Lupin III e il castello di Cagliostro (Hayao Miyazaki)
Lupin III e il castello di Cagliostro (Hayao Miyazaki). Courtesy of Nezo Digital

Per festeggiare il suo 45° anniversario, torna in sala grazie a Nexo Digital, rimasterizzato e restaurato in 4K, il meraviglioso e controverso Lupin III e il castello di Cagliostro del 1979, per la regia di Hayao Miyazaki.

Opera che ha fatto molto discutere, che ha portato una frattura narrativa inconciliabile nel personaggio del ladro gentiluomo creato da Monkey Punch, ma che grazie al valore estetico del film stesso ha goduto di un successo planetario.

Il mistero del castello

Dopo aver svaligiato il casinò di Montecarlo, Lupin III e Jigen si rendono conto che i soldi rubati sono falsi. I due decidono quindi di rintracciare il luogo di provenienza di quel bottino contraffatto, e questo li porta nel paesino di Cagliostro, buco nero di falsari.

Qui intrecciando vecchie memorie personali e attuali drammi femminili, Lupin III, aiutato dai fedeli compagni Daisuke Jigen, Goemon Ishikawa XIII e Fujiko Mine, e ostacolato dall’implacabile ma onesto Zenigata, dovrà salvare la giovane Clarissa dalle grinfie del Conte di Cagliostro, interessato tanto a sposare in modo coercitivo la ragazza quanto a mettere le mani sul tesoro nascosto nel castello.

Il film vive di grandi scene d’azione che ancora oggi sono capaci di incantare lo spettatore, e ciò grazie al segno animato del maestro che già qui è completo, a livello narrativo, tematico e artistico.

La storia è un mirabile intreccio di cultura giapponese (come il mitico Goemon) e di miti occidentali, primo su tutti il Cary Grant di Caccia al ladro (1955), e il terribile Rupert, conte di Hentzau, nato dalla penna di Anthony Hope nel romanzo Il prigioniero di Zenda, e portato magistralmente sullo schermo da James Mason nel grande cult cinematografico del 1952 diretto da Richard Thorpe.

Lo stile del Castello di Cagliostro è ispirato dal castello reale del classico dell’animazione francese La Bergère et le Ramoneur del 1953, di Jacques Prévert e Paul Grimault, che fu successivamente rielaborato e ripubblicato nel 1980 da Grimault con il titolo Le roi et l’oiseau.

Un nuovo Lupin

Hayao Miyazaki aveva passato buona parte degli anni ‘70 a lavorare in televisione, insieme anche al suo maestro Isao Takahata, al personaggio di Lupin III.

Il ladro gentiluomo più famoso del mondo, nato nel 1967 dal mangaka Monkey Punch, incontrò per tutti gli anni ‘70 un successo costante. Furono realizzate ben due serie animate per oltre 170 episodi, e due lungometraggi molto diversi tra loro: questo di Miyazaki, e quello di Soji Yoshikawa uscito l’anno precedente con il titolo di Lupin III – La pietra della saggezza.

Quest’ultimo film era quello che più aderiva alla originale visione cinica e amorale del personaggio per come era stato pensato da Monkey Punch.

Miyazaki rese lo spietato e libertino criminale un ingenuo e romantico ladro gentiluomo, più interessato ad una certa poetica del suo lavoro e dei suoi ideali che al mero profitto conseguito sulla pelle di chiunque lo ostacoli.

Se il personaggio originale non esitava a ricorrere alla pistola per uccidere, a sedurre per i propri scopi le donne, e la sua ironia era più macabra e adulta, con Miyazaki il personaggio si fece bonario, spavaldo ma anche tenero, più bisognoso di avventure e del brivido del pericolo che di bottino e ricchezze. Questo smacco artistico Monkey Punch non lo perdonò mai a Miyazaki, complice il grande successo che questa versione del personaggio e il film stesso ebbero.

Fujiko Mine – Illustrazione di @fabiomalpelo

Opera controversa, o semplicemente d’autore

Quando un artista, titolo che si evince dai suoi lavori e non dalla sua spocchia, decide di rivisitare un’opera universalmente nota si arriverà allo scontro tra due schiere di fanatici: quelli dell’opera originale e del suo artista, e quelli del nuovo artista e della nuova versione dell’opera.

Lupin III e il castello di Cagliostro ha diviso molti spettatori. Alcuni erano troppo legati al mito implacabile, noir e violento del personaggio originale, altri invece erano troppo affascinati dal nuovo gusto per l’avventura e il romanticismo che aveva il personaggio per come era stato rivisitato da Miyazaki. C’è una romantica e nostalgica memoria professionale e personale che lega Lupin al paese di Cagliostro e a Clarissa. È un romanticismo ottocentesco, letterario, che vive della nuova poetica del personaggio di cui l’ha dotato Miyazaki.

Sarà questa la versione che gli spettatori delle nuove generazione conosceranno in molte serie e film successivi a questo, dove Lupin III sarà attirato più da sfide impossibili che da tesori inestimabili.

Tuttavia lo spettatore odierno è più conscio di questo processo artistico che invece all’epoca era motivo di scandalo (paradigmatica è l’annosa, e ancora mai risolta, questione su Shining tra King e Kubrick); può dunque godersi in tranquillità il personaggio pensato da Miyazaki per poi scoprire in altre serie o film nuove storie dove però si è tornati alla psicologia originale.

Particolarmente interessanti per approfondire questa versione ripristinata del ladro gentiluomo sono i lavori di Takeshi Koike, seriali (Lupin the Third – la donna chiamata Fujiko Mine) e cinematografici (Lupin the IIIrd – La lapide di Jigen Daisuke del 2014, Lupin the IIIrd – Ishikawa Goemon getto di sangue del 2017, e Lupin the IIIrd – La bugia di Mine Fujiko del 2019)

Lupin III, in breve

Film seminale per l’animazione di tutto il mondo, che ha segnato una svolta concettuale in un personaggio che è un’icona globale, e che ha lanciato Miyazaki nel novero dei più grandi registi di animazione della storia. Rivedetelo o recuperatelo, perché Lupin III e il castello di Cagliostro è un sublime pezzo di arte e di storia.

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Francesco Gianfelici
Classe 1999, e perennemente alla ricerca di storie. Mi muovo dalla musica al cinema, dal fumetto alla pittura, dalla letteratura al teatro. Nessun pregiudizio, nessun genere; le cose o piacciono o non piacciono, ma l’importante è farle. Da che sognavo di fare il regista sono finito invischiato in Lettere Moderne. Appartengo alla stirpe di quelli che scrivono sui taccuini, di quelli che si riempiono di idee in ogni momento e non vedono l’ora di scriverle, di quelli che sono ricettivi ad ogni nome che non conoscono e studiano, cercano, e non smettono di sognare.

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