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The Boys in the Band, in arrivo il nuovo progetto di Ryan Murphy

THE BOYS IN THE BAND, Scott Everett White/NETFLIX ©2020
THE BOYS IN THE BAND, Scott Everett White/NETFLIX ©2020

Per il 30 settembre è prevista l’uscita di The Boys in the Band, il nuovo, attesissimo, progetto del poliedrico Ryan Murphy, che vedremo su Netflix. Il film, che sarà diretto da Joe Mantello (che con Murphy ha un legame dal film per la televisione The Normal Heart del 2014 fino al ruolo di Dick Samuels per la serie Hollywood di quest’anno) è l’adattamento dell’ opera teatrale dal drammaturgo americano Mart Crowley, che debuttò a New York nel 1968.

Ritenuto uno dei testi teatrali più importanti per la cultura LGBTQ+, diventa un film nel 1970 con la regia di William Friedkin. Mentre la nuova versione non è che la trasposizione della recente edizione dello spettacolo, prodotto e messo in scena nel 2018 proprio dalla collaborazione tra Mantello e Murphy, per celebrare il cinquantesimo anniversario della pièce. Il cast, composto rigorosamente da attori omosessuali, sarà lo stesso per l’opera cinematografica Netflix.

Scott Everett White/NETFLIX ©2020

Buon compleanno Harold

9 amici si riuniscono in un appartamento a New York per celebrare il compleanno di uno di loro, Harold. Nel corso della serata, anche per colpa dell’alcol e di un gioco insidioso, emergeranno dubbi, crisi, e feroci rivelazioni. Gli interpreti (tra cui compaiono volti cari a Murphy) sono: Jim Parsons, Zachary Quinto (Harold), Andrew Rannells, Charlie Carver, Tuc Watkins, Matt Bomer, Brian Hutchison,Michael Benjamin Washington e Robin De Jesús.

Non vediamo l’ora di vederle The Boys in the Band e parlarvene meglio, stay tuned!

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Mulan, la lotta tra Disney+ e la sala

Mulan - credits: Disney

Il live action di Mulan era e rimane uno dei film più attesi del 2020. In questo strano anno in cui tutto si è dovuto adeguare e adattare alle condizioni dettate dal Coronavirus, anche il colosso Disney, però, si è preso del tempo per capire come distribuire il film. La decisione che è stata presa per il mercato statunitense potrebbe cambiare radicalmente le nostre abitudini di fruizione delle piattaforme di streaming.

Mulan, una scelta ponderata per gli USA

Considerando che gli Stati Uniti sono ancora in piena emergenza, Mulan verrà infatti rilasciato su Disney+ con un sovrapprezzo di circa 30 dollari, al di là dell’abbonamento. Questo almeno per i primi sei mesi a partire dal 4 settembre, data in cui il film sarà disponibile. Sembra una decisione insensata, ma sono molti i fattori da considerare. Primo fra tutti è la perdita di incassi di cui la Disney sta già soffrendo. Si parla ormai già di miliardi di dollari, solo perché Mulan non è stato rilasciato a marzo come previsto.

Mulan (2020) - credits: IMDB.com
Mulan (2020) – credits: IMDB.com

In un mercato come quello statunitense, in cui un biglietto per la sala può arrivare a costare oltre 10 dollari, pensare di distribuire un film per famiglie a pagamento non è un’idea del tutto incomprensibile. Disney + diventa in questo caso solo il mezzo di trasmissione e non il servizio in sé. Ragionando in termini più vicini a noi, è ciò che accade già con Prima Fila su Sky: si paga un sovrapprezzo per vedere il film prima che compaia gratuitamente sul catalogo.

Una nuova frontiera della distribuzione, forse

Il vero problema è, se l’esperimento riesce, che le altre piattaforme potrebbero decidere di adeguarsi. Riuscireste in quel caso a immaginare una sezione di “anteprime a pagamento” su Netflix, per esempio? In un certo senso il futuro degli abbonamenti streaming dipende proprio da questo inaspettato e molto criticato esperimento. E le primissime reazioni arrivano direttamente dai social network, soprattutto Twitter e Instagram, da cui gli utenti hanno iniziato a commentare negativamente la scelta di distribuzione.

