Carlo Verdone presenta Borotalco. Foto di Luigi Angelucci
Carlo Verdone presenta Borotalco. Foto di Luigi Angelucci

La penultima serata in piazza al Pesaro Film Festival 2023 regala ad un pubblico numerosissimo la proiezione di Borotalco di Carlo Verdone, ed è proprio il regista romano ad introdurla, raccontando la storia di quel film entrato ormai nell’immaginario ma non solo. Ricorda l’amico e attore Francesco Nuti, il rapporto con Alberto Sordi, il lavoro significativo con le grandi attrici dei suoi film. Si emoziona riportando gli spettatori un film che amano da sempre, grazie alle battute iconiche e ai personaggi come Manuel Fantoni.

La promessa di qualcosa di diverso

Borotalco esce nel 1982, dopo Un sacco bello (1980) e Bianco, rosso e Verdone (1981), è il primo film con un ruolo unico per Carlo Verdone, dopo i primi due in cui interpretava i suoi vari personaggi. Il film arriva dopo un periodo di incertezze sul futuro per il regista, “Se non ci fosse stato Borotalco, e se Borotalco non avesse avuto il successo che ha avuto, probabilmente non staremmo qua stasera a parlare“, afferma Verdone, rispondendo alla domanda della giornalista Barbara Sorrentini, con lui sul palco insieme al direttore artistico del Festival Pedro Armocida.

Dopo l’esordio (che si aggiudicò un David di Donatello, un Globo d’oro e un Nastro d’Argento), e una seconda prova di successo che ne confermo le capacità registiche e attoriali, il regista percepì un allontanamento da parte dei produttori che si misero in testa che avendo esaurito già tutti i personaggi in quei due film, non avrebbe avuto la capacità di poter affrontare un film con un personaggio unico, senza parrucche, senza trucchi.

In crisi completa, riflettendo anche sulla possibilità si tornare all’università dove si era laureato in lettere per poter iniziare a fare l’assistente al suo professore, dopo settimane di attesa ricevette una telefonata dal suo agente: Mario Cecchi Gori lo voleva incontrare per fargli firmare un contratto. Ad una condizione, che abbandonasse i personaggi. Fu un sogno che si avverava, alimentato dalla grande fiducia del produttore che credeva nel suo talento.

Come scrivere un film che diventerà un cult

Con l’aiuto di Enrico Oldoini, il bravissimo sceneggiatore scelto per il film (e purtroppo scomparso recentemente), in undici mesi venne scritto Borotalco. “Avevamo buttato idee su idee ma alla fine l’illuminazione: facciamo una storia d’amore di due mitomani, soprattutto lei, che possa rappresentare i colori, la musica, l’atmosfera degli anni ’80, attraverso una commedia degli equivoci, siamo partiti così e piano piano è nata la scrittura di Borotalco“, racconta Verdone, senza dimenticare la presenza di un cast perfetto, “un bel mosaico di attori” tra cui Eleonora Giorgi, Mario Brega, Christian De Sica, Angelo Infanti (scelto non seguendo il suggerimento dello sceneggiatore di chiamare Gassman), Isa Gallinelli. Senza dimenticare il grande omaggio a Lucio Dalla, il grande cantautore esploso in tutta la sua creatività, secondo il regista, proprio in quel periodo.

C’era tanta energia, tanta creatività, un bel cast. È nato questo film che mi ha dato soddisfazioni, successo, e che mi ha fatto sentire per la prima volta un attore che ce la poteva fare da solo pur non facendo i personaggi. Per questo è importante“, racconta Verdone, e infatti il film costituisce una lettura dei suoi tempi che ancora oggi diverte, fa pensare, lascia una sensazione di leggerezza che non si esaurisce con il passare dei decenni.

L’attenzione per il femminile e l’ottimismo di una promessa per il futuro

Borotalco nacque per rappresentare una speranza e un ottimismo che riflettessero un momento nuovo, arrivato dopo gli anni di piombo, un manifesto che mostrasse la luce all’orizzonte. Ci riuscì non solo grazie alla storia, “una nuvola candida, quasi un fotoromanzo“, come la definisce Verdone in relazione al titolo, ma anche per merito di una rappresentazione femminile complessa, figlia di una diversa concezione del femminile, più completa e interessante.

Quel periodo veniva dal femminismo, in cui la donna era molto cambiata. Se devo dare il meglio io devo sempre essere messo in difficoltà nei miei film, e chi meglio di una donna mi può mettere in difficoltà? Ho lavorato soprattutto con attrici, che ho esaltato, elevato. Vorrei essere ricordato come il regista che amava ed esaltava le sue attrici. E penso, fino adesso, di essersi riuscito“.

Come grande osservatore dell’apparato umano, Carlo Verdone ha captato con le sue opere le fragilità, le mancanze, i controsensi e i sentimenti dei suoi personaggi, senza tralasciare la poesia, su consiglio di suo padre, che dopo aver visto Borotalco gli disse che qualsiasi film avesse fatto dopo, quello sarebbe rimasto il suo preferito.

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Silvia Pezzopane
Ho una passione smodata per i film in grado di cambiare la mia prospettiva, oltre ad una laurea al DAMS e un’intermittente frequentazione dei set in veste di costumista. Mi piace stare nel mezzo perché la teoria non esclude la pratica, e il cinema nella sua interezza merita un’occasione per emozionarci. Per questo credo fermamente che non abbia senso dividersi tra Il Settimo Sigillo e Dirty Dancing: tutto è danza, tutto è movimento. Amo le commedie romantiche anni ’90, il filone Queer, la poetica della cinematografia tedesca negli anni del muro. Sono attratta dalle dinamiche di genere nella narrazione, dal conflitto interiore che diventa scontro per immagini, dalle nuove frontiere scientifiche applicate all'intrattenimento. È fondamentale mostrare, e scriverne, ogni giorno come fosse una battaglia.

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