Querelle de Brest (Querelle, 1982) diretto da Rainer Werner Fassbinder
Querelle de Brest (Querelle, 1982) diretto da Rainer Werner Fassbinder

Rilasciato nel settembre del 1982, l’8 in Francia e il 16 nella Germania Ovest, Querelle de Brest (Querelle) fu l’ultimo film di Rainer Werner Fassbinder. Adattato dal romanzo omonimo del 1947 di Jean Genet, ha un cast di star affermate come Brad Davis, Franco Nero e Jeanne Moreau.

L’idea di omicidio evoca spesso l’idea del mare, dei marinai. E all’idea del mare e dell’omicidio si lega naturalmente l’idea dell’amore o della sessualità

Narratore fuori campo all’inizio di Querelle de Brest

Il morboso e l’ironia

La scena letteraria francese del primo Novecento fu un crogiolo di provocazioni e azzardi. Autori come Genet, Nizan, Sartre, Gide, Apollinaire, Louys e Bataille scrissero opere giudicate oscene ma rivoluzionarie. La forte carica data dalla connessione di morboso e miserabile presente nel libro di Genet si rivela presto anche nel film di Fassbinder. La lussuria pervade ogni fotogramma e ci conduce per mano in un boudoir che inghiotte piano piano tutta la pellicola. Eppure impera una calma straziante: una sorta di accettazione senza remore di tutti gli eventi scabrosi che succedono. È una normalità che osannerebbero quegli scrittori francesi così polemici e veementi.

C’è un colore saturato che stampa le immagini come un fuoco nella mente dello spettatore e la scenografia teatrale lo opprime in una claustrofobica condizione di vittima. Per qualche secondo potremmo sentirci come uno dei seviziati di cui parla spesso il De Sade nelle sue opere, in attesa del nostro turno di passione dolorosa. Nono (Günther Kaufmann), il padrone della Feria, “il bordello più merdoso del mondo”, sfida gli avventori ai dadi: “se vincono possono fottere le ragazze, ma se perdono prima li fotte lui”. C’è un’ironia arguta e lirica che strappa un sorriso nonostante il macabro e l’orribile che possiamo immaginare.

E scommetto che un sacco di marinai vanno lì per perdere

Marinaio de Le Vengeur

Il sesso e la tensione ad esso collegata rivestono ogni scena, ogni personaggio. La grande assenza di convenzioni sociali e regole morali porta tutto il film in un limbo di rifugiati, di esuli e assetati di vita. Il tenente Seblon (Franco Nero), comandante della nave, è consumato dal desiderio di possedere ed essere posseduto dai suoi marinai. Più di tutti brama proprio Georges Querelle (Brad Davis) che a Brest ha un fratello, Robert (Hanno Pöschl), che lo aspetta alla Feria. Robert è l’amante di Lisiane (Jeanne Moreau), moglie di Nono. Da lì la trama si sposta nei bassifondi tra omicidi, amore omoerotico e tradimenti.

Da dove passa la storia

Rainer Werner Fassbinder è un nome importantissimo nel cinema tedesco e d’essai. Insieme a registi del calibro di Wim Wenders, Werner Herzog, Wolfgang Petersen, Werner Schroeter, Edgar Reitz, Alexander Kluge, Margarethe von Trotta e Volker Schlöndorff costituì il movimento denominato Nuovo Cinema Tedesco.

Se pensiamo che tradizionalmente si ascrive al 1962 la nascita di questo movimento, ci rendiamo conto dell’impronta enorme che ha lasciato Fassbinder in circa vent’anni di carriera. Iniziò da autodidatta nel cinema, scrivendo opere teatrali come aveva fatto sin da quando a 16 anni aveva abbandonato la scuola. Le sue influenze furono Jean-Luc Godard, John Huston e Raoul Walsh. Nei suoi primi film si vede questa mano teatrale e resterà sempre attivo in entrambi i settori. Nel 1971 avviò una collaborazione molto proficua con la WDR (Westdeutscher Rundfunk, West German Broadcasting). Aveva già diretto dieci lungometraggi e ottenuto premi e riconoscimenti nazionali. La sua fama da lì in poi si cementò. Alcune delle sue opere furono portate dal teatro al cinema, come Le lacrime amare di Petra von Kant (Die bitteren Tränen der Petra von Kant), scritto nel ’71 per il palco e portato sullo schermo nel ’72.

La duplice attività di regista cinematografico e televisivo ne fece un’icona della Germania Ovest. Ben presto ottenne successo di critica in tutto il mondo. La sua regia migliorò di film in film e passò da film indipendenti a costose produzioni. La sua miniserie televisiva del 1980, Berlin Alexanderplatz, fu un prodotto rivoluzionario per il cinema mondiale. Al pari di prodotti come Scene da un matrimonio (Scener ur ett äktenskap, 1973) di Ingmar Bergman, Berlin Alexanderplatz dimostrò che la qualità di un prodotto si mostra da dietro uno schermo, non importa se piccolo o grande.

Nessun Valore Politico

Querelle de Brest non è un manifesto della battaglia per affermare la giustizia delle unioni tra persone dello stesso sesso.

Non è un film sull’amore omoerotico, bensì sulla passione e sulla morbosità. Tutta la decadenza che passa sullo schermo non turba lo spettatore e la calma che precede e corteggia le scene di amore omoerotico ne fanno un’opera di una naturalezza meravigliosa. Non si marca sull’omosessualità di nessuno poiché il sesso è visto come uno strumento dai mille usi che tutti possiedono. C’è chi ci passa il tempo, chi lo usa per scoprire informazioni e chi lo trasforma in morbosità o amore. Querelle de Brest racconta l’omicidio, il sesso e l’umanità, tutto nella loro interezza. L’amore tra persone dello stesso sesso è qui normalizzato e assorbito dalla storia e dagli intenti.

In breve

Querelle de Brest è un film memorabile. Una parola che voglio lasciare velata di accezioni negative e positive. Perché al pari di quegli scritti di Bataille o Louys, provoca lo spettatore a conoscere un sotto-mondo fatto di normali turpitudini dove un’umanità assuefatta al sesso e alla droga lotta in maniera svogliata per sfuggirgli. È un boudoir dove non vogliamo entrare e da cui non vogliamo uscire.

“Non sono altro che desiderio”

Tenente Seblon (Franco Nero)

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Francesco Gianfelici
Classe 1999, e perennemente alla ricerca di storie. Mi muovo dalla musica al cinema, dal fumetto alla pittura, dalla letteratura al teatro. Nessun pregiudizio, nessun genere; le cose o piacciono o non piacciono, ma l’importante è farle. Da che sognavo di fare il regista sono finito invischiato in Lettere Moderne. Appartengo alla stirpe di quelli che scrivono sui taccuini, di quelli che si riempiono di idee in ogni momento e non vedono l’ora di scriverle, di quelli che sono ricettivi ad ogni nome che non conoscono e studiano, cercano, e non smettono di sognare.

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