Mulan (2020) - credits: IMDB.com
Mulan (2020) – credits: IMDB.com

Attenzione, si tratta per lo più di millennials, di ragazzi e ragazze cresciuti con la versione animata e curiosi di confrontarla con il live action. La questione irrisolta, come in tutti i live action della Disney degli ultimi anni, è proprio questa: essi non si rivolgono più semplicemente alle famiglie e ai bambini di oggi. Il loro pubblico è in gran parte costituito dalle generazioni che sono cresciute con le versioni originali e rimangono affezionate al prodotto.

Cosa accadrà in Italia?

È inevitabile che una singola persona, o al più una coppia di giovani adulti senza figli, si opponga a un prezzo pensato per dei nuclei familiari. Quella che inoltre sembrava una decisione esclusiva per il mercato statunitense inizia a far capolino anche in Europa. È di poche ore fa infatti l’annuncio che Disney+ renderà disponibile Mulan con un’anteprima a pagamento. L’accesso VIP in Italia costerà 21,99 euro e permetterà semplicemente di ottenere il film in anticipo rispetto alla data di rilascio. Secondo il sito ufficiale, infatti, Mulan verrà comunque reso disponibile sul normale catalogo il 4 settembre. Non è più chiara, invece la dinamica della distribuzione in sala, poiché da questo annuncio si deduce che non avverrà. I nostri cinema riaprono a pieno regime in questa settimana. Onward, sempre della Disney (e Pixar) è infatti uscito regolarmente, mentre sono ormai irrisorie le possibilità di vedere Mulan su grande schermo. Una mossa comprensibile ma comunque controversa in questo momento in Italia.

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Emmy 2020: l’uguaglianza è una moda di passaggio

Copyright 2019, FX Networks. All Rights Reserved
Billy Porter. Copyright 2019, FX Networks. All Rights Reserved

Emmy 2020: a fine luglio sono state annunciate le nomination dell’edizione di quest’anno che, a causa della pandemia, slitterà al 20 settembre. Vorrei parlarvi di sorprese ma in realtà tutto rientra nella norma, solo mode di passaggio e nomination mancate.

Emmy 2019 all’insegna dei diritti LGBT+

L’anno scorso la premiazione degli Emmy è stata sorprendente, un’edizione senza conduttori in cui le tematiche hanno segnato una svolta non indifferente. Sono successe cose memorabili, dando l’idea che finalmente i celebri premi per la televisione si concentrassero anche sugli effetti sociali che essa esercita.

Billy Porter ha vinto come come miglior attore protagonista in una serie drammatica, Pose (ideata, tra gli altri, da Ryan Murphy), essendo il primo omosessuale nero a ricevere un premio. Patricia Arquette ha vinto un Emmy come Miglior Attrice Non Protagonista per la sua interpretazione nella miniserie The Act, pronunciandosi in un drammatico e toccante discorso sulla necessità di annientare i pregiudizi nei confronti delle persone transgender. Nominando sua sorella trans Alexis, morta a soli 47 anni.

Sulla scia dell’uguaglianza elettrizzante messa in atto dalla kermesse la competizione di drag queens RuPaul’s Drag Race vince come miglior reality, e il conduttore RuPaul riceve il premio di Miglior Conduttore di Reality. Altre serie LGBT+ attirano l’attenzione e si aggiudicano ulteriori riconoscimenti: Jodie Comer, come Miglior Attrice Protagonista in una serie drammatica per il suo ruolo in Killing Eve, Ben Whishaw come Miglior attore non protagonista in una miniserie o film TV per il suo ruolo in A Very English Scandal.

L’attore Billy Porter dopo aver ricevuto il premio nel 2019. (Photo by Kevin Winter/Getty Images)

È tutto bellissimo, mi sono detta, in un particolare momento di commozione che si verifica quando tutti i pianeti si allineano e ho l’impressione di vivere in un mondo dove il concetto di diversità è superato e il futuro appare radioso. Ma, come la moda del caschetto asimmetrico rimane un ricordo, anche quella che agli Emmy non ci siano discriminazioni è andata in fumo senza lasciar traccia, se non qualche foto per dimostrare che non fosse un sogno.

