CODA, Sian Heder 2021
CODA. Eagle Pictures

Ci sono storie che difficilmente si dimenticano quando toccano corde profonde. Così un piccolo film francese come La famiglia Bélier è capace di rimanere in mente per anni e ritornare in una forma nuova, con le stesse emozioni. CODA di Sian Heder, vero outsider degli Oscar 2022, ne è infatti il remake statunitense, a 7 anni di distanza.

Tradotto in italiano come I segni del cuore, CODA è l’acronimo di Child Of Deaf Adult e si riferisce appunto ai figli udenti di genitori sordi, come è Ruby Rossi (Emilia Jones) in questo caso.

La famiglia Rossi

Ruby “non è mai stata una bambina”, afferma in un momento particolarmente emozionante il padre Frank, interpretato da un intenso, bellissimo, Troy Kotsur che con ogni probabilità è il favorito all’Oscar come Supporting Role. Ruby non è mai stata una bambina, dicevamo, perché ha sempre dovuto prendersi cura dei genitori e del fratello maggiore, permettendo loro di comunicare con il resto del mondo. Nell’interpretare e tradurre i loro pensieri, tuttavia, non si è mai soffermata troppo sui propri. Non ha mai scavato a fondo nei suoi desideri, bloccata dalla paura e dal senso di colpa nel lasciare la famiglia senza aiuto. Inizia a capirsi di più nel momento in cui entra nell’aula di musica a scuola e, con la sua lingua madre, la lingua del cuore, che è quella dei segni e dei gesti, prova a spiegare al “Professor V” cosa prova cantando.

La musica, però, nella famiglia Rossi è quella cosa maleducata che non può entrare in casa perché è l’unica cosa che non si può fare tutti e quattro insieme”. Lo strettissimo rapporto fra genitori e figli, quasi orizzontale, è ciò che caratterizza i Rossi e che li distingue come famiglia ed è qualcosa di necessario ma non scontato e soprattutto complesso da gestire per Ruby. È anche la componente comica, e davvero divertente, del film.

Elogio alla semplicità

L’ostacolo principale che Ruby deve oltrepassare è dunque riuscire a coniugare questi due mondi. La trama in sé non è poi così difficile da immaginare: è la classica curva che, dopo qualche inciampo, arriva al gran finale emozionante.

Il bello è come ci arriva, come costruisce i rapporti fra i personaggi, che sono l’elemento migliore di un film in sé molto semplice e lineare, tanto nella scrittura quanto nella regia. Potrebbe persino stupire la candidatura a Miglior film, se non fosse che l’impatto della storia è così forte da far dimenticare la piattezza della forma. Basta guardare il volto di Troy Kotsur o ascoltare Emilia Jones cantare Joni Mitchell nell’ultima scena per far spazio a CODA tra i film da non dimenticare.

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