Twilight, Eagle Pictures
Twilight, Eagle Pictures

Nel lontano 21 novembre 2008 (pochi giorni dopo il rilascio negli Stati Uniti), usciva in sala un film a cui non avremmo dato un pizzico di fiducia: a basso costo, con effetti speciali improbabili e alcune battute così stucchevoli da non togliersele più dalla testa, eppure siamo ancora qui a parlarne dopo 15 anni. Quel film era Twilight, diretto da Catherine Hardwicke e adattato dal primo romanzo della saga firmata da Stephenie Meyer (edito nel 2005).

Ne sono seguiti altri quattro film, tutti tratti dai romanzi; nel tempo hanno consolidato un seguito di fan affetti da necessità di guilty pleasure, a dispetto della critica, a dispetto di una lunga tradizione di bei film sui vampiri. Eppure Edward Cullen (Robert Pattinson) e Bella Swan (Kristen Stewart) hanno conquistato un vasto pubblico (anche di insospettabili), imparando con il tempo anche a recitare.

15 anni fa ci vergognavamo di ammetterlo

Ognuno ha visto Twilight al cinema per dei buoni motivi. Chi ci accompagnava la fidanzatina dell’epoca, chi aveva letto il libro, chi aveva seguito il consiglio di un’amica fissata con le storie di vampiri. Il pubblico del 2008 si trovò di fronte ad un brutto film, difficilmente salvabile: con una regia fuori posto, una fotografia da parodia e dei momenti romantici al limite del ridicolo. Eppure, funzionò.

Quelle motivazioni iniziali che ci avevano spinto a guardare Twilight cambiarono con l’uscita di New Moon (2009): sarebbe stato più esilarante del primo? Quali gag avrebbero messo in atto questi vampiri simpaticoni? Ma soprattutto, Bella ed Edward sarebbero rimasti insieme? Sì, perché la love story era passata attraverso la scarsa qualità come un succo d’arancia rosso sangue che lascia la sua polpa nello spremiagrumi, scivolandoci dentro, facendoci sognare quel matrimonio maldestro e il viaggio di nozze con i mostri.

Personalmente ho visto Twilight due volte al cinema (almeno 50 a casa): una con il mio ex e una con la mia ex migliore amica. Non che queste relazioni siano finite perché a loro non era piaciuto e a me sì, ma da quel momento il mix di teen movie, love story, tentativo dark e disperata voglia di cambiare vita da parte della protagonista mi conquistarono, e così li ho visti tutti, fino a Breaking Dawn – Parte 2.

Il successo ha portato nel tempo la saga ad acquistare un po’ più di consapevolezza tecnica. La storia ha ripreso passo passo i libri, e vorrei dirvi che quel senso di kitsch si è affievolito verso il gran finale, ma mentirei: per Breaking Dawn – Parte 1 fui quasi cacciata dal cinema per le mie risate scomposte.

Gli ingredienti del successo

Guilty pleasure o meno i dati parlano chiaro, Twilight confermò il successo che in molti non osavano pronunciare con i risultati al botteghino. Tutta la critica, ufficiale e non, che si era spesa per denigrare il film e considerarlo una meteora di cattivo gusto, ebbe un contro altare economico importante: con un budget di produzione di soli 37 milioni di dollari ne incassò oltre 390 milioni a livello globale.

In più per ogni appuntamento con la Twilight Saga il budget produttivo cresceva, e con lui la qualità di alcuni aspetti che erano stati sottovalutati inizialmente. La colonna sonora ad esempio diventò lo specchio ricercato e sofisticato di un momento di interessante fermento musicale all’inizio degli anni 2000, fermento che si sarebbe purtroppo fermato e cristallizzato lì. Se nella soundtrack di Twilight compaiono i Linkin Park, i Muse ma anche un paio di pezzi “biascicati” dallo stesso Pattinson, quella di New Moon vanta un Thom Yorke piacevolmente ispirato e anche Alexandre Desplat (Fantastic Mr. Fox, The Grand Budapest Hotel, The Shape of Water). Così in un’evoluzione continua la musica è diventata sempre più ricercata e sempre più iconica e riconoscibile come il sottofondo dell’amore tra i due piccioncini/vampiri/non morti (I have died everyday waiting for you).

Guardare The Twilight Saga oggi (con lacrimuccia)

L’ingenuità dei film su Bella ed Edward colpisce al cuore lasciando tutt’altro che indifferenti. Non importa se quelle prime lenti a contatto vennero acquistate su Amazon per due soldi, non importa se la scena in cui Bella muore e viene smozzicata da Edward per sopravvivere è un misto tra risate a crepapelle e trash sanguinolento. Guardare Twilight oggi è fare un salto nel passato, cercare ancora la risposta del perché non abbiamo potuto fare a meno di guardarlo (e riguardarlo).

Anche nel momento in cui la scrittrice, Stephenie Meyer, si infila prepotentemente in un paio di camei per fissarsi nella sua “creatura” (e Bella è ovviamente la proiezione riuscita dei suoi desideri più reconditi), non riusciamo a condannarlo, o perlomeno a spegnere la TV. Questo perché unisce tutta una serie di elementi di intrattenimento così rassicuranti (e scontati) da assolvere i suoi spettatori dal peccato di stare di fronte ad un film riprovevole. Troppo? Un film che è stato giudicato “un fallimento”, quando sta per uscire un cofanetto da collezione per l’anniversario che sicuramente andrà a ruba.

In più i due protagonisti, da acerbi adolescenti pallidi, hanno fatto strada ponderando bene le loro scelte seguenti in fatto di interpretazioni. Hanno finto (o forse no) una storia d’amore per le copertine di gossip, sono diventati due dei più promettenti attori di Hollywood. Lui sarà nel film Mickey 17, con la regia di Bong Joon-ho (2024), lei dopo Spencer di Pablo Larraín ha lavorato con David Cronenberg per Crimes of the Future (2022).

In breve

15 anni fa usciva Twilight al cinema, un film bruttarello che ci ha comunque incollato alle storie della famiglia Cullen e alle gelosie tra licantropi e vampiri per una ragazzetta che non era neanche questo granché. Non dovete vergognarvi se lo riguardate ogni volta che vi viene l’influenza e avete il cd con la colonna sonora in macchina: è il potere del guilty pleasure che ci rende consapevolmente addicted, anche se poi ci purifichiamo con il Nosferatu di Herzog.

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Silvia Pezzopane
Ho una passione smodata per i film in grado di cambiare la mia prospettiva, oltre ad una laurea al DAMS e un’intermittente frequentazione dei set in veste di costumista. Mi piace stare nel mezzo perché la teoria non esclude la pratica, e il cinema nella sua interezza merita un’occasione per emozionarci. Per questo credo fermamente che non abbia senso dividersi tra Il Settimo Sigillo e Dirty Dancing: tutto è danza, tutto è movimento. Amo le commedie romantiche anni ’90, il filone Queer, la poetica della cinematografia tedesca negli anni del muro. Sono attratta dalle dinamiche di genere nella narrazione, dal conflitto interiore che diventa scontro per immagini, dalle nuove frontiere scientifiche applicate all'intrattenimento. È fondamentale mostrare, e scriverne, ogni giorno come fosse una battaglia.

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