Senza lasciar traccia

Billy Porter è stato premiato nel 2019 per il ruolo di Pray Tell interpretato nella serie tv drammatica Pose. Si sa che dalla mente di Ryan Murphy nascono creature senza eguali, tra le altre: American Horror Story, American Crime Story, The Politician e il più recente Hollywood. Eppure con Pose ha dato il via ad un ripensamento critico, oltre che artistico, di un momento storico, tra gli anni ’80 e ’90, di essenziale importanza per la comunità LGBT+, soprattutto per i transessuali raccontati e interpretati in due stagioni una meglio dell’altra (disponibili su Netflix).

MJ Rodriguez e Billy Porter in Pose. Copyright 2019, FX Networks. All Rights Reserved

Già, le vicende dei ball e della diffusione dell’AIDS che ha piegato la comunità rappresentate in Pose sono frutto dell’interpretazione, in primis, di attrici transessuali (in un mondo ideale, quello di qualche paragrafo fa, basterebbe “attrici” per definirle).

Le grandi dimenticate

MJ Rodriguez, Dominique Jackson, Indya Moore, Angelica Ross e tante altre, sono loro i volti femminili della serie in questione, sono loro i volti dimenticati totalmente dagli Emmy. Proprio Angelica Ross, in una diretta Instagram, si è lasciata andare in un pianto che lascia inermi.

https://twitter.com/ryanmurphyworld/status/1288164741941211137?ref_src=twsrc%5Etfw%7Ctwcamp%5Etweetembed%7Ctwterm%5E1288164741941211137%7Ctwgr%5E&ref_url=https%3A%2F%2Fwww.gay.it%2Fpose-angelica-ross-lacrime-nomination-emmy-attrici-transgender-video
L’attrice Angelica Ross si dispera in una diretta con i fans per la mancata nomination agli Emmy 2020.

Quasi scontenta vedo che l’unica nomination è andata a Billy Porter, anche quest’anno, senza nulla togliere all’attore che si è subito schierato a fianco delle sue “sorelle”, protagoniste trascurate dalle candidature. Forse è la scelta più cauta per rimanere sull’onda dell’accettazione, forse è una scelta deliberata per non valutare abbastanza eccezionale l’interpretazione della sfilza di attrici appena nominate.

Io ho visto Pose, l’ho amato per la sua ironia e per avermi donato dei personaggi così caldi, reali, quindi in fondo al cuore so di non arrabbiarmi per una sterile polemica. Per questo ve lo consiglio, per condividere con voi quel mondo ideale senza drammi e disuguaglianze dove se agli Emmy compaiono più di due attrici transessuali nominate non è un evento da annotare, ma semplicemente la normalità.

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Antigone del Living Theatre. Il teatro mediato da You Tube

Antigone - Living Theatre Credits: Carla Cerati

Tempi duri per il teatro, un po’ come per tutte le arti. Per il teatro forse un pelino in più, visto il venire a mancare della condizione intrinseca sine qua non si dà teatro. Quel microscopico e invadente Covid 19 ci ha privati dell’arcaico hic et nunc senza il quale il teatro non può vivere. Certo, alcuni festival estivi si stanno riadattando per permettere a quei pochi spettatori di assistere (in sicurezza) a rappresentazioni teatrali all’aperto, ma per i più, fortunatamente (a volte) la tecnologia accorre in nostro aiuto. Spulciando nel mare magnum dell’offerta video della piattaforma di You Tube incappo in un gioiellino vero e proprio, caso fortuito e quasi insperato.

Uno dei capisaldi del teatro d’avanguardia

La messa in scena di Antigone di Sofocle nella rilettura di Bertolt Brecht firmata dal Living Theatre nel lontano 1967 costituisce una pietra miliare nella storia della rielaborazione del classico in molti sensi. La compagnia americana decide di portare la sua poetica, più unica che rara, dentro il classico greco nella versione in chiave moderna di Brecht e di farne una grande opera collettiva giocata su un livello non rappresentativo, bensì simbolico. Riprendendo la semiotica del teatro, siamo davanti a una realizzazione di tipo “ludica”, dove non vi sono elementi realistici o oggetti che riconducano ad una riproduzione “mimetica” della realtà ma in cui è il gioco stesso degli attori a mostrare ciò che non appare in scena tramite due elementi di essenziale importanza: da un lato la parola, dall’altro il gesto.

