Viva la notte di Francesco Zanatta
Viva la notte di Francesco Zanatta

Selezionato tra i sedici titoli del concorso, Viva la notte di Francesco Zanatta è un sortilegio visivo che si popola di fantasmi e presenze. Una musica scandita da un battito costante si disgrega nelle notti dei tape montati, traslati, fusi tra loro. Che tipo di magia opera sullo spettatore?

Immagini fluide in continuità

Zanatta crea un flusso visuale attingendo ad un insieme di video (esclusivamente amatoriali) in bassa definizione di notti tra i primi anni ’90 e i tardi ’00: sono immagini che documentano, attraverso materiali provenienti da fonti diverse, un periodo d’oro per le discoteche italiane e il ritratto di chi ha popolato quelle serate di musica e corpi in movimento.

Il progetto, iniziato nel 2020, ha un primo montaggio di due ore e mezza, che il regista ha ridotto, procedendo per sottrazione, arrivando a poco più di dieci minuti. Raccogliendo una serie registrazioni caricate da altri utenti e disseminate nel web, Viva la notte è un racconto cronologico da forte impatto estetico: recupera frame dimenticati, li fissa in un magma coinvolgente. L’effetto che sfrutta crea tra le immagini una sorta di scia, molto più persistente nella prima parte in cui provengono da VHS, un alone che amplifica il dinamismo, una presenza che fonde i corpi in modo quasi organico, è l’anima della notte che passa attraverso i volti, le braccia, le schiene, a volte definibili dallo sguardo, altre fuse in un tutt’uno.

L’effetto è una massa a tratti uniforme, una suggestione che acquista un ritmo intrinseco raccontando la vita notturna come in un sogno martellante che fa eco al battito del cuore e agisce su chi guarda come un incantesimo da quale è impossibile distogliere gli occhi.

Dialogo con l’autore: qualche domanda a Francesco Zanatta

Quanto è importante il concetto di conservazione nel processo creativo di Viva la notte?

Nel processo creativo di Viva la notte il concetto di conservazione riguarda il recupero di questi video che spesso sono in balia della rete e delle sue dinamiche per cui rischiano di perdersi e anche di venire cancellati per non essere più rivisti. L’archiviazione è stato il primo fondamentale passaggio al quale è seguito il montaggio e la risemantizzazione del materiale, che è un altro tipo di conservazione.

Perché proprio le immagini della vita notturna nelle discoteche? Per il forte potenziale estetico o perché ti interessava concentrarti su quel mondo in particolare?

Ho scelto questo tipo di video perché mi interessa e affascina molto questo mondo ma sicuramente anche per il forte potenziale estetico. Comunque penso che i due aspetti siano interconnessi: questo tipo di immagine non si può separare dal mondo da cui è stata generata, la sua forte carica estetica dipende da quella vita e quegli spazi. La notte è un luogo privilegiato e la discoteca amplifica le possibilità della notte come manifestazione altra del senso, quindi l’immagine che ne deriva è sempre carica di una serie di significati di cui non possiamo non tenere conto.

Proseguirai nel tuo lavoro portando avanti questa linea estetica, fatta di tempo, spazio, sovrapposizioni?

La pratica che sto portando avanti comprende spesso anche il found footage ma con Viva la notte ho fatto un lavoro diverso dal solito nella manipolazione del materiale. In quello che faccio comunque mi concentro molto sul tempo e la durata, sulle peculiarità dell’immagine e le potenzialità del montaggio. Non so di preciso dove mi porterà questa esperienza ma continuerò a sperimentare cercando sempre di sviluppare al meglio il mio sguardo.

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Silvia Pezzopane
Ho una passione smodata per i film in grado di cambiare la mia prospettiva, oltre ad una laurea al DAMS e un’intermittente frequentazione dei set in veste di costumista. Mi piace stare nel mezzo perché la teoria non esclude la pratica, e il cinema nella sua interezza merita un’occasione per emozionarci. Per questo credo fermamente che non abbia senso dividersi tra Il Settimo Sigillo e Dirty Dancing: tutto è danza, tutto è movimento. Amo le commedie romantiche anni ’90, il filone Queer, la poetica della cinematografia tedesca negli anni del muro. Sono attratta dalle dinamiche di genere nella narrazione, dal conflitto interiore che diventa scontro per immagini, dalle nuove frontiere scientifiche applicate all'intrattenimento. È fondamentale mostrare, e scriverne, ogni giorno come fosse una battaglia.

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