Sex Education 4, Ncuti Gatwa, Asa Butterfield. Cr. Samuel Taylor/Netflix © 2023.
Sex Education 4, Ncuti Gatwa, Asa Butterfield. Cr. Samuel Taylor/Netflix © 2023.

Eravate pronti a dire addio a Sex Education? Perché noi no, per niente. I teen show, però, durano quattro stagioni o si sbrodolano, non c’è alternativa (vedi Glee). Perché tutto quello che c’è da dire in un racconto di formazione lo si può fare negli anni dell’high school. Ecco quindi che il finale di Sex Education quasi si scrive da solo, lasciando i suoi personaggi liberi di andare verso una nuova fase della loro vita adulta.

Evoluzione e fedeltà al progetto originale

Sex Education nasce come uno “spazio” figurato in cui parlare liberamente di sesso, vederlo rappresentato nella sua normalità, affrontando anche gli aspetti più imbarazzanti, personali e quotidiani. In questo senso è ed è sempre stato una “lezione” di vera e propria educazione sessuale per il pubblico, stagione dopo stagione. Un momento in cui riflettere sulle proprie relazioni e guardarle con un occhio diverso, magari più consapevole, al di là delle etichette.

Ecco perché, anche in questa quarta e ultima stagione, l’introduzione di nuovi personaggi è sempre funzionale allo sviluppo di temi fondamentali nel racconto della sessualità. Se nella terza per esempio, era stata trattata l’identità non binaria di Cal, con Anthony Lexa e Felix Mufti questa volta il nucleo della “lezione” è il sesso dal punto di vista delle persone trans.

Mentre sempre con Cal (Dua Saleh) si affronta la disforia di genere e le sue conseguenze potenzialmente e psicologicamente devastanti per chi la vive.

I “vecchi” personaggi, invece, sono quelli su cui si focalizza il racconto vero e proprio, la storia che manda avanti la serie. Ognuno affronta un percorso individuale che prosegue e si sviluppa episodio dopo episodio, fino a una risoluzione finale, nella maggior parte dei casi.

Alcuni, come Ola, Lily, Olivia e Anwar, sono ormai personaggi conclusi e non torneranno. Altri, come Vivien, Jackson e Cal, restano in un limbo, in disparte, senza riuscire mai a catturare del tutto l’attenzione. Le storie di Otis, Eric, Maeve, Adam e Aimee, invece, proseguono evolvendosi a grandi passi. 

Otis e Maeve

Pensavamo di aver ottenuto finalmente il nostro meritato endgame tra Otis e Maeve, ma riflettendoci bene, chi è che resta con la cotta del liceo nel momento in cui il mondo si spalanca, dopo la scuola, e le vie da percorrere si moltiplicano e si complicano? Ecco. Forse Otis e Maeve si incontreranno di nuovo, forse non si vedranno mai più, quel che conta è ciò che vivono nel presente e – SPOILER – quel ti amo che non erano riusciti a dire a nessun altro/a.

Lasciarli andare, tuttavia, è dura. Anche per questo la serie ideata da Laurie Nunn usa uno stratagemma narrativo per permettere a noi, pubblico fin troppo affezionato, di elaborare il nostro addio. Un funerale, non sveleremo di chi, è il rito attraverso cui ci separiamo dai ragazzi del Moordale. Non prima di averli rivisti per un’ultima volta tutti insieme. 

La guarigione di Aimee

Un altro rito, di diversa natura, è quello che esegue Aimee nel suo percorso solitario e costante di ripresa dal trauma della seconda stagione. Le molestie subite da Aimes, infatti, non erano state solo lo spunto per una delle più belle sequenze dell’intera serie, quella delle ragazze che riprendono il bus insieme a lei, in segno di forte solidarietà femminile.