Il coraggioso adattamento linguistico

Partendo proprio dalla parola, Antigone si rivolge a Ismene nella prima scena, pronunciando le prime parole dello spettacolo dopo ben dieci minuti di silenzio assoluto mentre gli attori prendono posto sul palco guardando dritto negli occhi gli spettatori. «My twin», ecco come appella Antigone la sorella Ismene, ovvero “gemella mia”. C’è una perfetta aderenza al discorso delle identità confuse delle due giovani, che vanno oltre la semplice parentela essendo loro sorelle, forse gemelle, ma sorelle a loro volta anche dello stesso padre e nipoti della madre: frutto di un terribile incesto. La traduzione inglese scelta in questo caso non si fa carico di tutta la “brutalità” linguistica presente in Sofocle.

Interessante poi che il testo dello spettacolo sia pronunciato dagli attori miscelando inglese e italiano. Il processo di traduzione da una lingua all’altra risulta parziale per l’orizzonte semantico in cui si inserisce ogni singola parola, e la scelta di adottare una sorta di bilinguismo credo corrisponda alla volontà di rendere giustizia all’integrità del testo originale, arricchendo di senso per così dire “doppio” le parole enunciate.

Antigone del Living Theatre
Credits: Carla Cerati

Scenografie di corpi

La dimensione “ludica” della realizzazione risulta chiara e lampante fin dall’inizio dello spettacolo. Sul palco non vi è nessun elemento scenografico, nessun oggetto di scena o altro se non la presenza, viva e imponente, del nutrito gruppo di performer che formano il Coro, costituendo nel vero senso della parola l’impianto scenico dello spettacolo. L’Antigone del Living è composto quasi esclusivamente da scene corali costruite con una precisione millimetrica, in una serie di disegni plastici che rendono i corpi la “cornice” di quello che recitano i protagonisti. Il movimento dinamico degli attori riempie l’intero spazio creando, a seconda delle scene, momenti di grande solennità in forte rottura con la quarta parete tramite la discesa in platea fra gli spettatori e la dimensione rituale sempre presente attraverso l’esecuzione di canti all’unisono o ritmati come fossero dei mantra.

Dettagli
Credits: Carla Cerati

Fisicità simbolica e plasticità dell’insieme

Di primaria importanza per la contrapposizione simbolica tra Creonte e Antigone è lo “schieramento” in due fazioni poste una fronte all’altra in cui metà Coro va a formare una specie di piramide umana sulla quale troneggia il sovrano e la restante metà invece va dietro ad Antigone in posizione di sfida, sibilando minacciosa. È una scena di forte impatto, poichè rende visibile la contrapposizione dei pensieri dei due personaggi, politicamente impossibilitati a comunicare. Il corpo di Polinice, adagiato a metà tra le due fazioni come linea di demarcazione fisica ma soprattutto intrinseca di tutto il testo, rappresenta con poeticità l’antitesi della dialettica hegeliana. Man mano che la tragedia si compie il Coro svolge sempre più una funzione principale nel danzare e cantare con un ritmo via via più veloce, conferendo profonda sacralità agli eventi in scena in un vortice di morte e dolore che spazza via tutto.

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Il Batman di Robert Pattinson

Robert Pattinson - The Batman - CREDITS: DC/Warner Bros.

A pochi giorni dalla presentazione del nuovo logo di The Batman, arriva anche il primo attesissimo trailer del film di Matt Reeves. Nei panni di Bruce Wayne, come ormai sappiamo da tempo c’è l’Englishman del momento, Robert Pattinson. Dopo The Lighthouse, The Devil All The Time e Tenet lo vedremo anche in questa veste più dark.

Il lancio del trailer arriva a conclusione della DCFanDome, l’evento virtuale attraverso cui sono state presentate tutte le maggiori novità in arrivo in casa DC. Tra queste abbiamo visto anche l’ultimo trailer di Wonder Woman 1984 e alcune anticipazioni su The Flash e il nuovo Suicide Squad.

A questo proposito, è stato dichiarato che il Batman di Robert Pattinson non sostituirà affatto quello dell’ultimo Ben Affleck, già presentato nel cast di The Flash. Sarà quindi un racconto parallelo, che aspira a un riconoscimento autoriale fuori dal cinecomic, come il Joker di Todd Phillips.

