Yellowjackets

Lo si capisce dai primi secondi della sigla: Yellowjackets non è una serie per chi preferisce evitare di lasciarsi trascinare da torbidi gorghi psicologici (pieni di ossa spezzate). Ve lo sognerete la notte (e ad occhi aperti), certe immagini non vi si toglieranno più dalla testa, come il residuo di un incubo spaventoso avuto nel dormiveglia. Yellowjackets è grunge e spietata, racconta di un gruppo di ragazze, vittime di un terribile incidente, dal quale è impossibile tornare indietro.

No return, no return, no reason

Craig Wedren, Anna Waronker. Sigla iniziale di Yellowjackets

L’incidente

Passato e presente, è il titolo del primo di 10 episodi. Il passato è il 1996, il presente il 2021. Sono separati dall’evento più devastante che la squadra liceale di calcio femminile delle Yellowjackets potesse immaginare: mentre si recano a Seattle per un torneo nazionale il loro aereo si schianta accartocciandosi nei meandri di un luogo indefinito e privo di tracce umane. Per 19 mesi le ragazze rimangono bloccate in un inferno incontaminato pieno di difficoltà, ma ciò che è peggio è che l’evento non smette di stuzzicare la curiosità di chi non ha mai capito cosa è successo in quei mesi. Cannibalismo? Sacrifici umani? Primordiali meccanismi di sopravvivenza? Nessuno conosce la verità se non chi è riuscito a tornare.

Nel 2021 Shauna (Melanie Lynskey), una delle sopravvissute, viene avvicinata da una giornalista per raccontarsi senza segreti, e non è l’unica ad attirare questo tipo di attenzioni. Il fatto che sia sopravvissuta (e non è l’unica) senza raccontare mai i dettagli dell’esperienza traumatica inizia a proiettarci in un ventaglio caleidoscopico di possibilità inconfessabili. E l’incidente ha sconvolto le vite di tutte le persone coinvolte, compresi l’allenatore, i suoi due figli e il suo assistente, tutti vittime insieme alla squadra.

Nel cast del presente Christina Ricci, la magnifica e perturbante Juliette Lewis e Tawny Cypress.

La vera essenza (primordiale)

Mai lasciare un gruppo di ragazze adolescenti piene di risentimenti ed emozioni contrastanti chiuse in una stanza, figuriamoci se la loro prigione diventa un luogo dal quale è impossibile contattare soccorsi. Non c’è cibo (a meno che qualcuno non imbracci un fucile), la natura selvaggia si sostituisce alla comodità delle loro vite piene di sicurezze sottovalutate. E tutte le bugie raccontate prima dello schianto si infrangono, nella violenza di uno scontro continuo tutto al femminile.

La vera essenza primordiale dei personaggi si manifesta finalmente fuori da un contesto civilizzato: le Yellowjackets sono libere da qualsiasi regola civile, sono inquiete, non sanno se il loro destino sarà la morte o qualcosa di peggio.

I creatori Ashley Lyle e Bart Nickerson spingono l’intero intrattenimento in una situazione costantemente tesa di suspense ed horror psicologico, senza sbilanciarsi mai. In molti momenti non riusciamo a distinguere tra immaginazione e realtà, proprio come le ragazze, soprattutto le superstiti di 25 anni dopo, ognuna impegnata in un’insoddisfacente vita comune, dopo aver assaporato il gusto del sangue e la paura di superare il limite.

La violenza mediata da un campo da calcio e dall’imposizione delle apparenze va totalmente in fumo, e come in un branco la scelta del leader è fondamentale, le dinamiche tribali si scontrano con ciò che le ragazze avevano imparato nel mondo civile. Tutto è irrisorio, quando si combatte per sopravvivere. Lupi, fame, fantasmi: ogni pericolo contribuisce a minare la loro salute fisica e mentale.

Yellowjackets, Now TV

Qualcosa di sporchissimo e orrorifico

Yellowjackets smuove una serie di torbide considerazioni, da quella sigla così simile ad un videoclip anni ’90, ma anche così realistica come se fosse un tape registrato per gioco ad una festa alcolica tra amiche, si capisce che il racconto ha molto più di ciò che viene mostrato. La verità più spaventosa la si deve grattare via dalle immagini più sporche e scorgere in quelle in cui non si distinguono le forme.

Nonostante il dramma effettivo, un aereo schiantato e l’isolamento totale, a farci correre un brivido lungo la schiena sono le protagoniste, quello di cui potrebbero essere capaci. Animalesche e senza paura, lentamente non avranno più nulla in comune con il punto di partenza. Quel dialogo continuo tra passato e presente diventa la gabbia narrativa in cui accettiamo di stare, avendo un pezzettino dopo l’altro, quella verità spaventosa che bramiamo dall’inizio.

Oh, so cute, so revival, so alone

Birthday suit, just a smile, no one home

Craig Wedren, Anna Waronker. Sigla iniziale di Yellowjackets
Yellowjackets, Now TV

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Silvia Pezzopane
Ho una passione smodata per i film in grado di cambiare la mia prospettiva, oltre ad una laurea al DAMS e un’intermittente frequentazione dei set in veste di costumista. Mi piace stare nel mezzo perché la teoria non esclude la pratica, e il cinema nella sua interezza merita un’occasione per emozionarci. Per questo credo fermamente che non abbia senso dividersi tra Il Settimo Sigillo e Dirty Dancing: tutto è danza, tutto è movimento. Amo le commedie romantiche anni ’90, il filone Queer, la poetica della cinematografia tedesca negli anni del muro. Sono attratta dalle dinamiche di genere nella narrazione, dal conflitto interiore che diventa scontro per immagini, dalle nuove frontiere scientifiche applicate all'intrattenimento. È fondamentale mostrare, e scriverne, ogni giorno come fosse una battaglia.

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