Fosse/Verdon

La storia professionale e sentimentale di Bob Fosse e Gwen Verdon è su Disney+ già dal 16 aprile 2021. La miniserie basata sulla biografia Fosse di Sam Wasson e rilasciata nel 2019 vi racconterà tutto sul loro genio e sul loro rapporto.

L’informazione bissa l’opera

La miniserie diretta da Thomas Kail (regista di musical a Broadway come In The Heights ed Hamilton) si apre poco prima della morte di Fosse (Sam Rockwell), coreografo e regista, a Washington D.C. nel 1987. Siamo alla sera della prima del tour nazionale del revival di Sweet Charity. La cornice narrativa saranno appunto questi ultimi momenti. La storia inizia dal suo debutto alla regia con Sweet Charity (1969, basato sulla pellicola felliniana Le notti di Cabiria, 1957), un fallimento commerciale. Mano a mano la narrazione si divide tra carriera e vita privata. Seguiamo Bob durante la regia di Cabaret, pellicola che rivoluzionò e salvò il genere del musical a Hollywood, la sua vittoria di una tripla corona – Oscar, Emmy e Tony – nello stesso anno, lo sforzo enorme di montare Lenny (1974) e dirigere contemporaneamente Chicago, la preproduzione e la regia di All That Jazz. Siamo nel mentre anche testimoni della sua vita più intima, di come abbandonò la sua prima moglie malata Joanie McCracken (Susan Misner) per Gwen Verdon (Michelle Williams), che sposò e da cui mai divorziò, di come la tradì ripetutamente, della loro separazione e di come entrambi si rifecero una vita, Bob con Ann Reinking (Margaret Qualley) e lei con Ron (Jake Lacy).

La grande questione finora non espressa è che Gwen Verdon sarebbe la coprotagonista a pieno titolo di questa miniserie, ma questo avviene solo fino alla terza puntata, fino alla standing ovation di 7 minuti che il pubblico le riserva a metà di Can-Can. Da lì in poi Gwen Verdon sarà ridotta ad essere l’amica/nemica di Bob Fosse, la confidente ma anche la rancorosa ombra del suo successo.

La storia di Gwen da quel momento smette di parlare della sua carriera e inizia a concentrarsi sulla sua sfera privata, sul suo nuovo ragazzo, sulla loro problematica figlia Nicole (Blake Baumgartner e Juliet Brett).

Dalla fossa alla fossa

Siamo attratti da Bob perché di lui vediamo tutto quello che ha fatto di grande. Persino i suoi ricordi sono costruiti con più attenzione e sono in numero maggiore (le molestie a 13 anni, il suo rapporto con il padre, la sua ammirazione per Fred Astaire, il disinteresse dei genitori verso ciò che faceva per portare a casa i soldi) rispetto a quelli di Gwen (il suo primo matrimonio fallito e il primo figlio avuto). Bob è un genio maledetto; ansioso, ossessivo, fumatore incallito, assuefatto ai barbiturici, promiscuo, fedifrago, capace di amare ma non di essere fedele, brillante nel lavoro e incapace nella vita familiare.

La grande disgrazia della miniserie è che, nonostante il titolo, noi ci fermiamo alla morte di Bob Fosse come se tutto ciò che valesse la pena di narrare sulla coppia finisse con lui.

Ben altro sarebbe stato mostrarci la vita di Gwen e Nicole senza di lui, invece di scriverci delle frasi riassuntive alla fine.

Il grande problema del fare una miniserie biografica su Bob Fosse è poi l’opera pseudo-autobiografica di Bob Fosse stesso, All That Jazz (1979), di cui vediamo la pre-produzione e le riprese alla fine (con Lin-Manuel Miranda nei panni di Roy Scheider, protagonista del film).

Potrebbe una miniserie biografica su Fellini competere con ?

Sam Rockwell e Michelle Williams in Fosse/Verdon

L’idea di musical di Bob Fosse

Il grande merito della miniserie è quello di dispiegare tutto senza lasciar correre nulla (anzi spesso ripetendosi in maniera martellante). Bob stesso quando trova la musica giusta (Who’s Got the Pain) per un numero musical in Damn Yankees (1954) ci parla della sua filosofia dello spettacolo, ovvero che anche nel musical la gente soffre, sta male, ma avendo introiettato l’idea che il mondo del musical sia risibile e fiabesco, la gente sorriderà di quello che vede e solo dopo si renderà conto di aver riso anche di una tragedia. Questa sarà la filosofia che salverà il mondo del musical dal tracollo e lo consegnerà nelle mani del realismo e del cinismo di Cabaret e di Chicago.