The Batman, logo ufficiale – CREDITS: DC/Warner Bros

C’è una strana fascinazione per questo eroe senza superpoteri, un alone di mistero e ambiguità che attrae tanto il pubblico quanto i registi. Il primo adattamento cinematografico risale al 1943 con Lambert Hillyer alla regia. Attraversando i decenni si arriva ai più celebri film di Tim Burton, Joel Schumacher o Christopher Nolan. Indipendentemente dalle preferenze (o dalle personali antipatie) per ciascuna rivisitazione, bisogna ammettere che ogni nuova versione di Batman ha lasciato un segno. Anche se ogni volta ci si chiede se sia necessario o meno un altro film su Batman, ogni generazione aspetta il suo. Christian Bale è stato l’ultimo realmente memorabile, ma Robert Pattinson promette bene, almeno dalle prime immagini rilasciate.

Trailer di The Batman – CREDITS – Warner Bros.

Il Batman di Robert Pattinson sembra esattamente ciò che volevamo vedere: tenebroso, inaccessibile, enigmatico. Al contempo le immagini promettono di stupirci, di mostrarci un lato ancora più profondo e complesso del personaggio. Aiutano molto in questo senso il volto e la fisicità dell’attore, certo, ma soprattutto l’impostazione generale della regia.

Il film attualmente è ancora in produzione (con molte scene da girare, causa Covid) e uscirà nelle sale nel 2021. Possiamo sicuramente aspettarci altri trailer nel frattempo, magari più esaustivi anche nei confronti di altri personaggi come Catwoman che, ricordiamo, è interpretata da Zoë Kravitz, o il Pinguino di Colin Farrell.

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Non mi uccidere – simil Twilight di nuova generazione

Non mi uccidere, prime immagini del film
Non mi uccidere, prime immagini del film

Sono uscite le prime immagini del film tratto dal romanzo di Chiara Palazzolo (autrice scomparsa nel 2012), Non mi uccidere (2005), e un brivido mi è passato lungo la schiena. Carnagioni pallide e volti scavati, con tanto di ambientazione boschiva ma tutta made in Italy. A 8 anni dalla conclusione della saga di Twilight (tratta dai romanzi di Stephenie Meyer) mi sembra di ritrovare le stesse atmosfere e, soprattutto, gli stessi noiosi errori.

La trilogia di Mirta

Il libro di Chiara Palazzolo precede di un solo anno il primo romanzo della love story tra Edward e Bella, e fa parte di una trilogia anch’esso, a cui seguono Strappami il cuore (2006) e Ti porterò nel sangue (2007).

Ricordo di aver letto Non mi uccidere appena uscito, ero attratta dall’idea di un horror romantico italiano. La protagonista, la diciannovenne umbra Mirta, dava voce ai miei pensieri e nelle sue parole rivedevo paesaggi che conoscevo bene, tanto che non riesco a fare a meno di associare ai luoghi misteriosi da lei descritti i paesaggi che scorgevo dai finestrini di un treno regionale, durante la lettura vorace delle pagine del libro. La trilogia di Chiara Palazzolo mi ha sempre colpito, soprattutto per la linearità del suo linguaggio e per la delicatezza nel raccontare una disperata storia d’amore consumata tra paura, sopramorti cannibali e oscure previsioni.

Date “vampiri” e scenari macabri ad una giovane ragazza dark e terrà quella storia nel cuore per sempre.

La saga di Bella ed Edward

Parallelamente alla saga italiana inizia ad insinuarsi quella statunitense di Twilight: non posso affermare di aver letto tutti i libri, mi sono fermata al terzo, ma i film non me li sono fatti sfuggire. Oggi nessuno direbbe che due attori promettenti come Robert Pattinson e Kristen Stewart sono usciti da quella storia sdolcinata e strampalata tra lupi, clan di vampiri italiani, gravidanze indesiderate e imprinting da denuncia. 4 romanzi per 5 film.

