Non sembrano in realtà passati 20 anni da quando Harry Potter ha iniziato a far parte della nostra vita: ma a pensarci bene era il 2001 quando La pietra filosofale usciva in sala, e probabilmente molti di noi/voi il giorno dopo dovevano andare a scuola.

Un’intera generazione è cresciuta anno dopo anno, di pari passo al cast di studenti di Hogwarts, ripassando i romanzi, attendendo la mezzanotte in libreria per l’uscita degli ultimi (io ero lì con una spilla di Lord Voldemort sulla giacca), seguendo l’uscita in sala di ogni nuovo film. Fino a diventare adulti, con i volumi su una mensola e un paio di Funko Pop in giro per casa. Eppure l’avventura non si è conclusa nel 2011 (con I doni della morte), continuando a perdurare nel tempo, fa innamorare nuovi piccoli (e grandi) spettatori. Come può essere possibile? Perché crescere con Harry ci fa provare l’emozione di custodire un’esistenza, magica in parte, ma per il resto identica alla nostra.

Harry Potter 20th Anniversary: Return to Hogwarts – Più di un documentario

Il 1 gennaio 2022 su HBO Max è andato in onda lo speciale televisivo Harry Potter 20th Anniversary: Return to Hogwarts, in Italia distribuito da Sky e Now TV. Se avete ancora la mappa del malandrino tra le pagine di un vecchio quaderno e pensate che Harry Potter vi abbia cambiato la vita non so cosa state aspettando a guardarlo.

Attesissimo progetto prodotto da Warner Bros. Television e anticipato da post ed immagini di una Londra illuminata e dei set che hanno ospitato la storia per 10 anni, Return to Hogwarts testimonia un gigantesco fenomeno mondiale che ha trasformato per sempre il cinema fantastico, nonché gli spettatori e le spettatrici che hanno avuto la fortuna di seguirlo in contemporanea.

Lo speciale, diretto da Eran Creevy, Joe Pearlman e Giorgio Testi, riporta la schiera di fedeli e fan di vecchia data nel mondo magico di Hogwarts, dove Harry, Ron ed Hermione ci hanno guidato per tantissime avventure. Alcuni dei personaggi più importanti della saga sono ospiti del documentario, e raccontano la portata del fenomeno vissuta in prima persona prima, e agli occhi del loro pubblico dopo.

L’ormai trentaduenne Daniel Radcliffe, insieme ad Emma Watson e Rupert Grint, ci guida alla (ri)scoperta dell’universo di Harry Potter, tra location e aule. La sceneggiatura interna del film-evento di quasi un’ora e quaranta minuti, riassume in capitoli una saga epica dalla portata irripetibile. Un fenomeno gigantesco che ha coinvolto scenari e creazioni magiche, ma soprattutto persone in carne ed ossa. Una grande famiglia, come ripetono tutti, da Gary Oldman a Helena Bonham Carter, ai quattro registi dei film.

Le emozioni, i ricordi, le risate: ogni sentimento è vero e coinvolge potentemente chi credeva di passare un’oretta con dei “vecchi amici”, e invece si ritrova a piangere come quando Sirius è morto. Anche i componenti del cast prematuramente scomparsi (Alan Rickman, Richard Griffiths e gli altri) continuano a far sentire la loro voce, in un segmento dedicato a loro, ormai eterni nella memoria delle immagini.

I nostri eroi sono quindi diventanti grandi, e abitano il nostro stesso (e spesso più impervio) mondo privo di magia. Ma come è accaduto per la visione di ogni film dedicato al conflitto tra bene e male, in Harry Potter 20th Anniversary: Return to Hogwarts c’è molto di più: c’è la vita, oltre lo schermo, che è cambiata per sempre per merito dei piccoli maghi cresciuti sotto ai nostri occhi. C’è un’operazione nostalgica per noi over 30 dalla lacrima facile, e per una nuova generazione di spettatori, pronti a scoprire le gesta magnifiche di Harry e dei suoi compagni.

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Silvia Pezzopane
Ho una passione smodata per i film in grado di cambiare la mia prospettiva, oltre ad una laurea al DAMS e un’intermittente frequentazione dei set in veste di costumista. Mi piace stare nel mezzo perché la teoria non esclude la pratica, e il cinema nella sua interezza merita un’occasione per emozionarci. Per questo credo fermamente che non abbia senso dividersi tra Il Settimo Sigillo e Dirty Dancing: tutto è danza, tutto è movimento. Amo le commedie romantiche anni ’90, il filone Queer, la poetica della cinematografia tedesca negli anni del muro. Sono attratta dalle dinamiche di genere nella narrazione, dal conflitto interiore che diventa scontro per immagini, dalle nuove frontiere scientifiche applicate all'intrattenimento. È fondamentale mostrare, e scriverne, ogni giorno come fosse una battaglia.

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