I racconti di Parvana - The Breadwinner (The Breadwinner). Wanted Cinema
I racconti di Parvana - The Breadwinner (The Breadwinner). Wanted Cinema

I Racconti di Parvana – The Breadwinner è un film d’animazione del 2017 di Nora Twomey. Tratto dal romanzo del 2001 di Deborah Ellis, Sotto il Burqa, primo volume di una saga che descrive un Afghanistan martoriato dalla guerra e dal fanatismo.

Trama e contesto storico

Parvana ha 11 anni. Abita a Kabul con sua sorella maggiore Soraya, suo fratello minore Zaki e i genitori, Fattema e Nurallah. Quando quest’ultimo viene rapito dai talebani, Parvana sarà costretta a travestirsi da ragazzo per consentire alla famiglia di sopravvivere e sperare. Pur essendo ambientato durante il Primo Emirato Islamico dell’Afghanistan, che governò dal 1996 al 2001, questo film è tristemente ridiventato realtà. Infatti dal 15 agosto 2021, giorno della Caduta di Kabul, il regime oscurantista dei talebani è stato ripristinato in tutta la sua barbarie.

Deborah Ellis, attivista e scrittrice per ragazzi, ha coperto con la sua saga letteraria tutto il lasso temporale tra la caduta e il ritorno dei talebani. Ha descritto un ventunesimo secolo fatto di sopravvissuti e aguzzini, ma sempre permeato da sogni e speranza.

Cosa vedono i nostri occhi da occidentali?

Il film d’animazione è l’affresco di un paese vessato da gente accecata dal fanatismo e dall’odio, gente con in mano armi e potere. Taglieggiatori, predoni. Ma è più doveroso chiamarli per nome: talebani. Tra di loro si muove Parvana, una bambina che rinuncia alla sua infanzia e a ciò che è per sopravvivere. E per fare questo deve conformarsi a delle regole anti-umane e spersonalizzanti: regole che opprimono le donne e le portano a subire violenze atroci.

Ne I Racconti di Parvana molti uomini si ergono difensori delle norme morali che stabiliscono cosa deve fare una donna per guadagnarsi il paradiso. Guardie del decoro sociale che usano la paura e la violenza, verbale e fisica, per perseguitarle e limitare le loro libertà.

La speranza dei giovani

La storia reale si intreccia con il racconto fantastico di Parvana e con i sogni segreti della sua amica Shauzia, anch’ella travestitasi da ragazzo. Questo perché per allontanare le crudeltà subite si cerca rifugio nella propria mente e nei viaggi che essa compie. È una tematica che ritroviamo in molti film che parlano di prigionia e prigionieri. Come i racconti di Luis Molina (William Hurt) ne Il Bacio della donna ragno (Héctor Babenco, 1985), o il progetto del felice hotel in Messico di Andy Dufresne (Tim Robbins) ne Le ali della libertà (Frank Darabont, 1994).

La vessazione richiede un porto sicuro dove trovare una libertà che fisicamente non è ottenibile. Un luogo impossibile da vendere o conquistare, dove è assente il male e coloro che lo perpetrano.

Voci dall’oriente

I racconti di Parvana potrebbe far venire alla mente un film molto simile uscito nel 2007: Persepolis, tratto dall’omonima graphic novel autobiografica di Marjane Satrapi. Questo perché in entrambi i casi siamo ascoltatori di voci femminili che raccontano un medio Oriente spezzato. Nazioni e popoli distrutti dall’insensata avidità occidentale e dal fanatismo. Sono voci di donne che il mondo intero cerca di abbattere, ma che ci giungono forti e chiare al di là dell’odio e del menefreghismo, sopra i soprusi perpetrati e le macerie create.

Tale forza non si appoggia a dei modelli, nostri o altri che siano, ma alla loro gioventù, alla ribellione. Parvana incarna questa dignità ribelle, ci mostra la sua risolutezza, la sua impulsività fanciullesca, il desiderio di provvedere alla famiglia e di non lasciare indietro nessuno, nemmeno il padre imprigionato.

Innalzate le parole, non la voce. È la pioggia che fa crescere i fiori, non i tuoni.

Parvana alla fine del film
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Francesco Gianfelici
Classe 1999, e perennemente alla ricerca di storie. Mi muovo dalla musica al cinema, dal fumetto alla pittura, dalla letteratura al teatro. Nessun pregiudizio, nessun genere; le cose o piacciono o non piacciono, ma l’importante è farle. Da che sognavo di fare il regista sono finito invischiato in Lettere Moderne. Appartengo alla stirpe di quelli che scrivono sui taccuini, di quelli che si riempiono di idee in ogni momento e non vedono l’ora di scriverle, di quelli che sono ricettivi ad ogni nome che non conoscono e studiano, cercano, e non smettono di sognare.

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