Z - L'orgia del potere (Z) diretto da Costa-Gavras. Panta Cinematografica
Z - L'orgia del potere (Z) diretto da Costa-Gavras. Panta Cinematografica

Uscito il 26 febbraio 1969, ormai 55 anni fa, Z (Z – L’orgia del potere) di Costa-Gavras è diventato una pietra miliare del cinema storico politico: mentre gli eventi narrati nel film sono la Storia, è l’opera cinematografica ad essere politica.

Adattato dall’omonimo romanzo del grande scrittore greco Vassilis Vassilikos, che ci ha lasciato a 90 anni lo scorso 30 novembre, Z racconta in maniera paradigmatica le vicende legate all’assassinio nel 1963 del deputato liberale Gregoris Lambrakis a Salonicco, Grecia.

E così fu ucciso un uomo

In un paese non specificato, il partito d’opposizione del governo corrotto e nazionalista deve tenere un incontro pacifista e antinucleare in una città del nord. L’uomo atteso per l’evento è un onesto deputato senza nome (Yves Montand), il cui partito è però ostacolato nei suoi movimenti dalle forze dell’ordine.

Durante la notte dell’incontro il deputato viene assassinato da due violenti ubriachi, Vago (Marcel Bozzuffi) e Yago (Renato Salvatori); la vicenda viene subito registrata come incidente accidentale. Il procuratore generale (François Périer) e il generale della gendarmeria (Pierre Dux), affidano il caso ad un onesto e incorruttibile giudice istruttore (Jean-Louis Trintignant). L’incidente si rivelerà essere solo l’apice di un complotto omicida ordito dagli alti vertici militari che vogliono frenare ogni “malattia comunista” nel paese: saranno il giudice e un fotoreporter (Jacques Perrin) a impegnarsi per svelare l’intricata vicenda.

Mi hanno colpito. Perché? Perché le idee che difendiamo provocano una tale violenza? Perché l’idea della pace per loro è intollerabile? Perché non attaccano altre organizzazioni e movimenti? La risposta è semplice. Gli altri movimenti sono puramente nazionali, ad uso interno, e lasciano indifferenti i nostri alleati.

il deputato (Yves Montand)

I giorni in cui il mondo fu scosso

Girato nell’Algeria indipendente, dove nel 1966 Gillo Pontecorvo aveva girato La battaglia di Algeri, essa rispecchiava come giovane paese lo spirito di libertà del film stesso. Oltre a ciò, Costa-Gavras e i finanziatori si scontrarono contro le case di produzione francesi e americane a causa della natura politica e accusatoria delle sceneggiatura.

Pur essendo evidente che gli eventi narrati nel film raccontino i giorni della morte di Lambrakis e l’inizio della dittatura greca di quegli anni, proprio come il romanzo di Vassilikos, il film cancella i nomi geografici, dello stato e delle città, e i nomi dei personaggi, identificandoli quasi tutti per professione.

L’attore Jacques Perrin, anche produttore, convinse una società algerina a co-produrre Z, e con il supporto finanziario del distributore italiano Hercule Mucchielli di Valoria Films, il film fu pronto. Pur essendo venuto alla luce come “un miracolo senza possibili ricavi”, il successo di pubblico e critica fu eccezionale. Z chiuse una stagione del Cinema e della Storia, segnando inequivocabilmente entrambi gli ambiti per sempre.

La grandezza estetica di un’opera politica

Nelle intenzioni del regista, Z doveva sondare i meccanismi del crimine politico, mostrando il funzionamento interno di una cospirazione.

Costa-Gavras e Jorge Semprún, autore della sceneggiatura del capolavoro di Alain Resnais del 1966 La guerra è finita e dissidente del governa franchista (nonché attivo membro della resistenza francese durante l’occupazione nazista), intendevano “lanciare un coraggioso appello alla libertà e alla dignità umana su scala internazionale“. La loro sceneggiatura, pur appoggiandosi al meraviglioso libro-documentario di Vassilis Vassilikos, è forte di un brutale potere evocativo.

Il direttore della fotografia Raoul Coutard, già collaboratore di Godard e di altri maestri della Nouvelle Vague, diede un abile taglio documentaristico al film, non per ragioni economiche ma stilistiche. Le scene di violenza del film divennero così emblematiche e tristemente destinate a fagocitare il reale.