Ciò che avevo apprezzato nei libri di Chiara Palazzolo è proprio ciò che manca in quelli di Stephenie Meyer. Mentre la prima riesce a trattare i suoi personaggi con equilibrio e sensatezza, la seconda li ridicolizza, compiendo un ironico collage di elementi magico-vampireschi senza farsi mancare nulla.

Un nuovo film-un vecchio sguardo

Ecco, se dieci anni fa avessi immaginato un film tratto da Non mi uccidere sarebbe stato in bianco e nero, senza troppi discorsi inutili tra i personaggi per spiegare “chi” e “come”, tracce di sangue misteriose di tanto in tanto e nessuna situazione da teen movie.

Non vorrei pronunciarmi prima di vedere il film, ma dalle prime immagini è chiaro che non sarà così: gli autori hanno puntato su un’estetica che Twilight lo ricorda eccome, solo che i volti di Pattinson e Stewart sono stati sostituiti con due star delle serie tv più seguite dai giovani: Alice Pagani di Baby e Rocco Fasano di SKAM Italia. Saranno i due innamorati Mirta e Robin, nel film che uscirà nel 2021 e verrà girato da Andrea De Sica (vincitore del Nastro d’argento al miglior regista esordiente nel 2017 e, per la televisione, regista delle due stagioni di Baby).

A chi è destinato questo film? Alla nuova generazione che va matta per le serie Netflix e ha un vago ricordo del tenebroso Edward Cullen? O ai millennials come me che sul treno leggevano i romanzi dark di Chiara Palazzolo perché ne avevano sentito parlare a scuola?

L’horror in Italia rimane un terreno insidioso, basta poco per rendere tutto favolistico, o peggio, comico. Aspetterò impaziente di vederlo e, intanto, rispolvererò la trilogia originale per non perdermi nulla.

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L’atteso ritorno sulle scene di Dracula Opera Rock

Dracula opera Rock

La notizia che tutti gli amanti del musical italiano stavano aspettando da anni è finalmente arrivata. Dracula Opera Rock, musiche della Premiata Forneria Marconi e testi di Vincenzo Incenzo, torna in scena dopo 14 anni. Era infatti il 2006 e il musical prodotto nientedimeno che dal grande David Zard, dopo sole tre tappe (Roma, Verona e Milano) chiudeva i battenti nonostante il successo di pubblico e critica continuasse a risuonare nel tempo.

Ecco perchè la notizia del suo ritorno sulle scene, trapelata pochi giorni fa, è doppiamente un piacere, considerato anche il periodo d’incertezza e ristrettezze economiche che sta vivendo il teatro da mesi a causa del Covid-19. La regia del musical sarà affidata a Daniele Catini, con la direzione artistica di Mariagrazia di Valentino, management di Gianni Genovese.

Gli interpreti dell’oscura vicenda ambientata in Transilvania sono gli stessi della versione originale, ad eccezione di Marco Guerzoni, l’omonimo Clopin del primo cast di Notre Dame de Paris, qui nei panni del filosofo e metafisico Van Helsing. Attendiamo con ansia di sapere date e location di questo graditissimo e intrigantissimo ritorno.

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Viola Davis, i grandi progetti dopo Annalise Keating

Viola Davis

Viola Davis – Ph. Credit: Walt Disney Television

Come ogni estate sono arrivate puntuali le nomination agli Emmy e anche quest’anno si discutono i grandi esclusi. Fra i tanti, purtroppo, risuona il nome di Viola Davis, che nella stagione televisiva appena conclusa ha definitivamente dato l’addio alla sua Annalise Keating.

Con la chiusura della serie cala il sipario su un grande capitolo della carriera dell’attrice, aprendo molte altre possibilità. Nel pieno della sua notorietà, Viola Davis può infatti osare di più e lanciarsi in progetti meno mainstream, che rispecchino maggiormente anche le sue idee.

Non è più un segreto, per esempio, ciò che la Davis pensa di uno dei film più celebri a cui ha preso parte. The Help non è altro che un romanzo di formazione “bianco”, in cui la storia delle domestiche nere diventa collaterale e contingente. C’è molta amarezza nelle parole rilasciate a Vanity Fair, quando afferma che il film non sa raccontare l’umanità del popolo afroamericano. È interessato solo a “impostare una lezione per il pubblico bianco”.

