Lupin-Netflix
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Nella Top 10 dei più visti su Netflix questa settimana: Lupin

Serie televisiva francese, concentrata su un’indagine personale che va a scavare nel profondo del passato di Assane Diop, e del suo romantico legame con il personaggio del ladro gentiluomo nato agli inizi del ‘900.

Non ho mai avuto tanta voglia di tornare a Parigi come durante la visione, o meglio immersione, in queste prime cinque puntate di una serie elegante, che non lascia nulla al caso e si dispone ordinatamente per tirare dentro lo spettatore come in una trappola raffinata.

Dalla prima scena Lupin, rilasciata lo scorso 8 gennaio, incanta per il trattamento dei luoghi, che gestisce con la stessa cura le stanze del Louvre come gli spazi di un appartamento poverissimo in periferia.

Lotta di classe e una città piena di controsensi

Tutto nasce da un inganno a discapito del più debole. Quando Assane (Omar Sy) è un adolescente, suo padre, Babakar Diop, a servizio dall’illustre e ricchissima famiglia Pellegrini, viene incastrato per il furto di una collana. Da lì in poi la vita del ragazzo non sarà proprio facilissima e le sue origini senegalesi non lo aiuteranno in una città piena di controsensi e zone d’ombra come Parigi.

Appropriandosi delle avventure, più che cult per il pubblico francese, di Arsène Lupin, ideato da Maurice Leblanc nel 1905, indaga sul passato della vicenda che ha distrutto gli equilibri della sua famiglia e sulla possibilità di venirne a capo e vendicarsi.

L’occasione torna a presentarsi quando scopre che la collana sta per essere venduta all’asta al Louvre proprio dalla figlia dei Pellegrini.

Lupin, © NETFLIX

E Parigi è lo sfondo che “rimbalza” risposte a domande mai poste: il divario economico e culturale di due mondi che non entrano in contatto neanche per sbaglio, è il nodo principale di una narrazione in cui il pregiudizio gioca a favore e sfavore del protagonista. A questo proposito non si può fare a meno di rimanere affascinati da ogni angolo, strada, palazzo in cui le azioni si svolgono. Le puntate mostrano nell’interezza il fascino di una grande capitale che non ha ancora superato gli echi della storia, o assorbito le dinamiche del presente. Ma che lascia a bocca aperta per la bellezza straripante che risiede nelle gallerie dei musei come nelle strade dove si scontrano i volti degli abitanti.

Omar Sy e il suo Lupin

L’attore di Quasi amici – Intouchables (2011) è l’elemento che fa la differenza. Divertente, sensibile, perfetto per il giallo fortemente ispirato che si evolve aggiungendo un pezzetto ad ogni episodio. Con Lupin ha un legame perlopiù affettivo, ma l’etica del ladro novecentesco è radicata nella caratterizzazione di un personaggio estremamente credibile.

Condivide con il suo ruolo le origini senegalesi e si fa notare soprattutto per lo stile fortemente ricercato, che lo vede in outfit casual sportivi griffati in cui non mancano mai accessori identificativi (come il cilindro del personaggio letterario, qui abbiamo aggiornamenti moderni e reinterpretazioni). E di sicuro a farci sorridere, (nonostante la violenza che non è mai accennata ma piuttosto esplicita) è proprio l’incapacità della polizia di scovare il ladro galante quando è difficile che un uomo così passi inosservato (Omar Sy è alto un metro e 90, tra le altre cose).

La scelta di non riproporre il personaggio dei libri in una serie ambientata nel presente, ma solo la sua presenza come “mentore” nella vita di Assane/Omar è l’idea vincente che ci porta fino in fondo.

Da vedere? Assolutamente sì, soprattutto se state sognando di prendere l’aereo da mesi e volete cedere al fascino di una rilettura intelligente e scorrevole di uno dei personaggi letterari più intriganti del mondo dei gialli.

Silvia Pezzopane
Ho una passione smodata per i film in grado di cambiare la mia prospettiva, oltre ad una laurea al DAMS e un’intermittente frequentazione dei set in veste di costumista. Mi piace stare nel mezzo perché la teoria non esclude la pratica, e il cinema nella sua interezza merita un’occasione per emozionarci. Per questo credo fermamente che non abbia senso dividersi tra Il Settimo Sigillo e Dirty Dancing: tutto è danza, tutto è movimento. Amo le commedie romantiche anni ’90, il filone Queer, la poetica della cinematografia tedesca negli anni del muro. Sono attratta dalle dinamiche di genere nella narrazione, dal conflitto interiore che diventa scontro per immagini, dalle nuove frontiere scientifiche applicate all'intrattenimento. È fondamentale mostrare, e scriverne, ogni giorno come fosse una battaglia.

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