La sequenza notturna dell’omicidio in particolare, ha una potenza politica inaudita anche grazie al montaggio, frenetico e aggressivo quanto l’evento che si consuma al centro della piazza. Un momento iconico, i cui fotogrammi vanno a comporre un ciclo pittorico di inaudita potenza estetica, immortalata dalle mani del deputato strette attorno al capo; una forza estetica visiva e acustica. Dal discorso che tiene poco prima del suo assassinio traspare il ruolo della Grecia come campo di battaglia ideologico per l’Oriente e l’Occidente in lotta; il paese divenne, a causa del suo cruciale ruolo politico e geografico, un silenzioso martire della libertà civile e politica durante la Guerra Fredda. Tutto questo nel film si respira, si intravede all’ombra del Potere che ordisce la morte del deputato.

Il carisma di Yves Montand, abilmente dosato tra sguardi e parole, nelle scene precedenti la sua morte sembra riflettere la triste fine che lo aspetta, aggiungendovi non solo una spaventosa intensità emotiva ma anche un forte elemento messianico.

Nelle parole del regista, il suo deputato più che un personaggio è una figura, una figura politica assassinata da una nuova linea politica, e come ci ricorda Costa-Gavras “gli assassinati hanno sempre ragione”. Nonostante la piccola parte, il suo anche a distanza di anni sembra il ruolo principale del film.

I volti della verità e del dolore

Contro la comicità dei militari dalla mente ristretta, ossessionati dal pericolo per i loro astratti e repressivi sistemi, contro questi grotteschi impiegati dalle mani lorde di sangue innocente, due uomini si levano seriamente e meticolosamente a denunciarne i misfatti, il giudice e il fotoreporter.

Una donna, una figura più solitaria, emblema della Grecia ferita e brutalizzata, rimane sullo sfondo, incarnando però meglio di tutti la portata tragica di quegli eventi. La moglie del deputato, interpretata da Irene Papas, unica attrice greca del film, brucia di odio e sofferenza per quelle persone che le hanno ucciso il marito, e con lui tutti i suoi onesti ideali.

Jean-Louis Trintignant, prix d’interprétation masculine al Festival di Cannes, compone un giudice che investiga il complotto contro il deputato, proprio come fece il personaggio su cui è basato, il magistrato Christos Sartzetakis. I suoi occhi azzurri, arroccati dietro un volto granitico e un grande paio di occhiali, scrutano in modo sereno e ieratico la corruzione e la falsità dei testimoni, incalzandoli tutti con argute domande e osservazioni, giocando le sue proverbiali carte con estrema attenzione e intelligenza

Più emotivo, irriverente e adrenalinico è il fotoreporter di Jacques Perrin, che indaga per gloria personale ma anche con profondo senso del dovere. Il suo giornalista è una figura emblematica della stampa che non serve i potenti ma la verità; in quell’anno la Grecia era, come ci dice l’autore del libro, un paese dove non esisteva più la stampa ma solo la polizia, paradigma dell’intero mondo che lottava contro le volontà restauratrici e fasciste esportate dagli Stati Uniti.

L’eroe che protegge un’ideale

Oltre a menzionare scrittore e regista, bisogna dedicare qualche riga al compositore delle musiche del film. Mikis Theodorakis, autore di una colonna sonora minimale e ossessionante per Z, fu il primo segretario dell’organizzazione della Gioventù Democratica di Lambrakis, movimento nato per tenere in vita l’eredità e illuminare la memoria dell’uomo che era diventato il simbolo nazionale della democrazia.

Compositore anche della colonna sonora di un altro film sulla Grecia, Zorba il Greco (1964) di Michael Cacoyannis, e dunque della celebre melodia nota come Sirtaki, fu incarcerato e torturato durante il regime fascista dei colonnelli, al suo ritorno in patria fu acclamato come un eroe, il simbolo della sinistra nazionale che non era stata piegata o sradicata durante i giorni bui della dittatura. La sua musica era stata vietata dal regime, e il musicista viveva in uno stato di sorveglianza e isolamento, ma riuscì, tramite la moglie, a comunicare con il regista e i produttori e a fargli arrivare il suo lavoro.

