I LIMONI D'INVERN di Caterina Carone, con Teresa Saponangelo e Christian De Sica, distribuito da Europictures
I LIMONI D'INVERN di Caterina Carone, con Teresa Saponangelo e Christian De Sica, distribuito da Europictures

A sette anni dall’esordio Fräulein – Una fiaba d’inverno, Caterina Carone torna alla regia con I limoni d’inverno. Due terrazzi adiacenti, due anime malinconiche alla ricerca di comprensione, e gli sguardi gentili: sono questi gli elementi sui quali si concentra il suo secondo film, con Teresa Saponangelo e Christian De Sica, presentato alla 18esima edizione della Festa del Cinema di Roma nella sezione Gran Public, in sala dal 30 novembre con la distribuzione di Europictures.

La trama

Grazie alla vicinanza dei rispettivi terrazzi, due sconosciuti alle prese con la propria attività di giardinaggio incominciano un dialogo profondo, che li aiuta ad alleviare il dolore per qualcosa di grave, un segreto, che ognuno dei due cerca di nascondere a sé stesso e a chi gli sta vicino.

In quella sorta di limbo sospeso tra la terra e il cielo, lontano dalla velocità della città, Pietro ed Eleonora si insegnano a vicenda a seguire il proprio cuore, a credere ancora nella “possibilità di essere felici”, prima che le loro strade si separino di nuovo.

Per essere felici bisogna credere nella possibilità di esserlo

I limoni d’inverno non richiama massima attenzione, ma chiede percezione e sensibilità. Non lo sguardo pronto, ma il cuore aperto e accogliente, è questo ciò che reclama la regista per comprendere la sua nuova opera.

La regia si muove lenta, sembra quasi immobilizzarsi attraverso le parole sottratte, con l’intenzione di concedere il tempo di assimilare la solitudine, gli spazi incompresi dell’anima, e di ricondurli ai personaggi della storia, Pietro ed Eleonora, rispettivamente Christian De Sica e Teresa Saponangelo, che restituiscono in modo delicatissimo un ritmo narrativo malinconico, triste, ma con stralci di speranza che rifuggono nell’ascolto dell’altro. Il fulcro attorno al quale gira l’onda inquieta del passato e del presente dei due, si esprime mediante il loro incontro, e nella speranza di entrambi di poter essere nuovamente felici nonostante tutto, nonostante la perdita di sé stessi, la perdita dell’altro, e di ciò che si poteva diventare.

Per essere felici bisogna credere nella possibilità di esserlo”, scriveva Tolstoj, ma alle volte è necessario che qualcuno ce lo ricordi. È ciò che accade ai protagonisti, anime sole, smarrite, incomprese e con i propri fantasmi difficili da allontanare.

I LIMONI D’INVERN di Caterina Carone, con Teresa Saponangelo e Christian De Sica, distribuito da Europictures

Si vedono puntualmente sui loro terrazzi adiacenti, in alto, a due metri dal cielo, dove tutto è più sommesso, e interagiscono mentre si prendono cura delle proprie piante, esattamente come vorrebbero che le persone a loro vicine si prendessero cura di loro. Da quei terrazzi vengono rivelati i pensieri più angosciosi, e i rimpianti scivolati via tra le mani, il tutto cadenzato da dialoghi semplici, quasi impercettibili, candidi, e felpati come passi fatti nel bel mezzo della neve; un astrattismo che si ricongiunge al titolo del film, ricordando fedelmente la stagione dell’inverno totalmente incapace di inibire la fioritura dei limoni che impavidamente hanno il coraggio di nascere malgrado il gelo tagliente, e le afflizioni della vita.

La narrazione si circoscrive alla tenerezza che trova massima espressione negli sguardi e nei silenzi, e al meglio si addice alle tematiche che Caterina Carone desidera raccontare. La malattia, la solitudine, i traumi emotivi derivanti da figli mai nati, sono elementi duri, ma con grazia e garbo vengono riportati da Saponangelo e De Sica con il giusto peso emotivo, senza forzature, dando prova di una recitazione che riassume l’armonia leggiadra di una carezza.

Una forma d’amore candida come la neve d’inverno

Oltre alla riflessione sulla felicità possibile solo se condivisa, la trama realizza una forma d’amore candida, senza un necessario riscontro sentimentale e scevra da passione, desiderio e pulsione, che entra in gioco quando le anime in affanno incontrano finalmente ossigeno, comprensione, e una mano protesa dall’altro.

Un concetto che affonda le radici nel pensiero schopenhaueriano, per il quale la compassione è quel sentimento che alleggerisce le pene del singolo attraverso quelle universali. I limoni fioriscono d’inverno solo se si ha il coraggio di valicare il proprio terrazzo e affrontare le proprie inquietudini, tramite lo sguardo attento dell’altro. I tormenti, se condivisi, pesano di meno.

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