Moonfall

I disastri veri (e involontari) dell’ultimo film di Ronald Emmerich

La trama

Gli astronauti Jocinda Fowler (Halle Berry), Brian Harper (Patrick Wilson) e Marcus, intenti a riparare un satellite in orbita lunare, vengono attaccati da un misterioso sciame nero. L’attacco uccide Marcus, costringendo i due superstiti a sospendere la missione e tornare sulla Terra. Harper chiede insistentemente un’indagine, ma la NASA liquida l’accaduto come errore umano, dando credito alla versione di Fowler.

Dieci anni dopo Harper è caduto in disgrazia e Fowler è salita di grado. Si ritrovano a lavorare assieme su una nuova emergenza: l’orbita lunare si è modificata fino a farla avvicinare pericolosamente alla Terra. Riusciranno a mettere da parte l’ostilità e a risolvere vecchi e nuovi enigmi? Li aiuterà K.C. Houseman (John Bradley), un cospirazionista le cui teorie sulla Luna apriranno scenari imprevedibili.

Retorica della catastrofe

Forte del record di film indipendente più costoso della storia, Moonfall contiene tutto quello che ci si aspetta da un disaster movie classico. Una minaccia immediata e colossale alla vita sulla Terra? C’è. Patriottismo e abnegazione? Ci sono. Sarcasmo testosteronico ottuso? Come piovesse. Complotti e documenti secretati? Citofonare Holdenfield (Donald Sutherland, che appare giusto il tempo necessario per annunciare, quasi sorridente, che il genere umano è più morituro del solito).

Basterebbe un’incertezza, un chiaroscuro, un passo falso, un riferimento ad Elon Musk di meno per rendere Moonfall un film più interessante. E invece tira dritto per la sua strada come se fossero gli anni ’90, impilando livelli di assurdità crescente con la convinzione granitica che azione, distruzione e product placement bastino da sole a giustificare 130 minuti di film. Anche se risponde al basilare bisogno umano di riprendere il controllo su un mondo incomprensibile e minaccioso, viene da chiedersi se non sia il caso di mandare in pensione un genere che, al confronto con la realtà, assomiglia sempre più ad una forma di intrattenimento puerile.

So bad it’s good, o bad e basta?

È difficile mettersi d’accordo su cosa sia un brutto film. Lo è ancor di più decidere se la sua bruttezza sia irredimibile, o se ci sia almeno qualche elemento che renda la visione involontariamente divertente. Moonfall è un caso particolare: prende molto sul serio la missione dei protagonisti, e l’impressionante dispiego di effetti visivi fa (quasi) passare in secondo piano una sceneggiatura zoppicante e dei dialoghi non particolarmente brillanti. Finché non arriva il momento in cui Harper, Fowler e Houseman scoprono contro cosa stanno davvero combattendo.

l’inadeguatezza dello spunto narrativo si palesa limpida e ci regala il primo attimo di sollievo dopo un’ora e mezza di tensione sostenuta. Da qui in poi la curiosità di sapere come va a finire viene sostituita dalla certezza che la vera catastrofe sia avere a disposizione un budget da 140 milioni di dollari e non riuscire a dargli un senso.

Lo speciale di approfondimento dell’Agenzia Spaziale Italiana

Moonfall può non essere un film riuscito, ma ha avuto almeno un effetto positivo: dare lo spunto all’ASI per un numero tematico di Global Science sulla storia e gli sviluppi futuri dell’esplorazione lunare. È una lettura interessante e accessibile, consultabile sul profilo ISSUU della rivista.

In breve

Moonfall è una visione consigliata in un numero limitatissimo di casi. Se sei fan di Roland Emmerich, se ti piacciono gli effettoni specialoni, se hai un paio d’ore da perdere e nessun’altra opzione ricreativa praticabile. Rientrare in tutte e tre le categorie è l’unico modo per massimizzare l’esperienza. In tutti gli altri casi, a pensarci bene, non faticherai a trovare modi migliori per passare il tempo.

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