Viola Davis proiettata nel 2021

Nel corso del prossimo anno, se i ritardi dovuti al Covid lo permetteranno, vedremo Viola Davis in due progetti che sembrano molto interessanti. Il primo è una collaborazione con la regista Gina Prince-Bythewood, il secondo è un nuovo adattamento da Auguste Wilson con Chadwick Boseman.

Se si esclude 5 giorni fuori, co-diretto da Anna Boden nel 2010, Viola Davis non ha mai lavorato con una regista nella sua lunga carriera. Il fatto che Gina Prince-Bythewood sia anche afroamericana, oltre che donna, combinazione ancora più rara alla regia, promette già una collaborazione storica. The Woman King, questo il titolo, è la storia di donne guerriere dell’antico Regno di Dahomey (oggi Benin). Una storia di lotta, femminile e anticoloniale, che trova espressione nelle idee e delle due stesse artiste. Viola Davis, insieme al marito, comparirà anche come produttrice, investendo su questo film tutto quello che lei chiama il suo “lascito culturale”.

Viola Davis - Ph Credit: Juha van 't Zelfde su licenza CC BY-NC-SA 2.0
Viola Davis – Ph Credit: Juha van’t Zelfde su licenza CC BY-NC-SA 2.0

Sempre in tema di black women esemplari, la vedremo presto nei panni più moderni di Michelle Obama, per First Ladies, la serie di ShowTime sulle più influenti mogli dei Presidenti USA. Il secondo progetto a cui si accennava è poi un’altra opera di August Wilson. Dopo il Tony Award per King Hedley II e l’Oscar per Fences, questa volta si tratta di Ma Rainey’s Black Bottom e lo potremo vedere presto su Netflix. Viola interpreterà naturalmente la leggendaria cantante blues Ma Rainey, accanto al Black Panther, Chadwick Boseman.

Ruoli difficili, interessanti ma soprattutto significativi nel quadro sociale che si sta delineando negli Stati Uniti. Sicuramente ne riparleremo a tempo debito, ma era doveroso prendere nota già da ora di quello che la meravigliosa Viola Davis ha già in serbo per noi. Aspettiamo già il suo ritorno sul grande e piccolo schermo.

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Björk nel prossimo film di Robert Eggers

Eggers-Bjork
Eggers-Bjork

A pensarci bene Björk e Robert Eggers sembrano fatti l’uno per l’altra. Mi spiego meglio, è facile associare la personalità enigmatica della celebre cantante islandese alle atmosfere silenziose e perturbanti del regista. Forse proprio per merito delle loro affinità artistiche, anche dopo la traumatica esperienza cinematografica dell’artista in Dancer in the Dark di Lars von Trier (dove a prescindere vinse il Prix d’interprétation féminine a Cannes 2000) l’artista ha accettato un ruolo nel nuovo film di Eggers The Northman.

Il regista Robert Eggers dietro alla macchina da presa. CREDITS: web.

Il folletto e il narratore

Robert Eggers ha solo 37 anni, eppure firma due regie che non passano inosservate: prima The Witch nel 2015 e The Lighthouse nel 2019. Sono film diversi, ma intrisi delle stesse vibrazioni proprie di narrazioni ancestrali ed enigmatiche, prive di esiti risolutivi bensì traboccanti di misteri proibiti e forze sotterranee sconosciute agli esseri umani.

Björk, con una carriera esplosa negli anni ’90 e 10 album realizzati, è l’eclettica protagonista di un progetto musicale che arriva fino ad oggi. Scenografica e ipnotica, unica per le sue sperimentazioni che spaziano dalla musica elettronica al jazz, passando per il rock alternativo e le sinfonie classiche. Bastano le loro biografie artistiche per capire quanto i due siano legati dallo stesso fascino magico. Probabilmente molti fan della sua musica si sono innamorati dei film di Eggers senza pensarci due volte (come me).

Non a caso The Northman si concentrerà su un’epopea vichinga ambientata nell’Islanda del X secolo e ospiterà nel cast Nicole Kidman, Bill Skarsgård, Willem Dafoe e Anya Taylor-Joy.

In attesa di saperne di più (e sognando una super colonna sonora composta dalla stessa cantante) ascolto Medúlla, e immagino scenari desaturati tra horror e poesia.

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