La Storia giocò abilmente con la finzione, era non dichiarato ma implicito che alla fine della lista delle cose proibite del regime, oltre la musica di Theodorakis, c’erano sia il libro di Vassilikos che il film di Costa-Gavras. Tutta l’opera era dunque un’epitome dei valori rigettati e censurati dal governo fascista.

Il peso di una testimonianza

Il film uscì in un periodo storico bollente. Erano gli anni della Primavera di Praga, dei morti di Derry che diedero inizio al periodo noto come The Troubles, del Maggio Francese, dell’offensiva del Tet durante la guerra del Vietnam a cui seguirono calorose proteste negli Stati Uniti, dell’assassinio di Martin Luther King Jr. e quello di Robert Kennedy.

E proprio le grandi figure politiche assassinate in quegli anni rivivono nei fatti narrati nel film: il congolese Patrice Lumumba, Enrico Mattei, John Fitzgerald Kennedy, Malcolm X, e soprattutto il marocchino Ben Barka, la cui triste vicenda colpì molto il regista, tanto da parlare del suo omicidio nel ‘65 a Parigi come di un evento parallelo a quello di Lambrakis del ‘63.

Come parabola politica, Z è una rappresentazione dell’estremismo politico generale durante la Guerra Fredda. Le violente spaccature nazionaliste tra le polarità di destra e sinistra potevano verificarsi quasi ovunque in quei giorni, non solo in regimi totalitari come in Sud America, ma anche in nazioni liberali.

L’ambiguità sull’effettivo Paese in cui si ambienta Z lo trasforma deliberatamente in una nazione qualsiasi, stretta tra la promozione di due nazionalismi inconciliabili, uno conservatore e corrotto, fieramente manovrato da una potenza estera per i propri scopi, e uno progressista, teso a combattere ogni imperialismo estero, oppositore dell’atomica come spada di Damocle sul mondo intero.

Ma fu la pax americana, frutto delle iniziative di contenimento del comunismo, a stendere un’ombra dolente su quei giorni del mondo. La Grecia era la porta d’accesso alla rivoluzione comunista nel bacino mediterraneo, e come tale fu presidiata da statunitensi e militari.

Costa-Gavras definì Z come “un evento non unico, ma che si verifica […] ovunque i potenti attacchino le libertà essenziali di una persona” (traduzione dall’intervista Entretien Avec Costa-Gavras con Yvonne Baby pubblicata su Le Monde, in The films of Costa-GavrasNew perspectives di Homer B. Pettey, Manchester University Press)

Un appello al presente

Non che io voglia strumentalizzare il film, vorrei semmai renderlo ancora più vivo, immortale se possibile. Se tacessi il potere di questo film oggi, in queste ore oscure che dobbiamo affrontare come Stato e popolo, dimostrerei di non capire il potere effettivo del cinema, tanto utile per scappare dal mondo, ma anche per denunciare la realtà stessa. Perché il valore che nasconde quella lettera, è un simbolo di fiera memoria oppositrice, che voglio omaggiare, alla sanguinaria tirannia fascista.

Z è un film senza eguali, perché la sua stessa immortalità è stata garantita dal corso degli eventi storici, da quel maledetto golpe fascista in Grecia fino ai nostri giorni, all’omicidio di Alexei Navalny e all’aggressione ai manifestanti di Pisa del 23 febbraio scorso.

Z è un film attuale quanto il più triste dei notiziari odierni, ma artisticamente scolpito sulla pellicola: è l’arte che sfida la realtà, la denuncia, la incolpa, e invita le masse a rialzare fieramente la testa in nome della libertà. Z è un film che oggi va visto a tutti costi.

I colonnelli erano appena saliti al potere in Grecia, rovesciando la democrazia. Realizzare Z è stato il mio modo di protestare

Costa-Gavras

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Francesco Gianfelici
Classe 1999, e perennemente alla ricerca di storie. Mi muovo dalla musica al cinema, dal fumetto alla pittura, dalla letteratura al teatro. Nessun pregiudizio, nessun genere; le cose o piacciono o non piacciono, ma l’importante è farle. Da che sognavo di fare il regista sono finito invischiato in Lettere Moderne. Appartengo alla stirpe di quelli che scrivono sui taccuini, di quelli che si riempiono di idee in ogni momento e non vedono l’ora di scriverle, di quelli che sono ricettivi ad ogni nome che non conoscono e studiano, cercano, e non smettono di sognare.

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