L’evento segna da quel momento in poi la caratterizzazione del personaggio fino all’ultimo, liberatorio e commovente, finale. Aimee ricerca se stessa, rimette insieme i piccoli pezzi della sua immagine, mandati in frantumi dal trauma vissuto. Si riscopre attraverso l’arte e, così, riesce ad aprirsi di nuovo anche all’amore. Non prima di aver bruciato ciò che resta di quel che le ha fatto male. Ritorna a volare, proprio come cantano gli Alessi Brothers nella canzone scelta per sottolineare questo momento che, come la scena del bus, rimarrà fra le migliori di Sex Education: “There’s a road I know I must go/Even though I tell myself that road is closed/Listen, lonely seabird/You’ve been away from land too long”.

Il percorso introspettivo di Eric

In un certo senso, pur non essendoci un simile trauma da processare, anche Eric come Aimee si è allontanato dalla sua strada, si è sentito perso. Il suo è forse il percorso meno compreso all’interno della stagione. Perché va oltre e sfida ciò che Sex Education aveva finora rappresentato per il personaggio. Non si tratta più solo di raccontare come Eric vive la propria sessualità e la propria identità queer, ma di come queste si inseriscono e si intrecciano con le sue origini nigeriane e ghanesi.

Il focus religioso di Eric in questa quarta stagione sembra quasi un pretesto per arrivare a qualcos’altro, per far comunicare tra loro diverse storyline. In realtà è il culmine di un percorso introspettivo essenziale per il personaggio, che alla fine non solo trova la sua strada ma anche un equilibrio fra due pezzi della sua identità che credeva dovessero vivere per sempre in conflitto: l’essere cristiano e omosessuale. Il bonus (SPOILER) per noi spettatori, in questo caso è la folle sequenza onirica in cui – tra lipgloss cromati dalle forme falliche e outfit straordinari – black Jesus assume le sembianze di una m-e-r-a-v-i-g-l-i-o-s-a Jodie Turner-Smith, guest star della stagione.

Per la prima volta, inoltre, vediamo Eric scontrarsi con Otis su un piano culturale, non più solo personale o caratteriale. Otis è etero, cis, bianco e ateo. Eric è nero, gay e credente. Improvvisamente i due migliori amici scoprono di avere un muro tra sé e l’altro, qualcosa che non riuscivano nemmeno a vedere, ma che – una volta notato – non permette loro di capirsi come prima. Come è accaduto almeno una volta nella vita a tutti noi, li vediamo allontanarsi nel momento in cui capiscono di avere in comune meno di quel che si aspettavano. Per fortuna non basta questo a separarli. Restano la coppia più solida dell’intera serie, ma è interessante scoprire anche questo nuovo lato conflittuale, finora inesplorato della loro relazione.

Adam e Michael Groff

Ultimi, ma non per importanza, i Groff. Nell’arco delle quattro stagioni Adam è il personaggio che più di tutti è riuscito a reinventarsi e a mostrare ciò che la sua corazza da bullo provava a nascondere. La scelta di allontanarlo dalla scuola un anno prima rispetto a tutti gli altri permette di vederlo crescere davvero, mentre cerca di capire chi è, senza che siano gli altri a definirlo.

L’avevamo lasciato con il cuore spezzato ma con la certezza che quel sorriso, alla fine della (dolcissima) scena della mostra canina fosse un punto di partenza, verso ciò che lo avrebbe reso davvero felice.

Lo ritroviamo su un sentiero inedito, altrove rispetto ai suoi compagni, già adulto ma in un certo senso ancora bambino, alla ricerca disperata di un abbraccio e di un segno d’amore da parte del padre.

Il riavvicinamento a lui – prima divertente, poi esasperante, infine commovente – è la chiusura ideale del suo percorso, la guarigione completa di quella ferita che non gli permetteva di amarsi, come gli diceva anche Eric.

Un finale difficile

Non esiste una formula perfetta per il finale di serie perfetto (che non sia fan service), ma volendo scegliere quella per Sex Education, la parabola di Adam riassume bene anche tutte le altre, insegnando che cambiare lo sguardo e il linguaggio con cui parliamo a noi stessi è la prima chiave per essere davvero liberi. 

Se i ragazz* di Moordale ci mancheranno così tanto è perché era facile pensarli come vivi e reali, somiglianti a noi. 

A presto, torneremo al tasto play ancora, e ancora.

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