Tom Waits - Credits: web

Fuori continua a piovere in questo giorno di dicembre. Ed è perfetto così. Perché oggi Tom Waits compie 71 anni e non c’è niente di meglio che la sua roca, profondissima voce che avanza arrugginita e calda tra le atmosfere old jazz o wild West.

È un uomo ambiguo, dai mille volti. È un evaso di galera, un vecchio cercatore d’oro, un vagabondo nascosto nei boschi, il diavolo. Perché Tom Waits è un musicista, ma anche un attore che usa la cinepresa per dare decine di volti alla sua immagine, per vivere decine di vite ed esprimere altrettante personalità. Eppure, sempre riportandole tutte a qualcosa di unico e inconfondibile, qualcosa che, sotto qualsiasi maschera si nasconda, ti fa capire che dietro c’è lui, la sua voce.

E non c’è alcun bisogno che canti. Raramente, infatti, i film in cui compare hanno sue canzoni nella colonna sonora. Così lo riconosciamo vigoroso insieme a Benigni nell’assurda fuga dal carcere in Daunbailò e misteriosamente cupo tra le visionarie immagini del Parnassus di Terry Gilliam. Lo ammiriamo in tutta la sua selvaticità tra i boschi de I morti non muoiono di Jim Jarmusch e nella splendida rozzezza della Ballata di Buster Scruggs dei Fratelli Coen.

Questo è solo un accenno a tutte le maschere che ha indossato. Perciò ne facciamo qui un rapido elenco, così da offrirvi l’opportunità di dire ah, certo! Era Tom Waits quel personaggio assurdo in quello strano film! D’altronde, dietro ogni maschera c’è sempre la sua inconfondibile voce.

Tom Waits in Parnassus – L’uomo che voleva ingannare il diavolo di Terry Gilliam – credits: Moviemax

In quanti film di questi avete riconosciuto Tom Waits?

Taverna Paradiso (Paradise Alley, 1978), regia di Sylvester Stallone.

Wolfen, la belva immortale (Wolfen, 1981), regia Michael Wadleigh.

Un sogno lungo un giorno (One from the Heart, 1982), regia di Francis Ford Coppola.

I ragazzi della 56ª strada (The Outsiders, 1983), regia di Francis Ford Coppola.

Rusty il selvaggio (Rumble Fish, 1983), regia di Francis Ford Coppola.

The Stone Boy, (1984) regia di Christopher Cain 

Cotton Club (The Cotton Club, 1984), regia di Francis Ford Coppola.

Daunbailò (Down By Law, 1986), regia di Jim Jarmusch.

Candy Mountain (1987),regia di Robert Frank e Rudy Wurlitzer.

Ironweed (1987), regia di Héctor Babenco.

Cold Feet – Piedi freddi (Cold Feet, 1989), regia di Robert Dornhelm.

Bearskin: An Urban Fairytale (1989), regia di Ann Guedes e Eduardo Guedes.

Il grande inganno (The Two Jakes, 1990), regia di Jack Nicholson.

Sognando Manhattan (Queens Logic, 1991), regia di Steve Rash.

La leggenda del re pescatore (The Fisher King, 1991), regia di Terry Gilliam.

Giocando nei campi del Signore (At Play in the Fields of the Lord, 1991), regia di Héctor Babenco.

Dracula di Bram Stoker (Dracula, 1992), regia di Francis Ford Coppola.

America oggi (Short Cuts, 1993), regia di Robert Altman.

Mystery Men (1999), regia di Kinka Usher 

Coffee and Cigarettes (2003), regia di Jim Jarmusch – episodio Da qualche parte in California

Domino  (2005), regia di Tony Scott.

La tigre e la neve  (2005), regia di Roberto Benigni.

Wristcutters – Una storia d’amore (Wristcutters: A Love Story, 2006), regia di Goran Dukić.

Parnassus – L’uomo che voleva ingannare il diavolo (The Imaginarium of Doctor Parnassus, 2009), regia di Terry Gilliam.

Codice Genesi (The Book of Eli, 2010), regia di Albert ed Allen Hughes.

7 psicopatici (Seven Psychopaths, 2012), regia di Martin McDonagh.

Old Man & the Gun (The Old Man & the Gun, 2018), regia di David Lowery.

La ballata di Buster Scruggs (The Ballad of Buster Scruggs, 2018), regia di Joel ed Ethan Coen.

I morti non muoiono (The Dead Don’t Die, 2019), regia di Jim Jarmusch.

Continua a seguire FRAMED anche su Facebook e Instagram

Alessio Tommasoli
Chiamatemi pure trentenne, giovane adulto, o millennial, se preferite. L'importante è che mi consideriate parte di una generazione di irriverenti, che dopo gli Oasis ha scoperto i Radiohead, di pigri, che dopo il Grande Lebowsky ha amato Non è un paese per vecchi. Ritenetemi pure parte di quella generazione che ha toccato per la prima volta la musica con gli 883, ma sappiate che ha anche pianto la morte di Battisti, De André, Gaber, Daniele, Dalla. Una generazione di irresponsabili e disillusi, cui è stato insegnato a sognare e che ha dovuto imparare da sé a sopportare il dolore dei sogni spezzati. Una generazione che, tuttavia, non può arrendersi, perché ancora non ha nulla, se non la forza più grande: saper ridere, di se stessa e del mondo assurdo in cui è gettata. Consideratemi un filosofo - nel senso prosaico del termine, dottore di ricerca e professore – che, immerso in questa generazione, cerca da sempre la via pratica del filosofare per prolungare ostinatamente quella risata, e non ha trovato di meglio che il cinema, la musica, l'arte per farlo. Forse perché, in realtà, non esiste niente, davvero niente  di meglio.

2 Commenti

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui