Peaky Blinders
Credit: BBC/Netflix

Il suono di un grilletto premuto a vuoto anticipa di pochi istanti l’immagine di Thomas Shelby con la pistola ancora piantata alla tempia, come l’avevamo lasciato nell’episodio finale della quinta stagione. Inseguiva la morte per potersi riunire, in quegli attimi di dolore allucinogeno, all’immagine e al corpo di Grace. Inseguiva la morte per liberarsi dei tanti, troppi fantasmi, che avevano affollato la sua mente fino a quel momento e per tornare all’unico di cui sentiva ancora la mancanza, quello della prima e forse unica donna che avesse mai amato.

Il suono di un grilletto, dicevamo, rivela già la sua decisione. Gli occhi celesti e vuoti sono già da un’altra parte, anche se in canna non c’è nemmeno un proiettile.

«Non hai controllato la tua arma. Non sei più un soldato, sei un codardo. Ti ho sentito premere il grilletto. Avresti lasciato la tua famiglia senza neanche un addio. Se ti serve ancora una via di fuga, eccotene sei».

Così Elizabeth, avanzando nel fango in cui si è lasciato affondare Tommy, getta con disprezzo a terra i proiettili che mancano dall’arma, dando inizio alla stagione dello straordinario addio dei Peaky Blinders, quella in cui la morte è assoluta protagonista, evocata, temuta, desiderata e inferta.

In loving memory

La prima morte e la prima assenza è quella inevitabile di Helen McCrory, la nostra Polly Gray, personaggio amatissimo della serie, uscito di scena a causa della prematura scomparsa dell’attrice. Un vuoto enorme, che tuttavia non viene soltanto inserito nella storia ma ne diventa una linea direttrice essenziale. È ciò che muove la rabbia e la vendetta di Michael nei confronti di Tommy, ciò che dà una spinta in più alla debole sottotrama del terrorismo irlandese, ciò che annebbia il giudizio e le azioni di Arthur e infine ciò che spinge Tommy a diventare altro da ciò che il pubblico è abituato a vedere.

Il lutto trasforma ogni altro personaggio, così come ha trasformato l’equilibrio di un progetto costruito in quasi dieci anni di lavoro. Risuona anche nel silenzio di una serie che ha fatto invece della musica uno dei suoi punti di forza. Non sentirete mai riecheggiare per intero la Red Right Hand negli ultimi sei episodi, come se mancasse qualcosa, un pezzo fondamentale di cui è giusto sentire anche la profondità del vuoto che lascia.

Cavalli e zaffiri blu

Quella dei Peaky Blinders sembrava un’ascesa infinita. Ogni stagione contro un nemico diverso e sempre più in alto, fino ad arrivare all’interno di Westminster e persino al di là dell’Oceano. Scopriamo con sorpresa e con piacere, però, che la fine coincide con l’inizio, in un cerchio quasi perfetto in cui i Peaky Blinders cercano di riconoscere il proprio riflesso, nonostante la vita e il denaro li abbiano trasformati.

Precipitandosi, ognuno a suo modo, verso il desiderio di morte i protagonisti riemergono più forti e definiti che nelle altre stagioni. Arthur si annienta e svanisce, come mai aveva fatto prima, per poi riprendersi il finale glorioso che merita, in una scena di bruma notturna e brividi, che rimarrà nella storia della serie.

Ada raggiunge l’apice del suo percorso assorbendo l’eredità di Polly, senza cercare di emularla. Ne è l’erede diretta, per spirito, umorismo e carattere, da sempre.

Thomas torna a credere negli zaffiri blu, nelle Madonne nere e nelle vecchie maledizioni. Sgretola pezzo dopo pezzo il suo impero, riavvicinandosi a ogni passo alla radice del suo essere. Un oscuro presagio lo convince a dare il suo addio a ogni cosa e ogni persona, per poi riscoprirsi ancora una volta più potente da solo, libero e selvaggio sul dorso nudo di un cavallo.

L’undicesima ora

La sesta stagione di Peaky Blinders è la stagione della redenzione che arriva all’eleventh hour, come dice Tommy, quell’undicesima ora traducibile come all’ultimo momento.

È una stagione di confronti continui dei personaggi, fra loro e con loro stessi, che non fa sentire la mancanza di una trama più fitta (considerando anche l’odioso piattume del Mosley di Sam Claflin). La riassume bene quell’ultima immagine del caravan in fiamme, funerale solitario di un uomo che non esiste più, che è già fuggito altrove, anche via da noi.

Alla famiglia. A volte rifugio dalla tempesta, a volte la tempesta stessa.

Thomas Shelby, 6×06

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