Best Picture Oscar 2023 - FRAMED ACADEMY
Best Picture Oscar 2023 - FRAMED ACADEMY

In redazione abbiamo già fatto le nostre previsioni per gli Oscar 2023 ma soprattutto abbiamo le idee chiare su quali siano le nostre vittorie ideali. Chi dovrebbe vincere il Best Picture? Qui sotto i nostri favoriti.

Everything Evetywhere All at Once (EEAO) di Daniel Kwan e Daniel Scheinert

Quella come Best Picture è solo una delle undici candidature ricevute dal film rivelazione dell’anno Everything Evetywhere All at Once. Già vincitore di tantissimi altri importanti riconoscimenti (come due Golden Globe, un BAFTA e un Directors Guild of America Award) irrompe nel recente panorama cinematografico con tutta la sua potenza immaginifica.

Di fatto il punto di partenza del film è un conflitto familiare causato da una complessa incomunicabilità, sulla base di questo si ramifica un multiverso gigantesco di altri mondi in cui madre e figlia continuano a fronteggiarsi fino alla commovente risoluzione. La regia è incredibile, l’amore per il cinema dei due registi (i Daniels) è pari ad una forza propulsiva che trasforma ogni sequenza in un fuoco d’artificio. Everything Evetywhere All at Once merita di vincere perché è qualcosa di diverso da tutto il resto, ha il coraggio di farci ridere (state pensando anche a voi alle dita a forma di würstel?) ma soprattutto di farci piangere. Perché ogni famiglia ha le sue guerre interne da affrontare e la perfezione è solo un’ipotesi noiosa.

Leggi qui la recensione di Everything Everywhere all at Once.

Scelto da Silvia Pezzopane.

Everything Everywhere All at Once. A24
Everything Everywhere All at Once. A24

Triangle of Sadness di Ruben Östlund

Dopo la Palma d’oro a Cannes sembra essersi interrotto il percorso di Triangle of Sadness e non è plausibile che vinca l’Academy Award, non contro EEAO o The Banshees almeno. Eppure è un film così folle, bello e stratificato che una speranza rimane sempre. L’idea che muove le tre parti in cui è nettamente diviso è la spietata ironia e la critica contro le strutture sociali attuali: capitaliste, maschiliste, materialiste e vanesie. È un crescendo che tocca picchi di assurdo, di commedia e di dramma, mescolando tutto insieme, trascinando il pubblico in un viaggio senza apparente logica, a cui però ci si lega da subito.

Triangle of Sadness ha il pregio di rientrare in quella cerchia ristretta di film in grado di suscitare tre o quattro reazioni diverse nello stesso momento, dall’ilarità alla paura, dal disgusto alla sorpresa (come nella celebre scena della cena sullo yatch). È esagerato, sopra le righe ma al tempo stesso controllatissimo nella regia e nei tempi del racconto. Fra i dieci candidati a Best Picture è forse quello che verrà sottovalutato più facilmente, il più lontano dai gusti dell’Academy: troppo (nord)europeo, un film d’autore. Pazienza se si fermerà alla nomination, valeva la pena comunque portarlo fino a qui.

Scelto da Valeria Verbaro.

Triangle of Sadness. Teodora Film.

Gli spiriti dell’isola di Martin McDonagh

Il nuovo film di Martin McDonagh, che riunisce la smagliante coppia Colin Farrell e Brendan Gleeson, è l’oggetto più oscuro, acido, straniante e beffardamente acu(mina)to tra i nove candidati agli Oscar 2023. Quello capace di metterci più (proficuamente) a disagio, con la tragicommedia grottesca di un’amicizia che diventa scontro all’ultimo dito mozzato.

Una parabola che allude senza didascalie superflue (anche) al nostro qui ed ora, impantanati dentro e fuori dalla Storia, attraverso il microcosmo di un’isola irlandese del 1923 circondata dalla cacofonia della guerra, di cui riproduciamo, noiosi e (auto)distruttivi, le dinamiche fratricide, eterni Vladimiro ed Estragone che ormai non aspettano neanche più Godot.

