BEEF
Cr. Courtesy of Netflix © 2022

Sapete cosa significa spiraling? Perché è la parola chiave che serve per capire e apprezzare una serie come BEEF. Spiraling, ossia muoversi secondo l’andamento di una spirale, ha un altro significato quasi intraducibile, ossia farsi risucchiare da un pensiero in maniera ossessiva, fino a caderci dentro.

È quel che accade a Danny (Steven Yeun) e Amy (Ali Wong), che dopo un piccolo incidente stradale si fanno possedere da una rabbia e da un desiderio di vendetta l’uno contro l’altra che prescinde dalla razionalità e diventa subito qualcosa di più, un’attrazione ostile, ossimorica, fuori controllo, radicata in qualcosa di più profondo.

BEEF – Lo scontro è appunto la storia di un beefing, di un litigio violento che non accenna a rallentare ma che invece diventa sempre più intenso, fino a non riuscire più a rintracciare una coerenza o una misura tra azione e reazione. Da un clacson suonato troppo a lungo si arriva a una violenta home invasion con un andamento sempre più rapido e sempre più cupo.

Non è quello che speravate? Potrebbe essere comunque già una delle serie migliori del 2023.

Un esperimento A24

I dieci episodi originali Netflix sono co-prodotti da A24, che ha trionfato quest’anno agli Oscar con Everything Everywhere All at Once e ricalcano un tema essenziale del film: l’esperienza degli Asian-American di seconda generazione e le pressioni sociali imposte dal contesto, ma soprattutto dai genitori immigrati.

Lo scontro fra Danny e Amy non è altro che il pretesto per portare in superficie il malessere dei due protagonisti, rivelandoli poco a poco, strato per strato, fino a scoprire anche i lati più oscuri. Nel corso degli episodi quasi lo si dimentica, ma la morte è al centro fin dai primi minuti: dalle griglie di Danny alla pistola di Amy e lì rimane, presenza fissa e costante, a dettare l’umore dell’intera visione, nonostante il tono comico della superficie.

Beef Cr. Courtesy of Netflix © 2023
Cr. Courtesy of Netflix © 2023

Un grande mossa, da questo punto di vista, è stata quella di affiancare la figura di Ali Wong, nota soprattutto per una comicità senza filtri, spesso incentrata sul sesso e sul denaro, a Steven Yeun, volto di un certo cinema indipendente e intenso (Minari, Nope). Intorno, un cast quasi interamente di origine asiatica in cui spicca soprattutto Young Mazino.

Wong è capace, dietro i sorrisi forzati, di far trasparire quello stato d’animo che poi nell’ultimo episodio la sua Amy riesce a verbalizzare come un “non sentirsi mai a casa e quindi chiudersi sempre più in sé”. Amy non è mai sincera, con nessuno, nemmeno con marito e figlia. Si nasconde, vergognandosi delle sue debolezze, della sua vulnerabilità, della sua umanità complessa. La rabbia che all’improvviso prova per Danny è l’unica valvola di sfogo con cui, senza volerlo, si riconnette con se stessa.

La recitazione di Yeun, d’altra parte, permette di empatizzare con un personaggio sempre più negativo, erroneamente giudicato all’inizio come “un cuore buono”, ma da cui comunque è impossibile prendere del tutto le distanze.

Entrambi sono spezzati e nei loro pezzi sconnessi è facile riconoscersi, a volte anche commuoversi.

Una narrazione su più livelli

Oltre l’estetica (più cinematografica che televisiva, attenta soprattutto alla fotografia), oltre la scrittura precisa e puntuale – a patto di riconoscere nell’accelerazione esponenziale degli eventi della seconda metà una scelta di stile – ci sono due dettagli in particolare che rendono interessante la struttura della serie: i titoli e i brani musicali, spesso sui titoli di coda.

All’inizio e alla fine di ogni episodio, cioè, esiste un elemento narrativo che arricchisce e stratifica il racconto.

Di brani ne ricordiamo almeno due: The Reason di Hoobstank, alla fine del primo episodio, e Drive degli Incubus, cantata da Steven Yeun. Il testo stesso delle canzoni aggiunge senso alle storie dei personaggi.

Per i titoli, invece, vale la pena fare un breve elenco. Ognuno di essi anticipa qualcosa dell’episodio a cui fa riferimento o ne sintetizza temi e atmosfere.

Il significato dietro i titoli degli episodi di BEEF

The birds don’t song, they screech in pain è una citazione da Burden of dreams di Werner Herzog (1982).

The rapture of being alive è tratto dal volume The Power of Myth di Joseph Campbell.

I am inhabited by a cry è un verso della poesia Elm di Sylvia Plath.

Just not all at the same time è una celebre citazione dell’autrice femminista Betty Friedan, che durante una conferenza disse che sì, una donna può avere tutto, ma non tutto allo stesso tempo.

Such inward creatures è una citazione da The sea, the sea dell’autrice Iris Murdoch.

We draw a magic circle è una citazione di Ingmar Bergman, precisamente del film Come in uno specchio (1961): We draw a magic circle and shut out everything that doesn’t agree with our secret games.

I am a cage cita Franz Kafka che diceva: Sono una gabbia in cerca di un uccello.

The drama of original choice è in vece un passaggio di Per una morale dell’ambiguità di Simone de Beauvoir.

The Great Fabricator cita un passaggio di Simone Weil (Attachment is the great fabricator of illusions).

Figures of light infine è un’espressione di Carl Jung: One does not become enlightened by imagining figures of light but by making the darkness conscious (Non ci si illumina immaginando figure di luce ma rendendo consapevole il buio).

In breve

BEEF – Lo Scontro è un esperimento narrativo A24-Netflix che riporta la piattaforma verso i contenuti di nicchia di qualche anno fa, sulla scia di Uncut Gems (Josh e Benny Safdie, 2019). Non è una serie da guardare a cuor leggero, anche se si presta molto al binge-watching.

Riesce a toccare con grazia e delicatezza temi come il suicidio e la depressione, al tempo stesso riesce a costruirvi sopra una narrazione imprevedibile, esilarante, a tratti illogica ma non per questo meno interessante.

È la rappresentazione forse migliore degli ultimi anni della rabbia come emozione “complessa”, stratificata, necessaria e eppure pericolosa, quando è totalizzante e non permette di sentire o provare altro.

Abbandonatevi a questa spirale, ma fatelo con cautela: BEEF saprà colpirvi nel vostro punto più vulnerabile, se glielo permetterete.

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