The Last of us
The Last of Us , HBO, SKY

Se ve lo state chiedendo vi rispondiamo subito: il primo episodio di The last of Us conferma tutte le (grandi) aspettative che nel corso di questi mesi lo hanno circondato. E getta solide basi per quello che potrebbe segnare una svolta nell’intricato rapporto tra medium videoludico e serialità televisiva.

Finalmente ci troviamo di fronte ad una serie tratta da un videogioco che non resta incastrata nel difficile passaggio di mezzo ma che fa anche di meglio, andando oltre. Non un semplice adattamento, non una trasposizione annacquata per farsi piacere al pubblico generalista.

Il primo episodio di The Last of Us riprende con rispetto la trama del (primo capitolo) del videogioco e lo converte senza paura al nuovo mezzo, sotto la guida di Craig Mazin (Chernobyl). Un risultato che forse solo l’unione di HBO e Naughty Dog (incarnata da Neil Druckmann, direttore creativo del videogioco) poteva raggiungere. Forse sarà la serie dell’anno. Forse si perderà nel corso delle puntate. Ma le premesse ci sono tutte. Non ci resta che aspettare.

Tre salti temporali per immergerci nel mondo di The Last of Us

1968. Un late show americano. Avvolti nel fumo delle sigarette, due scienziati, ospiti del programma, si lasciano prendere in giro bonariamente dalle battute del conduttore su un’eventuale fine del genere umano. Un virus forse. Ma a quello in un modo o nell’altro l’umanità riuscirebbe a sopravvivere. Un fungo. Ecco, in quel caso l’umanità perderebbe. Il silenzio tra il pubblico.

2003. Austin, Texas. Seguiamo la giornata di Sarah, dalla colazione insieme al padre Joel (un bravissimo Pedro Pascal) e lo zio Tommy (Gabriel Luna) all’andare a scuola, fino al passare il pomeriggio dagli anziani vicini. È il compleanno del padre. Decide, come regalo, di riparargli un vecchio orologio che tiene chiuso in un cassetto. Ma c’è qualcosa di strano nell’aria. È arrivato il giorno nel quale l’umanità non riuscirà a vincere.

2023. Una zona di quarantena. Joel si sta dando da fare come contrabbandiere per cercare di ottenere una batteria illegale e un mezzo per raggiungere il fratello Tommy, fuori dalla zona e che non risponde da tempo. Ad aiutarlo la sua compagna Tess (Anna Torv). I fucili del governo regolano la claustrofobica vita della piccola cittadina. Sui muri un logo, quello delle Luci, un gruppo rivoluzionario che vuole riportare la democrazia e il rispetto dei diritti umani. E una ragazzina chiusa in una stanza, con una catena ad un piede, che interrogata dal capo delle luci Marlene (Merle Dandridge), conta (lentamente) da 1 a 10. È stata morsa, ma non si è trasformata. Non è impazzita e non è diventata un terribile mostro il cui unico scopo è spargere altre spore del fungo che fa impazzire gli uomini. Si chiama Ellie (Bella Ramsey) e Joel, in modo del tutto casuale, finirà con l’avere il compito di portarla fuori da lì.

The Last of Us, HBO, SKY.

Tra narrativa e serialità

Il primo episodio di The last of Us decide di introdurci così nel suo mondo, negli avvenimenti. Tre salti temporali mettono tutti i tasselli al loro posto per immergerci in questa realtà post-apocalittica, dove terribili mostri (una volta umani) sono ovunque e la società, o quello che ne rimane, è in disfacimento. Al tempo stesso ci presenta la figura di Joel, che da padre amorevole diventa un cinico contrabbandiere apparentemente senza scrupoli. I tempi sono cambiati. Ma l’orologio che gli ha regalato Sarah è sempre al suo polso.

In questo inizio, Druckmann e Mazin non vanno fuori dai binari e si appoggiano saldamente alla storia del videogioco, che era indubbiamente uno dei punti di forza della struttura creata da Naughty Dog.

La trama ed i dialoghi procedono lentamente ma senza incertezze, non lasciandosi mai andare ad ovvietà e a noiose spiegazioni. Una solida base di genere, che però lascia intravedere qualcosa e non si limita ai cliché tipici. Dietro, o meglio sopra, emergono personaggi complessi, sfaccettati, che il giocatore prima ed ora lo spettatore vogliono conoscere. E con i quali entrano subito in sintonia. Quale sarà il destino di Ellie? Joel riuscirà dopo più di vent’anni a riprendersi da quella perdita? E quale sarà il rapporto tra i due?

Lo stesso Craig Mazin, dietro anche alla macchina da presa, non affida il racconto unicamente alla storia. La regia, assieme alla fotografia, si sofferma spesso sui dettagli, sul pulviscolo nell’aria quando i personaggi sono persi nei loro pensieri. E la superlativa scenografia ci immerge per davvero e credibilmente nell’ambiente post-apocalittico, accompagnata da una selezione musicale mai invadente ma ben posizionata, che, oltre a riprendere il main theme del videogioco, affianca anche altri brani, adeguati per immergerci in questa realtà.

La prima puntata di The last of Us va oltre il videogioco. Si impone immediatamente come un soggetto a se stante che, nonostante attinga quasi passo passo alle vicende videoludiche, si caratterizza con un proprio animo, quasi più cinematografico che seriale.

Il lavoro svolto da HBO va oltre ogni più rosea aspettativa, riuscendo nell’incredibile compito di adattare una storia da un altro medium senza snaturarla ma anzi, attingendo ai nuovi strumenti offerti dal mezzo. Silenzi, piani sequenza, dialoghi, tutto è calcolato per coinvolgerci in una narrazione oscura, dove forse un barlume di luce indicherà la via da seguire per Joel ed Ellie.

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