The Bear 2
CR: Chuck Hodes/FX.

Every Second Counts, ogni secondo conta, è ciò che viene ripetuto fin dall’inizio, episodio dopo episodio, nella seconda stagione di The Bear. È il metronomo di una sceneggiatura densissima, oltre che il tema portante dei nuovi dieci episodi in cui diventa vietato, anzi impossibile, distrarsi.

Si torna a Chicago, dove Carmen Carmy Berzatto (Jeremy Allen White) sta per realizzare un sogno a lungo custodito con il fratello Michael: aprire il ristorante The Bear. Elaborato il lutto per il suicidio di Mike, tema portante dell’intera prima stagione – Carmy sembra adesso pronto ma ancora non consapevole delle difficoltà e non del tutto presente. Il protagonista totalizzante della prima stagione lascia così lo spazio necessario allo sviluppo e alla crescita di tutta la sua brigade intorno. 

Lo spazio esploso

La piccola e strettissima cucina, che nello straordinario settimo episodio della prima stagione aveva mostrato tutta la sua forza opprimente ed asfissiante, nella nuova stagione diventa uno spazio esploso, tanto in senso letterale quanto figurato.

Pezzo dopo pezzo viene smontata, allargata, ricostruita fino a diventare qualcosa di nuovo, qualcosa in grado di accogliere un gruppo diverso, in una nuova armonia: dove non servano più di cinque secondi per muoversi da una postazione all’altra e ogni Chef abbia il suo compito, la sua parte in un meccanismo perfetto.

Al tempo stesso ogni personaggio se ne allontana a rotazione, cercando fuori da lì qualcosa di sé che stava per perdere o che altrimenti non avrebbe mai scoperto.

È così che Tina (Liza Colón-Zayas) si mette alla prova in una vera scuola di cucina, abbassando le sue alte difese per guadagnare la sicurezza necessaria a diventare la leader – e la sous chef – che nel profondo sapeva già di poter essere. O Marcus (Lionel Boyce), che vola fino a Copenaghen per imparare con pazienza a fare e disfare, prendersi il proprio tempo e, soprattutto, cura dei propri bisogni prima di curare gli altri. 

Sono Sydney (Ayo Edebiri) e Richie (Ebon Moss-Bachrach), tuttavia, ad avere l’arco di trasformazione più significativo, accanto a un Carmy che, invece, sembra sprofondare sempre più in una trappola di autocommiserazione e poca coscienza di sé.

“THE BEAR” — “Sundae” — Season 2, Episode 3 (Airs Thursday, June 22nd) Pictured: (l-r) Lionel Boyce as Marcus, Ebon Moss-Bachrach as Richard “Richie” Jerimovich, Matty Matheson as Neil Fak. CR: Chuck Hodes/FX.

Donna, femminile plurale

Non è un tema esplicito della serie né un filone specifico di questa stagione, eppure la forza motrice dei personaggi femminili in The Bear è più che tangibile.

L’assenza mentale e fisica di Carmy ha come prima conseguenza, cioè, il bisogno di Syd e della sorella Natalie Berzatto (Abby Elliott) di prendere il controllo e iniziare a guidare la nascita del ristorante.

È Syd, per esempio, a sperimentare con gli ingredienti e con il menu, spinta controvoglia dall’inaffidabilità di Carmy in un viaggio in solitaria attraverso Chicago alla ricerca di sapori, esperienze e informazioni utili. Un viaggio urbano che si trasforma in visioni e idee e in cui la città si allinea con il personaggio in un esempio curatissimo di montaggio e scrittura.

A Nat sembra spettare la parte più noiosa, quella burocratica e amministrativa del ristorante, tuttavia la sua funzione nell’economia della serie è inaspettata. Assume un ruolo che, in precedenza, la presenza ingombrante di altri personaggi, a partire dai suoi stessi fratelli, non le avevano mai permesso di esprimere e modellare. Diventa un punto saldo di riferimento per l’intero gruppo e il collante che permette di tenere insieme co-protagonisti diversissimi e – in questa stagione – volubili e centrifughi. 

Due nuovi personaggi femminili, infine, si rivelano decisivi in questa stagione pur essendo opposti fra loro: Claire, interpretata da Molly Gordon, e Donna, la madre di Carmy, a cui dà il volto una straordinaria Jamie Lee Curtis.

You’re The Bear and I remember you

Ciò che The Bear provoca nel pubblico si potrebbe definire come un’erosione emotiva costante, soprattutto nella prima stagione: un movimento che sgretola via strati di pelle e difese personali fino ad arrivare alla carne viva, lì dove qualcosa fa più male.

Gli ultimi episodi della prima stagione sono quasi insopportabili, poi terapeutici, per questo motivo, ma hanno tutti in comune il tema dell’elaborazione del lutto che li racchiude in un’esperienza specifica.

Questa volta Carmy e gli altri personaggi non affrontano la morte, si scontrano con la vita e con le insicurezze che derivano da ogni grande cambiamento.

Carmy, in particolare, proprio perché all’improvviso si ritrova circondato da troppa vita, dopo averla rifiutata a lungo, si ritrova spaesato e senza direzione, al punto da non riconoscere la sua stessa felicità. 

La storia d’amore appena tratteggiata con Claire, infatti, non è – come potrebbe sembrare all’inizio – l’elemento di distrazione che allontana lo chef dal suo ristorante, tutt’altro. È la prova di quanto il suo animo sia spezzato, al punto da non riuscire più ad avere una chiara immagine di sé. Un amore covato e protetto a lungo nella memoria fatica a stare a galla, annegato nell’erronea convinzione di Carmy di doversi isolare e condannare se stesso alla solitudine per eccellere nel lavoro.

L’Orso, ancora una volta, decide di chiudersi al mondo esterno, ma è una scelta che fa ancora più male, sapendo che aveva provato, sul serio, a uscire.

The Bear l’ha fatto di nuovo: 2×06, l’episodio che vale la stagione

Niente di ciò che accade in questa seconda stagione di The Bear è posizionato in modo casuale. Ogni secondo conta, d’altronde. È così che i titoli di ciascun episodio anticipano qualcosa che avverrà nel successivo e la scrittura si incastra per sommare le singole esperienze dei principali personaggi della serie.

Al di là del visibile aumento di budget: dalle numerose guest star (Olivia Colman, Will Poulter, Bob Odenkirk, Sarah Paulson) ai diversi set fuori dalla minuscola cucina della prima stagione, il vero elemento sorprendente di The Bear 2 è l’episodio speciale da un’ora. Si intitola Pesci ed è ambientato durante una cena di Natale in casa Berzatto circa 5 anni prima degli eventi narrati dalla serie.

Interrompe di fatto il flusso del racconto, circa a metà stagione, tuttavia diventa necessario per capire molto di ciò che è già successo e ciò che accadrà dopo. Entrando in casa Berzatto, cioè, gli equilibri e soprattutto le disfunzioni diventano più chiari e i traumi emergono senza filtri. Così se pensavate che fosse già assurdo il settimo episodio della prima stagione, girato in quell’unica ripresa da tachicardia, Pesci vi travolgerà, aggredendovi alla pancia.

C’è un nervosismo esplosivo, fatto di suoni, rumori d’ambiente, gesti e non detti che si raggrumano fino a diventare intollerabili e lasciare spazio all’inevitabile deflagrazione. Ed è proprio questo che permette di capire come si sente esattamente Carmy e come si è sentito fuori posto per la sua intera vita, tanto da non riuscire ancora a trovare un compromesso per se stesso.

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