Le migliori serie TV del 2023 secondo FRAMED Magazine. Grafica di Andrea Menghini.
Le migliori serie TV del 2023 secondo FRAMED Magazine. Grafica di Andrea Menghini.

Scegliere è sempre difficile, anche perché le serie TV diventano vere compagne di ore passate a cercare di scoprire chi fosse il colpevole, a sperare che tutto finisse per il meglio, a sognare quella storia d’amore da manuale (anche fino a notte fonda). Così i personaggi, che iniziamo a chiamare per nome, si conquistano un posto d’onore, nel bene e nel male, nei racconti più drammatici o in quelli comedy. Questa è la selezione delle serie TV migliori del 2023 secondo la redazione di FRAMED.

Forse il miglior adattamento videoludico in circolazione, sicuramente per me la più bella serie drammatica del 2023. Una struttura solida, che si attiene al genere in cui nasce e cresce il racconto, una varietà di personaggi, che ruota attorno ai protagonisti Ellie (Bella Ramsey) e Joel (Pedro Pascal), in viaggio per salvare l’umanità da una fine imminente.

The Last of Us si scardina dal videogioco rimanendogli però estremamente fedele, questo perché Craig Mazin (Chernobyl) affiancato dal creatore originale Neil Druckmann, compiono un lavoro tecnico ed emotivo incredibile sulla narrazione. Gli episodi non si limitano a descrivere la missione principale, ma si allargano nel quadro di ciò che rimane del mondo per come lo conosciamo, si focalizzano su sensibilità, rapporti, personalità altre che non fanno semplicemente da sfondo; arricchiscono i personaggi principali, mostrando a loro e a noi spettatori come una serie di drammatici eventi, che per loro natura annientano quella sensibilità, decretino reazioni diverse in ognuno. Basta citare qualche episodio per scoppiare in lacrime (come il terzo, Long, Long Time), o guardarla un paio di volte per comprendere la scelta più importante degli autori: per una volta i protagonisti non sono il centro del mondo narrativo, le storie intorno a loro sono divagazioni fondamentali, di grande rilievo e tutt’altro che unicamente descrittive. Qui la recensione completa della serie.

The last of Us - Ellie e Joel a cavallo
The Last of Us – HBO, Warner Bros, SKY

The Marvelous Mrs. Maisel si conclude con la quinta stagione e mi lascia un vuoto dentro come se sapessi che non rivedrò più una delle mie migliori amiche: ed è proprio nell’apoteosi dell’amicizia al femminile che la serie finisce, decretandosi come una delle miglior serie comedy degli ultimi anni. Merito di una sceneggiatura impeccabile e dialoghi brillanti, ma anche del cast che ha saputo sostenere momenti drammatici come esilaranti. Eravamo partiti da lontano con Midge, dal suo matrimonio precisamente, finito in un epilogo triste che lascerà strascichi fino all’ultimo episodio, arrivando però al futuro.

Amy Sherman-Palladino, che è una maga nella gestione della rappresentazione del senso agrodolce degli eventi della vita, gioca la stagione su salti temporali continui, così ben scritti che è impossibile perdersi, e concretizza ancora di più le sfide della sua protagonista, scandagliando il senso di fallimento, la delusione, il confronto con figli ormai cresciuti. Il femminile che racconta è quello che ha saputo combattere, non senza qualche caduta lungo il cammino, un femminile umano e non infallibile, per questo importante. Se volete farvi un regalo iniziate dal primo episodio e fate un binge watching da manuale, il vostro cuore ne uscirà arricchito. Qui la recensione della stagione conclusiva.

The Marvelous Mrs. Maisel. Amazon Prime Video
The Marvelous Mrs. Maisel. Amazon Prime Video

Silvia Pezzopane

Pesci. Già come singolo episodio (il sesto della seconda stagione di The Bear) meriterebbe una pioggia di premi, non solo come serie tv ma come film. È incredibile come la serie di Christopher Storer riesca a soffocare chiunque la guardi in un turbinio di ansie, collere del passato e del presente, irrisolti che si ripresentano puntualmente, eppure riuscire ad agganciare il pubblico nel profondo, come un uncino nello stomaco. Ogni secondo conta e in questa seconda stagione non ne è stato sprecato nemmeno uno.

The Bear 2
CR: Chuck Hodes/FX.

Valeria Verbaro

Unico prodotto del Marvel Cinematic Universe ad aver ottenuto una seconda stagione, la serie tv Loki è tornata su Disney+ a distanza di un anno e mezzo dal rilascio dei primi sei episodi. Pensata come una sorta di conclusione del viaggio dell’omonimo personaggio interpretato da Tom Hiddleston, Loki 2 è la coronazione del suo protagonista, un viaggio ricco di emozioni tra passato, presente e futuro. La serie è stata in grado di risollevare le sorti di una Marvel in decadenza, soprattutto visti i risultati degli ultimi anni, sorprendendo con svolte inaspettate e viaggiando su binari rischiosi ma che si sono rivelati un successo. Con uno degli archi narrativi più belli ed emozionanti dell’MCU, Loki ha finalmente trovato i suoi gloriosi propositi.

