Assassinio a Venezia. Photo courtesy of 20th Century Studios. © 2023 20th Century Studios. All Rights Reserved.
Assassinio a Venezia. Photo courtesy of 20th Century Studios. © 2023 20th Century Studios. All Rights Reserved.

Con il terzo capitolo dedicato al leggendario Hercule Poirot, il regista e attore Kenneth Branagh e lo sceneggiatore Michael Green, decidono di proseguire i casi dell’investigatore con l’adattamento cinematografico del romanzo del 1969 Poirot e la strage degli innocenti di Agatha Christie.

Questa volta seguono una strada personale, concedendo libero arbitrio a ingegno e fantasia con una trama del tutto rielaborata mettendo da parte interamente il testo dell’autrice. Assassinio a Venezia è al cinema dal 14 settembre, distribuito da The Walt Disney Company Italia.

Trama

Poirot (Kenneth Branagh) sceglie Venezia come suo ritiro dopo la fine della Seconda guerra mondiale. Il conflitto bellico ha accresciuto in lui desolazione e sconforto, tanto da essersi rinchiuso nella penombra del paesaggio lagunare, rifiutando ogni genere di caso gli venga proposto, alienandosi dalla realtà.

Decide di avere al suo fianco solo una persona, Vitale Portfoglio (Riccardo Scamarcio), grazie a cui riesce ad isolarsi dalle richieste del mondo esterno. La scrittrice Ariadne Oliver (Tina Fey) riuscirà però ad attirare nuovamente l’attenzione di Poirot, chiedendo il suo aiuto per smascherare una medium di nome Joyce Reynolds (Michelle Yeoh) alla vigilia di una seduta spiritica. La donna tenterà di evocare lo spirito della figlia defunta della cantante soprano Rowena Drake (Kelly Reilly), proprietaria del Palazzo delle Lacrime a Venezia. La notte di Halloween Ariadne e Poirot parteciperanno alla seduta, da scettici decisi a smascherare la truffatrice. Si troveranno ad affrontare un macabro omicidio, che pare in qualche modo legato alla morte della figlia di Rowena.

Assassinio a Venezia. Photo courtesy of 20th Century Studios. © 2023 20th Century Studios. All Rights Reserved.

Un giallo che si tinge di noir e di noia

Dopo i capitoli precedenti (Assassinio sull’Orient Express e Assassinio sul Nilo), il primo un grande successo e il secondo un flop al botteghino, Branagh cambia direzione prendendo ispirazione solo in parte dal romanzo Hallowe’en Party (La strage degli innocenti), lascia intatta l’atmosfera mistica e sovrannaturale, facendo fede solo a pochi elementi del romanzo. Il giallo di Agatha Christie qui si tinge di nero, assumendo tratti macabri, quasi gotici, spingendosi al margine di una narrazione alla Edgar Allan Poe.

Nonostante ci sia l’intenzione da parte del regista di fare un passo in avanti, il risultato rimane piatto, statico, e non coinvolge. Non c’è climax emotivo, non pervenuta neanche la tensione strettamente tipica del giallo e del poliziesco: tutto rimane sedimentato sotto la cornice sensuale e fascinosa di Venezia, ma tolta quella, del quadro, nemmeno l’ombra.

Branagh cade nuovamente nel tranello del gioco stilistico, cercando di ammaliare con dialoghi intellettualmente poetici, eccessivamente pomposi, supportati da un labile, se non inesistente, filo narrativo.

Il film non si contraddistingue né per i toni cupi del noir, né per quelli gialli della suspense. Lo spettatore non si spaventa, si annoia, e il sobbalzo dalla poltrona viene lentamente sostituito dallo sbadiglio della sera. Kenneth Branagh ha fallito purtroppo.

La banalità nel noir di Kenneth Branagh

Assassinio a Venezia è un film “composto”, con un finale prevedibile già dalle prime scene, avvolto da una grande banalità, a tratti dilettantistica.

Una storia che fluisce con fatica spegnendosi via via a causa della totale assenza di ritmo narrativo. Nemmeno l’aspetto potenzialmente intrigante, che si plasma sul tema del dissidio tra razionalità e trascendenza, riesce ad innalzare l’attenzione e l’interesse dello spettatore.

Una conclusione rimandata ad una morale macchinosa, forzata e imbastita dal solito sermone conclusivo, privo di assoluzione dai peccati, ma che profuma lo stesso di incenso e abito talare. Il film vorrebbe rivelare l’aspetto inverosimile, illogico e spirituale del lato razionale della coscienza umana, affidando lo “spiegone” finale, come al solito, all’investigatore Poirot, ma anche questa volta la parte etica non affascina, non rapisce, non convince e non lascia spazio ad altro se non “grazie Poirot, ma già l’avevamo capito“.

In breve

Il regista di Belfast ha tentato nuovamente, ma senza riuscirci. Se solo provasse a mettere la stessa dedizione nel delineare la trama, così come fa con la cura delle ambientazioni, verrebbe di gran lunga più apprezzato.

Assassinio a Venezia rimane in balia della laguna, del contesto elegante, dei palazzi misteriosi, dei canali incantevoli e maliosi, ma della vittima e dell’assassinio nemmeno l’ombra, e il regista non fa nulla per ricordarci della loro esistenza.

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Annamaria Martinisi
Sono il risultato di un incastro perfetto tra la razionalità della Legge e la creatività del cinema e la letteratura. La mia seconda vita è iniziata dopo aver visto, per la prima volta, “Vertigo” di Hitchcock e dopo aver letto “Le avventure di Tom Sawyer” di Mark Twain. Mi nutro di conoscenza, tramite una costante curiosità verso qualunque cosa ed il miglior modo per condividerla con gli altri è la scrittura, l’unico strumento grazie al quale mi sento sempre nel posto giusto al momento giusto.

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