One Night in Miami, Regina King (2020) - CREDITS: IMDB.com

Regina King è la prima regista afroamericana in assoluto a presentare un film al Festival di Venezia. Purtroppo, a causa del lockdown statunitense, ha potuto farlo solo attraverso una conferenza stampa virtuale, ma ciò non toglie nulla ovviamente a quello che si prospetta un film di rilievo nella prossima stagione cinematografica.

One Night in Miami è la storia immaginata di un incontro ordinario fra quattro persone straordinarie: Malcom X, Cassius Clay, Sam Cooke e Jim Brown. L’attivista, il pugile, il musicista e l’atleta, sono tutti e quattro simboli della storia afroamericana degli anni Sessanta, ma è ovvio che le loro conversazioni si rivolgono al presente.

Regina King stessa, in conferenza stampa, ha confermato che il bisogno di portare One Night in Miami sul grande schermo nasce proprio dalla volontà di raccontare, ancora una volta, la realtà afroamericana. Soprattutto la realtà degli uomini afroamericani, oggetto di pregiudizi razziali di fatto letali negli odierni Stati Uniti. Sicuramente però, al momento delle riprese nessuno avrebbe potuto immaginare la piega presa dagli eventi negli ultimi mesi e di conseguenza il maggior valore assunto dal film.

Conferenza stampa One Night in Miami - CREDITS: Rai
Conferenza stampa One Night in Miami – CREDITS: Rai

Immaginare la vera “One Night in Miami”

La notte a cui fa riferimento il titolo ha effettivamente delle coordinate reali. È la notte del 25 febbraio 1964, quando Cassius Clay (Muhammad Ali) vinse contro Sonny Linston. Per festeggiare, le quattro icone, che quella sera erano solo quattro normali amici, si riunirono in un hotel di Miami. Nessuno sa realmente cosa accadde o cosa si dissero in quella notte, quattro persone così diverse ma così vicine. Ha provato a immaginarlo Kemp Powers, autore del soggetto del film ma soprattutto dell’omonima opera teatrale (2013) da cui è tratto.

Uno degli aspetti migliori della scrittura di Powers è proprio la capacità di umanizzare queste quattro figure ormai simboliche e in un certo senso unidimensionali. La vulnerabilità dei personaggi, in quanto uomini, è infatti uno dei punti su cui la conferenza stampa ha più insistito.

Lavorare nel sistema o ribaltarlo, un conflitto insanabile

Un altro punto su cui ci si è soffermati a lungo in conferenza è stata la capacità del film di far emergere un profondo conflitto della storia afroamericana.Quello tra adattamento e ribellione. In One night in Miami prende la forma di conflitto fra libertà economica e politica e riguarda nello specifico la contrapposizione fra Malcom X e gli altri tre protagonisti. Malcom X è il portavoce della libertà politica in questo caso, colui che intende sovvertire il sistema, distruggerlo, ribaltarlo e ricostruirlo. Sam Cooke in quanto artista (ma anche Clay e Brown come atleti) ha trovato un debole equilibrio, riuscendo a vendere la sua musica a ogni tipo di pubblico e quindi a sopravvivere nel sistema, pur non tollerandolo.

Questo conflitto è in realtà presente in ogni artista e ogni personaggio pubblico afroamericano, come afferma l’attore Aldis Hodge (Brown), poiché il popolo afroamericano è stato pacificato,costretto cioè a pensare dover scegliere tra l’una e l’altra libertà. È una scelta difficile, ma è anche non necessaria. Può cioè mutare nel tempo o conciliarsi con gli eventi storici, come nel caso specifico di questo film.

Scrivere e dirigere i black film o recitarvi sono degli atti di libertà economica, di inserimento in un sistema produttivo già esistente. Eppure possono diventare atti di libertà politica, in base al messaggio che si intende veicolare. Tutto sta nel fardello, il cosiddetto burden of representation, che si è disposti a portare.

L’idea di Regina King e di Kemp Powers a questo punto non può che incuriosire. Vedremo se sarà in grande anche di conquistare il pubblico italiano, se l’esperienza veneziana comporterà anche una data di uscita nelle sale.

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