The Passenger - Spazio. Credits: Iperborea
The Passenger - Spazio. Credits: Iperborea

Una guida per viaggiare nello spazio? Più una “mappa” per scoprire come arrivarci, ed eventualmente cosa portarsi dietro, dal nostro puntino azzurro che chiamiamo casa.

Spazio è l’ultimo volume della collana THE PASSENGER, edito dalla casa editrice Iperborea. Otto articoli, otto prospettive fotografiche. In più vari approfondimenti e due playlist, da Brian Eno ai Pink Floyd. Disseminate tra le pagine, le illustrazioni inconfondibili di Edoardo Massa e le infografiche di Pietro Buffa. Tra un articolo e l’altro, il giornalista scientifico del Post Emanuele Menietti si diverte a segnalare i protagonisti, i pianeti, le difficoltà che potremmo incontrare con un’ipotetica partenza.

Si direbbe tutto pronto per intraprendere il viaggio più distante possibile, e non solo in termini di kilometri.

Determina questa pubblicazione l’anniversario del primo uomo in orbita, Jurij Alekseevič Gagarin, che segna sessant’anni esatti da un giorno storico: l’inizio dell’Era Spaziale durante la Guerra Fredda. Per decenni la ricerca affannosa del sapere e del potere, poi bruscamente interrotta, e ripresa negli ultimi tempi. Questa volta, però, con i privati a portarla avanti (primo fra tutti Elon Musk). E il modo di pensare lo spazio cambia, e non si parla solo di distanze fisiche, ma radicali “lontananze” mentali, che accolgono un atteggiamento diverso e un pensiero che non è quello di sessant’anni fa. Tutto questo si riflette nel libro che abbiamo avuto il piacere di scoprire.

The passenger Spazio - Iperborea
The Passenger – Spazio (AAVV Iperborea, 2021)

Pianeti che non sono la Terra

La Terra, pianeta blu in continua corsa per la scoperta di luoghi affini dove vivere, rigenerarsi, trovare una possibilità. Il ritrovamento di un meteorite, un frammento di Marte, è la scoperta che decreta la nascita di una nuova branca della scienza: l’astrobiologia. Questo accade tra gli anni ’80 e gli anni ’90, ed è l’approfondimento che apre il volume, estratto e adattato dal libro The human cosmos di Jo Marchant, dottore di ricerca e specializzata in microbiologia, scrittrice e giornalista scientifica.

Da sempre l’umanità si è posta la grande domanda: Siamo soli nell’universo?, ricorrendo alla filosofia, alla religione, alla cosmologia. Non esistono esempi dimostrati di vita extraterrestre, ma la domanda si è scomposta in altri interrogativi: incessantemente proviamo a venirne a capo, eccitati e spaventati da qualsiasi risposta possibile. C’è chi prova a tradurre scenari verificabili (o al contrario, totalmente fantasiosi) in film e libri, come lo scrittore Liu Cixin, autore del premiatissimo Il problema dei tre corpi (Mondadori, 2017). La letteratura fantascientifica da sempre si ispira alla storia, come riporta Ross Andersen, vicedirettore di Atlantic nel suo articolo Primo contatto. Ma Dune e Blade Runner, come molte altre narrazioni di questo genere, si rifugiano in qualcosa di “umanamente” prevedibile, anche in memoria di vittorie (poche) e fallimenti (molti) che costellano il nostro passato e il presente.

Conflitti che ci portiamo dietro

La conquista dello spazio è nata dalla rivalità tra le superpotenze della Guerra fredda, eppure è proprio nello spazio che ci piace proiettare le nostre utopie di unità e convivenza pacifica. (…) Ma se non riusciamo a collaborare quaggiù, cosa ci fa pensare che ci riusciremo lassù?

Frank Westerman, THE PASSENGER – SPAZIO, pag. 77

Proiettare le nostre speranze nello spazio, è come una bugia buona di cui ci convinciamo per illuderci di possedere una nuova possibilità. Il sogno si accompagna alle insicurezze del nostro sentirci, a discapito di ogni cosa, padroni di tutto. Il giornalista Frank Westerman, ma anche lo scrittore e attivista ambientale islandese Andri Snær Magnason, correlano la spasmodica voglia di altri luoghi da controllare alle malandate condizioni in cui ristagna la vita che già possediamo, auspicando, prima, una rivalutazione dei silenzi e dei sussurri terrestri. Se prima di partire mettessimo al sicuro il nostro piccolo e fragile pianeta?

Le voci

THE PASSENGER – SPAZIO pone il lettore nell’atmosfera quieta dello spazio, sognando con lui ad ogni scatto nitido di galassie, ma pone quesiti esistenziali che lo riportano con i piedi a terra, sul sottile strato che ospita ogni cosa, e che dovremmo proteggere, prima di consumare qualsiasi risorsa e voltargli le spalle.

La ricerca dello spazio è un progetto che parte dal centro della Terra, o nei laboratori scavati nei suoi sotterranei, come scrive Paolo Giordano nel suo articolo dedicato ai laboratori del Gran Sasso, e ai desideri di bambini, cresciuti con la voglia insaziabile di fare scoperte difficili da descrivere a parole. L’autrice canadese-statunitense Rivka Galchen porta invece delle riflessioni sulle imprese lunari, e sulla tacita corsa allo spazio già in atto. A partire da Marte, pianeta conteso e al centro di mire celebri, come quelle dei miliardari di cui scrive la pluripremiata autrice americana Lauren Groff, in gita alla Disneyland dello spazio, a Cape Canaveral. Da un altro punto di vista, la giornalista australiana Elmo Keep dedica la sua inchiesta alla start up Mars one.

Inoltre i già citati Jo Marchant, Frank Westerman, Andri Snær Magnason e Ross Andersen.

Due playlist accompagnano la rubrica del musicista e artista Giorgio Sancristoforo, che parla di un universo “che suona”, grazie all’incontro con Maximiliano Isi, del Massachusetts institute of technology, a capo del team che ha scoperto il «suono» dei buchi neri.

Senza aspettare un istante di più preparatevi quindi a viaggiare, il più lontano possibile ma anche vicinissimi a voi stessi. Percependovi come sognatori, curiosi, appassionati abitanti di un pianeta da amare. E poi, sarà la volta di tutti gli altri.

Grazie ad Iperborea per avercene dato l’opportunità con THE PASSENGER – SPAZIO.

Silvia Pezzopane
Ho una passione smodata per i film in grado di cambiare la mia prospettiva, oltre ad una laurea al DAMS e un’intermittente frequentazione dei set in veste di costumista. Mi piace stare nel mezzo perché la teoria non esclude la pratica, e il cinema nella sua interezza merita un’occasione per emozionarci. Per questo credo fermamente che non abbia senso dividersi tra Il Settimo Sigillo e Dirty Dancing: tutto è danza, tutto è movimento. Amo le commedie romantiche anni ’90, il filone Queer, la poetica della cinematografia tedesca negli anni del muro. Sono attratta dalle dinamiche di genere nella narrazione, dal conflitto interiore che diventa scontro per immagini, dalle nuove frontiere scientifiche applicate all'intrattenimento. È fondamentale mostrare, e scriverne, ogni giorno come fosse una battaglia.

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