Cinema dell’assurdo gravido di senso, radicale e in grado di parlare a tutti. Per portarci, tra un amaro sogghigno e l’altro, di fronte all’abisso con cui evitiamo di fare i conti.

Leggi qui la recensione di Gli spiriti dell’isola.

Scelto da Emanuele Bucci.

Brendan Gleeson and Colin Farrell in the film THE BANSHEES OF INISHERIN. Photo by Jonathan Hession. Courtesy of Searchlight Pictures. © 2022 20th Century Studios All Rights Reserved.
Brendan Gleeson and Colin Farrell in the film THE BANSHEES OF INISHERIN. Photo by Jonathan Hession. Courtesy of Searchlight Pictures. © 2022 20th Century Studios All Rights Reserved.

The Fabelmans di Steven Spielberg

Sette candidature corrispondono al miracolo firmato ancora una volta da Steven Spielberg con il suo The Fabelmans. Nonostante la tiepida accoglienza da parte del pubblico, è il gioiello della carriera di Spielberg, il diamante della sua cinematografia, una personalissima lettera d’amore al cinema ma anche alla sua vita, una carezza al suo Io interiore.

Spielberg firma quello che è uno dei più bei film della stagione appena trascorsa, dove il confine tra cinema e realtà è labile, e dove finalmente il cinema viene riconosciuto come rifugio e sacrificio, vita e salvezza. Michelle Williams incanta, così come il resto del cast che fa da pilastro all’intero lungometraggio.

Leggi qui la recensione di The Fabelmans.

Scelto da Rebecca Fulgosi.

The Fabelmans, Steven Spielberg.
Festa del Cinema di Roma 2022. The Fabelmans, Steven Spielberg.

Avatar – La via dell’acqua di James Cameron

Chi porta avanti la tecnologia cinematografica ad ogni sua opera, merita che il suo lavoro sia ricompensato. Avatar 2 è film che non riflette sul cinema che è stato, non racconta una storia intricata fatta di complicate sfumature psicologiche. È una favola miliardaria sulla lotta tra natura e progresso. Tema che prima di essere oggetto da parte del genere umano di una seria presa di coscienza, ne sarà l’epigrafe. Trama semplice e potenza visiva. Un binomio vecchio quanto i sogni stessi.

Sono decenni che i blockbuster sollevano e trascinano questa industria, popolano i cinema di folle oceaniche il cui appagamento e denaro ne ungono gli ingranaggi. È giusto per me premiare lo sforzo di realizzazione di questo sogno che renderà migliori i sogni futuri.

Leggi qui la recensione di Avatar – La via dell’acqua.

Scelto da Francesco Gianfelici.

Tuk in 20th Century Studios’ AVATAR: THE WAY OF WATER. Photo courtesy of 20th Century Studios. © 2022 20th Century Studios. All Rights Reserved.

Niente di nuovo sul fronte occidentale di Edward Berger

Quasi due ore e trenta aggrappati a Paul Bäumer, nello sporco delle trincee che ci si attacca addosso, rompendo lo schermo e diventando elemento della realtà, percepibile e fastidioso.

Niente di nuovo sul fronte occidentale è sì l’ennesimo film di guerra, ma di quella élite in grado di rendere la visione una vera e propria esperienza (che ci fa rimpiangere il non averla potuta vivere al cinema): a più riprese porta alla mente le sequenze di Salvate il soldato Ryan che si guardavano con il cuore in gola, in subbuglio e martellante. L’insensatezza delle azioni di guerra e l’inesistente linea morale che divide i soldati delle due parti torna a più riprese scatenando un’empatia non tanto verso i personaggi protagonisti, quanto verso l’umanità tutta, che si ostina a non voler imparare.

Leggi qui la recensione di Niente di nuovo sul fronte occidentale.

Scelto da Alessandra Vignocchi.

Felix Kammerer in Niente di nuovo sul fronte occidentale. Credits: Netflix.
Felix Kammerer in Niente di nuovo sul fronte occidentale. Credits: Netflix.

Qui i migliori ruoli Leading e Supporting agli Oscar 2023 dei FRAMED ACADEMY 2023.

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