(Bob) «Spalle storte.»
(Gwen) «Storte? Mai sentita questa parola da un coreografo prima d’ora.»

Anche l’ambiente contribuirà a rallegrarci, specie durante le scene da salotto letterario con Neil Simon (Nate Corddy) e Paddy Chayefsky (Norbert Leo Butz), e le perle biografiche che molti di noi potrebbero non conoscere, come la permanenza di Bob in un ospedale psichiatrico al seguito di un suo tentativo di suicidio, lo sviluppo da parte di Bob della sindrome dell’impostore, o la grande amicizia tra la sfortunata Joan Simon (Aya Cash) e Gwen, e l’estenuante e serrata lotta tra i coniugi Fosse per mettere in piedi Chicago insieme.

La storia di Bob è cupa quanto il suo capolavoro, Cabaret. Nonostante sia stato un ballerino e il coreografo di molti musical di successo, nonché un acuto regista e un montatore ossessivo, la sua vita fu segnata da dipendenza, da tradimenti e da paranoie.

La narrazione confusionaria e il ruolo di Gwen

Fosse/Verdon ha bisogno di parecchia concentrazione. I continui flashback e flashforward rischiano di farci perdere la bussola. Inoltre i riferimenti temporali attengono a dei momenti ben specifici della loro vita (l’ultima candidatura agli Oscar di Bob, i 2389 giorni che mancano alla morte di Joanie, 13 mesi prima che Bob abbia un attacco di cuore). I salti temporali inficiano sulla scorrevolezza della narrazione, la rendono raggomitolata e spesso complessa.

Inoltre gli espedienti artistici di certe puntate (Bob stand-up comedian che racconta la sua vita nel sesto episodio, Gwen narratrice della settima puntata, il pianto del primo figlio che tormenta Gwen, i continui esercizi di tip-tap e le parole del suo maestro che tormentano Bob), sono ripetitivi ed estenuanti.

Ma la grande pecca della miniserie è il ruolo marginale che via via Gwen Verdon acquisisce. Onnipresente nella vita di Bob, non significa che morto lui lei dovesse finire tra le nozioni che ci mancano per avere un quadro sulla storia dalla morte del protagonista maschile in poi. C’era molto altro da vedere su di lei, e su Nicole, oltre che il ruolo di moglie e invece dopo alcuni stralci della sua carriera viene ridimensionata a macchietta questuante che assilla Bob per fare Chicago e avere una parte nel musical; persino la sua vita con Ron viene infine investita dalla figura di Bob a cui lei non sa dire di no.

La vita di Gwen Verdon è segnata da un’infanzia difficile, da un primo matrimonio dalla quale è fuggita. Da quando incontra Bob Fosse però che la sua figura diventa degna di una narrazione. Quasi tutto quello che ci viene mostrato di Gwen ha l’ombra del suo secondo marito sopra.

Notizie da una vita

La miniserie non si lascia guardare in maniera scorrevole, specie se non le dedicate tutta l’attenzione di cui siete capaci. Eppure le informazioni sono esatte e tante, le interpretazioni sono magistrali, e l’ambiente è coinvolgente.

Come negarsi quindi la visione di questa fonte meravigliosa di informazioni su una delle coppie più formidabili del mondo dello spettacolo?

«Nessuno farà caso alle parole. Saranno troppo impegnati a guardare te. E tu avrai un grande sorriso mentre sei lì che balli in modo superlativo. Loro penseranno che è un musical ma tu lo saprai e io lo saprò. E’ questo che facciamo prendiamo quello che fa male e lo trasformiamo in una gag cantiamo, balliamo. E il pubblico si diverte, ride sguaiato senza capire che sta ridendo di una persona in agonia. Una persona che stanno spellando viva. Posso riuscirci.»

Bob Fosse

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Francesco Gianfelici
Classe 1999, e perennemente alla ricerca di storie. Mi muovo dalla musica al cinema, dal fumetto alla pittura, dalla letteratura al teatro. Nessun pregiudizio, nessun genere; le cose o piacciono o non piacciono, ma l’importante è farle. Da che sognavo di fare il regista sono finito invischiato in Lettere Moderne. Appartengo alla stirpe di quelli che scrivono sui taccuini, di quelli che si riempiono di idee in ogni momento e non vedono l’ora di scriverle, di quelli che sono ricettivi ad ogni nome che non conoscono e studiano, cercano, e non smettono di sognare.

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