Una relazione per un’Accademia. Tommaso Ragno all'Argot Studio
Una relazione per un’Accademia. Tommaso Ragno all'Argot Studio

Tre faretti freddi su una sedia dalla struttura singolare, un po’ sgabello un po’ trespolo: di lì a poco scranno perfetto da cui il protagonista si esporrà all’Accademia, ossia a noi spettatori. Lo sguardo vaga nei pochi minuti che servono alla sala del Teatro Argot, a Trastevere, per riempirsi.

Solo altri due neon, più caldi e gialli, completano la scena concentrando, nell’uso dello spazio e nel contrasto di luci e ombre, tutta l’attenzione al centro. Tommaso Ragno entra nei panni di Pietro il Rosso, lo scimpanzé che nel testo di Kafka è obbligato a presentare la relazione per un’accademia che diventa il titolo di questo monologo.

La scimmia ha infatti imparato così bene, in soli cinque anni, a imitare gli uomini da attirare l’attenzione della comunità scientifica e antropologica. I movimenti e i gesti – studiatissimi nei dettagli da Ragno – rimangono quelli dell’animale.

Con le sue nuove capacità dialettiche, tuttavia, Pietro il Rosso è chiamato a raccontare la sua vecchia vita di scimpanzé e ben presto si accorge che la consapevolezza crescente di sé depotenzia la percezione ancestrale del proprio Essere. È difficile, se non impossibile, ripercorrerne le caratteristiche attraverso il linguaggio e la parola. Pietro il Rosso – chiamato così per via della cicatrice di un vecchio sparo dei suoi rapitori, che gli sfiora la guancia lasciando la carne a vista tra la pelliccia – racconta così la sua cattura, la sua prigionia. Spiega come, per trovare una via di fuga che rifiuta di chiamare libertà – concetto soltanto umano – abbia scelto di imitare i suoi aguzzini e intrattenerli con il varietà, invece di morire dentro un’altra qualsiasi gabbia.

Nel suo largo frac, segno tangibile della costrizione della natura – “Io i pantaloni a casa mia li tolgo quando mi pare!” – dentro un abito e una forma precostituiti, Pietro il Rosso si rivolge direttamente alla platea.

La forza dello spazio

Lo spazio ristretto e privo di palco dell’Argot permette di guardarsi negli occhi, di percepire lo sguardo di Pietro/Ragno su di sé, che scava mentre racconta ininterrottamente. Già da quando si spengono le luci il pubblico sembra trattenere il fiato, in un silenzio irreale e totale – quello della prima di giovedì 12 gennaio – che emoziona da subito, perché indice di uno stato d’animo unico e condiviso: platea o Accademia, siamo tutti lì per ascoltare Ragno e il suo Pietro.

Nemmeno il breve squillo di un cellulare rompe l’idillio (spegneteli almeno a teatro, dai!). È così che quando lui getta, letteralmente, giù la maschera per qualche minuto, per raccontare la stessa storia da una prospettiva diversa, il pubblico “resta” ancora con lui, credendogli sempre fino in fondo.

Una relazione per un’accademia è quindi una storia di metamorfosi kafkiana, certo, ma soprattutto una riflessione sulla lacerazione tra umano e animale. Ben chiara in quell’ultima immagine in cui Pietro/Ragno, in piedi sulla sedia, riflette la sua enorme ombra scimmiesca sul fondo della parete. O nel Così parlò Zarathustra di kubrickiana memoria, che sulle note di Strauss segna una nuova evoluzione.

Info utili

Per partecipare alle attività culturali di Argot Studio è necessario effettuare il tesseramento su www.teatroargotstudio.com/tesseramento o presso il botteghino prima dello spettacolo. Per info e prenotazioni chiamare 06 5898111 o scrivere a [email protected]. Maggiori informazioni su: www.teatroargotstudio.com

Biglietti: 10€ intero, tessera associativa 5€

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