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Far From the Tree (Natalie Nourigat, 2021) Disney All Rights Reserved

Far From the Tree è l’ultimo dei corti che, come da tradizione ormai, precedono la proiezione dei nuovi lungometraggi Disney. L’abbiamo trovato in sala prima di Encanto, film che segna anche il traguardo del 60° classico dei Walt Disney Studios (trovate qui la recensione).

Una storia di paure universali

La dolce storia, narrata in pochi minuti, ha come protagonisti tre procioni, tre generazioni, che per comodità indichiamo come due coppie madre-figlia. La trama è semplice: sulla spiaggia in cui i procioni trovano il cibo vive anche un predatore (un coyote, sembrerebbe), pericolosa e costante minaccia.

La prima madre, con una vistosa cicatrice sugli occhi, sa bene da cosa protegge la sua piccola, poiché è già riuscita a fuggire una volta, ferita ma viva. La sua paura diventa un muro di divieti, che proprio per questo spinge la piccola ad avventurarsi verso l’ignoto e a rimanerne ferita e terrorizzata a sua volta.

Nel secondo atto riconosciamo quello che prima era il cucciolo diventare a sua volta madre e ripetere con il suo cucciolo gli identici schemi di paura e divieto. A spezzare questo ciclo, tuttavia, è la stessa madre, che riconosce nei suoi rimproveri quelli a sua volta ricevuti e rivede nella delusione, nella tristezza e nel timore del suo piccolo le stesse emozioni da lei provate. Anziché reprimere qualsiasi istinto e curiosità del suo piccolo, allora, affronta il problema anziché evitarlo: mostra il coyote e insegna al cucciolo come evitarlo, senza rinunciare alla gioia delle esplorazioni.

Lontano dall’albero

È così che il titolo assume il suo doppio significato. Lontano dall’albero è, letteralmente, lo spirito di avventura, lontano dal rifugio (l’albero) su cui il coyote non ha potere. È tuttavia anche mezzo modo di dire: se la mela non cade lontano dall’albero, usare solo la seconda parte dell’espressione vuol dire proprio spezzare gli schemi del passato che fanno male al nostro presente.

Siamo sempre nell’ambito della favola antropomorfa, chiaramente: gli animali non parlano ma esprimono emozioni umane. E in questo caso ci parlano proprio degli schemi di genitorialità che spesso portiamo avanti per inerzia ma che, una volta che impariamo a conoscerci meglio, possiamo correggere secondo le vere necessità del momento.

Un corto ambizioso nonostante le apparenze

È un corto ambizioso, dunque, che sfocia anche nella psicologia della famiglia, elemento che lo accomuna al film con cui è stato accoppiato in sala, non a caso (Encanto). E che, sempre come Encanto, dal punto di vista tecnico rappresenta un ulteriore esempio di animazione mista che sperimenta qui per la prima volta anche la tecnica ad acquerello digitalizzata. Il tratto grafico di Far From the Tree sembra tornare alla vecchia animazione Disney, dà l’illusione della mano umana, ma in realtà è un grande esempio di avanzamento tecnologico.

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