The Whale Venezia 79
Brendan Fraser in “The Whale”

Una sola stanza, un protagonista reietto e una storia d’amore e di liberazione da raccontare. Sono queste le premesse che Darren Aronofsky pone nel presentare in Concorso a Venezia 79 la sua ultima fatica, The Whale. Un racconto sull’amore mascherato dalla sofferenza e dall’insoddisfazione del vivere intrappolati in un corpo che fa solo da tramite verso una vita ultraterrena, che il protagonista aspetta impaziente. Con Brendan Fraser, Sadie Sink, Samantha Morton, Hong Chau e Ty Simpkins, e tratto dall’opera teatrale di Samuel D. Hunter, The Whale è un racconto da scoprire e assaporare con occhi e cuore.

The Whale è la rinascita di Brendan Fraser 

Darren Aronofsky colpisce ancora. Se nel 2002 era toccato a Mickey Rourke con il film The Wrestler, questa volta la scelta è ricaduta sull’attore icona degli anni ’90 e primi anni 2000, Brendan Fraser. Aronofsky ripesca così uno dei volti più amati e iconici di Hollywood rimasto in sordina per molti anni, donandogli una nuova luce che, in questo caso, non fa altro che splendere. Fraser interpreta Charlie, docente del corso universitario online di scrittura creativa. Un uomo che appartiene alla cosiddetta categoria dei reietti, essendo omossessuale, ripudiato dalla famiglia che ha con lui rapporti ostili, ma soprattutto obeso.

Charlie vive in una costante reclusione forzata, come se dovesse espiare un peccato che in realtà non esiste se non nella sua mente, ormai divorata da rimpianti che si porta con sé da anni. Un uomo prigioniero del suo stesso corpo, un corpo che lo costringe a vivere ogni giornata come un’altra, costretto sul divano e non riuscendo praticamente a muoversi se non per brevissimi tratti. Un corpo logoro di una vita che Charlie non considera più sua. Sta morendo – e questo lui lo sa bene – decidendo di arrendersi a un destino che sembra inesorabile. Il corpo viene così oggettificato in favore di una narrazione sporca e veritiera, impostata sulla ricerca di redenzione e liberazione da parte del protagonista.

Quando solo l’arte è in grado di salvarci

In The Whale importantissimo è lo spazio che un’altra protagonista quasi impercettibile si prende. Sto parlando dell’arte della letteratura. Charlie è docente di scrittura creativa e quello che nell’ultimo periodo è riuscito a fare, è stato trovare consolazione nella correzione delle tesine e dei saggi dei suoi studenti. Ecco, quindi, che la letteratura assume una funzione salvifica e necessaria alla mente del protagonista, ormai lacerata da pensieri intrusivi e istinti compulsivi. Un ruolo di calmante naturale ed essenziale che Charlie utilizza contro quello che ormai è diventato la sua personale macchina distruttiva: il corpo.

Sottolineato dal titolo e già dalla prima sequenza del lungometraggio, è l’importante legame che Charlie ha con un’opera in particolare. Si tratta di Moby Dick di Herman Melville. La balena protagonista del libro, nel lungometraggio si tramuta in una metafora per indicare la vita e le condizioni in cui versa il protagonista. È importante dire che questo è un legame sottolineato anche da lui stesso, che vede la balena ormai insalvabile e padrona di una vita che non le appartiene, assolutamente non meritevole di vivere. Una personificazione dettata dalla disperazione e ulteriore segno di un sacrificio estremo che Charlie compie nel corso della narrazione.

La cura dell’anima

Quello che Charlie desidera fare negli ultimi giorni della sua vita è una cura totale. Ecco così che le sequenze – impostate come se fossero una pièce teatrale – diventano il palcoscenico del riallacciamento di rapporti umani tra Charlie e coloro che per vari motivi lo avevano abbandonato. Nella sua quotidianità – mostrata interamente – ecco che si uniscono al racconto anche personaggi secondari che partecipano involontariamente alla cura dell’anima che Charlie si è prefissato.

Liz (Hong Chau), unica amica e infermiera personale di Charlie, che quotidianamente detta un quadro clinico in costante peggioramento; Thomas (Ty Simpkins), un giovane predicatore convinto di inculcare nella mente di Charlie nozioni su una possibile salvezza dell’anima, ed Ellie (Sadie Sink), sua figlia. Abbandonata da lui quando la ragazza aveva appena otto anni per inseguire l’amore della sua vita, il rapporto con Ellie è quello più turbolento e più complicato che Charlie ha. 

The Whale condensa in una sola stanza una narrazione ben lontana dal baratro della monotonia in cui potrebbe rischiare di cadere. Una storia d’amore, di paternità, di cura e di assoluzione trasposta sul grande schermo con una regia intrisa di significato e tipica di Aronofsky, colorita dall’aggiunta di musiche perturbanti e da una scenografia che riflette animo e corpo del suo protagonista.

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Rebecca Fulgosi
Mi chiamo Rebecca, classe 2000 e ho una passione smisurata per il mondo della settima arte. Studio alla facoltà di Beni Culturali con il sogno di diventare critica cinematografica, perché guardare film è una delle cose che mi riesce meglio. Il mio genere preferito è L’horror insieme ai cinecomic di cui sono appassionata sin da piccola. Tra i miei film preferiti: "La La Land", C’era una volta a ...Hollywood", "A Star is Born", "Jojo Rabbit" e "Titanic". Le mie serie preferite, "American Horror Story" e "La casa di carta".

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