(L-R): Sophia Di Martino e Tom Hiddleston in Loki 2. Photo by Gareth Gatrell. © 2023 MARVEL
Sophia Di Martino e Tom Hiddleston in Loki 2. Photo by Gareth Gatrell. © 2023 MARVEL

Rebecca Fulgosi

Tutto è bene quel che finisce bene, a meno che non ci si chiami Carmy e non si abbia intenzione di aprire un (nuovo) ristorante. Arrivati alla seconda attesissima stagione, The Bear si riconferma un vero e proprio thriller psicologico a tema cibo della serialità contemporanea, sviluppando attraverso le sue puntate le sfide, i rancori e le idiosincrasie di ognuno dei colleghi dello Chef Berzatto (Jeremy Allen White). Ci eravamo lasciati, infatti, con l’intenzione di dar vita a un nuovo ristorante che fosse la commistione di Carmy e Sydney (Ayo Edebiri), ma traumi e risentimenti sono ingredienti difficili e se uniti ad aspettative, incomprensioni e una grande mestolata di famiglie problematiche, il rischio di dar vita a qualcosa di poco digeribile (ma tremendamente coinvolgente da vedere) è dietro l’angolo. Bon appétit!

Giulia Nino

Ormai si sa che Mike Flanagan è una certezza. Il regista ha all’attivo diversi film e serie, fra cui Midnight Mass e The Haunting, entrambe horror. Il regista, però, è riuscito a riprendere il concetto originale di “horror”, un po’ come Robert Eggers nel suo The Witch. Le sue opere non sono fatte di jumpscare e violenza gratuita, bensì di atmosfere che suscitano orrore e meraviglia. E anche La caduta della casa degli Usher (The Fall of the House of Usher) non è da meno.

La serie è senz’altro il suo lavoro più maturo. La narrazione si srotola in otto episodi liberamente tratti dai racconti di Edgar Allan Poe, che hanno come filo conduttore la decadenza di una potente famiglia ormai allo sbando. Flanagan, anche grazie ad un eccezionale cast, fra cui figura anche uno splendido Mark Hamill, riesce a descrivere con abilità da maestro la corruzione e lo squallore nel quale regnano persone troppo ricche per comprendere il valore dei loro soldi. Come tutti i lavori del regista, l’horror serve a veicolare un messaggio, un significato altro: in questo caso, la caducità e la fragilità della vita, che sfugge dalle mani, soprattutto se non si è in grado di viverla appieno. I soldi fanno la felicità? Secondo Flanagan, decisamente no.

La caduta della casa degli Usher, Netflix

Giulia Losi

Sono Vergine (I’m a Virgo) è l’ultima follia del regista Boots Riley, che dopo il bellissimo Sorry To Bother You si riconferma come il nuovo Michel Gondry. In questa serie troverete momenti di pura creatività come nelle produzioni di Noah Hawley (Legion, Fargo), Atlanta o semplicemente la serie Kidding con Jim Carrey, con supereroi alla Mistery Men e alla M. Night Shyamalan. In I’m a Virgo commedia e critica sociale esplicita ben bilanciate, il tutto in 7 episodi frizzanti e memorabili. Una perla di cui nessuno parla.

I’m A Virgo, Prime Video

Leonardo D’Angeli

Il 2023, forse ancora più del 2021 che lo ha visto debuttare sul palcoscenico mondiale di Netflix (con Strappare lungo i bordi) è stato, anche, l’anno di Zerocalcare. Per la lezione di coscienza critica e morale, di cittadinanza (della Terra tutta) e umanità che il fumettista romano (senza mai pretendersi maestro) ha dato ad un’Italia (ed Europa, ed Occidente) sempre più allo sbando. Con la scelta, sofferta, di disertare Lucca Comics di fronte al massacro del popolo palestinese. E, prima ancora, col secondo atto del suo poema socio-generazionale in streaming, Questo mondo non mi renderà cattivo.

Ed è, sin dal titolo, un proclama di resistenza a un presente buio quello dei sei episodi che mantengono e superano la lezione della precedente serie. Innestando la polifonia nel monologo-dialogo tra protagonista-autore e armadillo-grillo parlante, e rendendo il dramedy esistenziale compiutamente politico. Ma sempre “dal basso”, dalle scelte, dai dubbi, dagli errori e dal coraggio della sua comunità di piccoli antieroi quotidiani presi nelle grandi, tragicomiche contraddizioni del nostro tempo, fatto di mala accoglienza dei migranti e fascismi che rialzano la testa, di una società che mette i penultimi contro gli ultimi e dei mille modi con cui il sistema può integrarti nel suo gioco di ingiustizia, alienazione e indifferenza. E degli altrettanti modi in cui ci si può, ci si deve opporre.

Pedagogo (anche e prima di tutto di sé stesso) che rifiuta di mettersi in cattedra, l’aedo di Rebibbia impasta ancora una volta, e ancora di più, vernacolo e autoanalisi citazionista, militanza radicale e storytelling postmoderno, forma epica e drammatica. Confermandosi uno dei pochi artisti-intellettuali capaci di parlare trasversalmente senza annacquare la forza e la sincerità del suo discorso. Senza diventare troppo simile a questo mondo che ci rende cattivi. Qui la recensione completa della serie.

Questo mondo non mi renderà cattivo. Netflix
Questo mondo non mi renderà cattivo. Netflix

Emanuele Bucci

Leggi anche la selezione dei migliori film del 2023, scelti dalla redazione.

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