Twin Peaks. Lynch/Frost Productions
Twin Peaks. Lynch/Frost Productions

L’8 aprile 1990 andava in onda in anteprima su ABC il primo episodio di Twin Peaks, la rivoluzionaria serie televisiva di David Lynch (ideata con Mark Frost) destinata a diventare uno dei prodotti più interessanti e originali dell’intero panorama televisivo degli ultimi trent’anni. La serie andò in onda fino al 10 giugno 1991, con una prima stagione composta da otto episodi, e una seconda da ventidue. In Italia sarebbe stata trasmessa solo il 9 gennaio 1991, su Canale 5, con il titolo I segreti di Twin Peaks.

Twin Peaks arrivava per Lynch dopo cinque lungometraggi, tra cui The Elephant Man (1980) e Blue Velvet (1986), e lo avrebbe portato al sesto, Twin Peaks: Fire Walk with Me (1992), pensato come un prequel della serie e ispirato dal libro Il diario segreto di Laura Palmer, scritto da Jennifer Lynch, figlia del regista. Sebbene il film dedicato all’ultima settimana di vita della liceale Laura, trovata poi morta sulla spiaggia come oggetto di molteplici misteri, non fu un successo, la sua rivalutazione avvenne in seguito; a testimoniare l’incredibile seguito che Twin Peaks ha conquistato c’è Twin Peaks. Il ritorno, la terza stagione prodotta per Showtime e andata in onda nel 2017.

Interamente scritta da Frost e Lynch, è il sequel che in molti aspettavano: vede il ritorno di Kyle MacLachlan nel ruolo dell’agente speciale Dale Cooper, nonché di misteriosi sosia. Risolve tutti gli enigmi lanciati dalle stagioni precedenti? Non proprio, ma ci riporta in quel perturbante universo di suoni distorti, voci provenienti da altre dimensioni e strane presenze. Lynch firma anche il sound design, fondamentale per l’immersione totale nell’abisso visivo e sensoriale.

A trentaquattro anni da quel primo episodio Twin Peaks è ancora un punto di riferimento per tantissime serie TV che si approcciano al genere (basti pensare a True Detective), sebbene non tutti gli episodi siano completamente riusciti (a proposito della seconda stagione) e il sequel si prenda fin troppo gioco di noi (sto scherzando David, mi piace non capirci nulla quando guardo le tue opere), bastano tre note, un cartellone che dice Welcome to Twin Peaks, e subito ci ritroviamo invischiati nei misteri di una pacifica cittadina che cela belve e depravazione, sogni premonitori e urla disperate.

Badalamenti e la sua Twin Peaks

In Twin Peaks la musica è (quasi) tutto. Difficilmente si può dire il contrario, soprattutto perché la sigla, composta da Angelo Badalamenti (scomparso nel dicembre del 2022), è il primo passo che facciamo sull’inferno che si nasconde nella tranquilla località dello Stato di Washington, al confine con il Canada, in cui una mattina il cadavere impacchettato di Laura Palmer viene ritrovato in riva al fiume.

Il tema della serie è una versione strumentale della canzone Falling (che nella versione cantata da Julee Cruise ha il testo dello stesso Lynch). Come sigla introduttiva di una serie televisiva è molto più lunga del solito, e accompagnava una sequenza di immagini totalmente fuorvianti composta da scenari naturali alternati ad una falegnameria in funzione, apparentemente l’intro di una soap opera. Guardandola con più attenzione, di episodio in episodio, arriva l’inquietante avvertimento di un male che può nascondersi nei luoghi meno sospettabili, dove gli uccelli cinguettano e le ragazze indossano gonne fino al ginocchio.

Badalamenti iniziò a collaborare con Lynch nel 1986, e continuò fino al 2002 con Rabbits, la serie di cortometraggi del regista. In Mulholland Drive fa un piccolo cameo e per Twin Peaks Theme si aggiudica un Grammy e un Emmy. A lui si devono gli undici brani che compongono la colonna sonora della serie, compresa l’iconica Audrey’s Dance, dove Audrey Horne balla da sola mentre ascolta la canzone dal juke box del del Double R Diner.

Altro fondamentale personaggio femminile di Twin Peaks è proprio Audrey (Sherilyn Fenn), che in quella performance riesce ad interpretare la musica sognante di Badalamenti, galleggiando sulle note, liberandosi per qualche istante dell’opprimente quantità di segreti che vede quasi tutti gli abitanti vittime o colpevoli. Queste sono appunto le due anime della colonna sonora, la luce e l’ombra che si abbracciano per danzare insieme senza possibilità di separarsi.

Twin Peaks. Lynch/Frost Productions

Tutto ha inizio da Ronette Pulaski

Tutti ricordano il corpo di Laura (Sheryl Lee) nella plastica trasparente, in pochi invece ripensano a Ronette Pulaski (Phoebe Augustine), che fu rapita insieme a Laura. Anche lei studentessa della Twin Peaks High School, viene trovata stordita, sporca e con corde intorno ai polsi che vaga lungo un ponte oltre il confine di Stato, dopo essere stata testimone della morte della sua amica.

Con l’omicidio di Laura ha inizio un’indagine poliziesca, con il ritrovamento di Ronette lo spirito nero della cittadina inizia ad emergere sotto forma di ricordi deliranti, prostituzione di minorenni, omicidi. L’interrogatorio della ragazza in ospedale rivela ciò che si nascondeva dietro le apparenze di ragazza modello di Laura, il malessere che la affliggeva, portandola a vivere una vita segreta tra cocaina e sesso. Mentre Laura è ormai un fantasma che evoca visioni e viaggi onirici, Ronette è la sopravvissuta, il legame con il male che attraversa Twin Peaks come un morbo silenzioso.

Don’t go there sono le parole che Ronette continua a ripetere a Cooper, ma sono quelle a cui noi da trentaquattro anni non diamo ascolto. Se volete rivivere l’esperienza televisiva, proprio stasera il canale gratuito del gruppo Paramount PlutoTv, la trasmetterà in chiaro, dalle 22:00 alle 6:00 di domani.

Ronette Pulaski. Illustrazione di Cristiano Baricelli.

Continua a seguire FRAMED. Siamo anche su FacebookInstagram Telegram.

L’illustrazione originale è di Cristiano Baricelli, che ringraziamo. Qui il suo sito ufficiale.

Silvia Pezzopane
Ho una passione smodata per i film in grado di cambiare la mia prospettiva, oltre ad una laurea al DAMS e un’intermittente frequentazione dei set in veste di costumista. Mi piace stare nel mezzo perché la teoria non esclude la pratica, e il cinema nella sua interezza merita un’occasione per emozionarci. Per questo credo fermamente che non abbia senso dividersi tra Il Settimo Sigillo e Dirty Dancing: tutto è danza, tutto è movimento. Amo le commedie romantiche anni ’90, il filone Queer, la poetica della cinematografia tedesca negli anni del muro. Sono attratta dalle dinamiche di genere nella narrazione, dal conflitto interiore che diventa scontro per immagini, dalle nuove frontiere scientifiche applicate all'intrattenimento. È fondamentale mostrare, e scriverne, ogni giorno come fosse una battaglia.