allucinazioni americane
allucinazioni americane

“Questo libro è su un rompicapo ed è un rompicapo esso stesso”, recita il risvolto di copertina. Ed è esattamente questa la sensazione che per tutte le 133 pagine di Allucinazioni americane, edito da Adelphi e uscito a maggio di quest’anno, avvolgerà la lettrice e il lettore. All’inizio l’impressione di disorientamento potrebbe risultare respingente. Allucinazioni americane non è di certo un saggio di analisi del cinema, né un manuale di teoria. Roberto Calasso non ti prende per mano, accompagnandoti cautamente e immergendoti per gradi nel mare senza confini dei due film presi in esame. Perché alla fine Hitchcock, la spirale ipnotica dello chignon e i soffocanti cortili interni del Greenwich Village appaiono come un pretesto per inoltrarsi in reami altri.

Quello del rapporto tra reale e copia, e del potere sovversivo che il figmentum, la materia della mente, ha su un’esistenza dominata dalla legge e dalla razionalità. Quello della dottrina vedantica applicata al Sé e all’Io, quello delle allucinazioni americane del titolo, di cui il cinema incarna l’epitome fisica.

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La donna che visse due volte – Credits Paramount Pictures

Ciò che si staglia all’orizzonte di questo libello, come una figura immane in un cielo rotto dai fulmini, è la consapevolezza della molteplicità infinita delle interpretazioni. E così come il piacere speculativo dà linfa alla sopravvivenza eterna (?) di (certi) film, accanto sopravvive intaccato il piacere puro dell’arte, che dei significati attribuitele si fa un baffo.

“Il sogno più antico e più efferato del mondo in cui viviamo è quello di rendere cosa il fantasma. Ebbene, il cinema permette di avvicinarsi come mai prima, e con temibile immediatezza, a questo sogno.”

Roberto Calasso, Allucinazioni americane (p. 104)

Hitchcock e la pluralità interpretativa

La donna che visse due volte (Vertigo, 1958) e La finestra sul cortile (Rear Window, 1954) sono due dei film di Hitchcock che in assoluto sono stati più analizzati, sviscerati, segmentati, spremuti nel corso degli anni. Valgano due esempi su tutti. In Visual Pleasure and Narrative Cinema Laura Mulvey prendeva Vertigo ad esempio di voyeurismo sadico, di esplicazione della suddivisione in attivo-soggetto-maschile e passivo-oggetto-femminile. Rear Window era invece per David Bordwell in Narration in the Fiction Film l’illustrazione quasi pedissequa dei processi cognitivi in atto durante la visione di un film.

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La finestra sul cortile – Credits Paramount Pictures

Roberto Calasso riprende materiali ampiamente masticati e lungamente digeriti – sia dalla teoria e dalla critica che dal pubblico informato – per aprire dei personalissimi pertugi inediti.

Le pagine scorrono come altrettante diapositive, lampi di suggestioni, e il lettore, inglobato dal meccanismo, si trova costretto a girare le pagine senza interruzione. Ci ritroviamo in balia dell’inarrestabile corrente di una riflessione non sempre organica, non sempre immediatamente comprensibile. Ma che con la forza trascinante della prosa obbliga a prestarle attenzione.

“… bisognerà decidersi, un giorno, a capire che le star sono astri, come lo erano Andromeda e le Pleiadi e tante altre figure della mitologia classica. Solo se si riconosce questa comune origine astrale e fantasmatica, si potrà poi arrivare a capire quali sono le differenze – e le distanze, anch’esse stellari – fra il Sunset Boulevard e l’Olimpo.”

Roberto Calasso, Allucinazioni americane (p. 105)

Amanti di Hitchcock, amanti del cinema, amanti del pensiero. Tuffatevi senza indugi e lasciatevi attraversare dalle parole. Non ho alcun dubbio che qualcosa da trattenere – diverso per ognuno – lo troverete.

Un grazie infinito va ad Adelphi per averci gentilmente inviato questo libro. Per non perdervi nemmeno un’uscita del loro sempre stimolante catalogo, seguiteli sul loro sito.

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