawa (Shin’ya Tsukamoto), ha creato per distruggere la SHOCKER stessa.
Inizierà così una logorante guerra fra Takeshi, ribattezzatosi Kamen Rider, e i diversi Augs dell’organizzazione, che porterà alla luce molte verità nascoste su Ruriko e la SHOCKER.
Ottima chiusura per dei grandi eroi
Visivamente emozionante, la mano registica di Anno ci regala delle sequenze meravigliose e incalza gli scontri in maniera frenetica e quasi “animata”.
La fotografia di Osamu Ichikawa e Keizō Suzuki è ricca ed elaborata, in grado di affascinare in ogni istante.
Sembra effettivamente di vedere uno di quei film densi di informazioni che riassumono una intera serie, ma è parte dell’operazione omaggio confezionata da Anno. Tutti gli elementi sono dosati ad arte per far correre e saltare l’opera sul confine tra serie e film, e così essa non appare viziata dalla nostalgia, ma fa emergere tutto l’affetto che Anno riserva al mondo e all’immaginario di Kamen Rider.
Geniale l’idea di far interpretare il ruolo del dottor Hiroshi a Shin’ya Tsukamoto, uno dei padri del cyberpunk giapponese, regista del film cult del 1989, Tetsuo.
Lo stile surreale dei film d’azione giapponesi
Il mondo occidentale ha un suo stile visivo cinematografico e una sua estetica che descrive, in maniera ampia e relativa, i concetti di bello e di brutto.
Tutto questo però deve essere accantonato quando si guarda un film nipponico. Bisogna entrare mentalmente dentro un’altra estetica, un altro stile visivo, e venire da questi conquistati o respinti.
Molti film horror, d’azione, gore, fantascientifici, e i tokusatsu hanno spesso al loro interno un’estetica camp, sequenze e dialoghi kitsch e bizzarri, ma che non sono mai sinonimo di orrido. Sono pieni di effetti tradizionali (spesso posticci), CGI non all’avanguardia e un’atmosfera rigidamente sopra le righe, ma è tutto voluto e non sofferto.
Laddove questi elementi creerebbero degli incubi cinematografici, in Giappone invece creano una tipologia precisa di film, che come ogni categoria può essere conosciuta da tutti ma amata solo da alcuni.
Esempi di questa estetica sono film come Meatball Machine (2005), Tokyo Gore Police (2008), Robogeisha (2009), Mutant Girls Squad (2010) e il precedente film della saga di Anno, Shin Ultraman (2022).
Hideaki Anno, l’uomo che parlava all’umanità
Classe 1960, animatore fin da quando aveva 21 anni, Hideaki Anno è il padre di alcune delle opere animate e live action più importanti dell’ultimo quarto di secolo.
Giovanissimo ebbe l’occasione di lavorare come animatore al film di Miyazaki, Nausicaa della Valle del vento (1984), fondando in quell’anno il disastroso ma leggendario studio Gainax.
Nel 1988 diresse Punta al Top! Gunbuster, anime mecha in cui emerge la forte volontà di Anno di usare i generi per parlare di temi filosofici e umani come l’autostima, l’accettazione di sé e il bisogno di essere riconosciuti e di avere un posto nel mondo.
Nel 1990 creò Nadia e il mistero della pietra azzurra, ispirato ai romanzi di Jules Verne e da un soggetto originale di Miyazaki.
Nonostante la produzione disastrata e complicata, la storia di Jean e Nadia resta una delle storie più affascinanti, avventurose e mature mai create, un vero e proprio spartiacque narrativo negli anime.
Ma nel 1995 Anno sconvolse l’animazione mondiale con Neon Genesis Evangelion.
Opera complessa e ricca di temi filosofici, morali e religiosi, intessuti ancora più abilmente con il genere fantascientifico e mecha, nel tempo è diventato forse l’anime più noto e celebrato di sempre, in grado di affascinare ed ispirare registi e animatori di tutto il mondo.
Le vicende dell’antieroe liceale Shinji Ikari, e il vasto e feroce mondo con cui deve confrontarsi, non risentono dell’ancora più ristretta e devastata produzione della serie, che anzi portò a ben due finali incredibili, profondi e illuminanti che ancora oggi sono oggetto di riflessione e discussione.
Dopo aver lavorato su vari film live-action e altre serie animate per la Gainax, Anno ha iniziato nel 2007, e concluso nel 2021, una nuova tetralogia chiamata Rebuild of Evangelion che ha portato nuove domande e risposte e nuovo fascino e splendore a questo meraviglioso universo.
Tirando le somme
Kamen Rider è un personaggio indelebile della cultura popolare giapponese, che da quella serie del 1971 è tornato in decine di seguiti che tutt’ora vanno in onda.
Consiglio pienamente la visione, con i dovuti accorgimenti, e temo che però finirà per affascinare pochi spettatori, anche se parafrasando Brian Eno sul disco Velevet Underground & Nico:
“Sono convinto che ciascuno di quei pochi che lo apprezzeranno finirà con l’innamorarsi di Anno e del cinema giapponese”
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